Pontificia Università Lateranense, presentazione del libro “Giovanni XXIII e Paolo VI. I due Papi del Concilio”, a cura del prof. Ph. Chénaux, apre la cerimonia il Rettore Magnifico. Mons Enrico Dal Covolo: “Il libro riprende gran parte delle relazioni del Convegno internazionale celebrato in Laterano nell’ottobre 2002, e affronta la questione, tanto discussa dalla storiografia, della continuità tra i due pontefici del Concilio Vaticano II”.
Riprendiamo di seguito il saluto del Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense, monsignor Enrico dal Covolo, nella presentazione del libro “Giovanni XXIII e Paolo VI. I due Papi del Concilio”, a cura del prof. Ph. Chénaux, avvenuta, giovedì 28 novembre 2013, nell’ateneo romano.
Eminenza,
Eccellenze,
Autorità religiose, civili e accademiche,
Illustri relatori,
ben volentieri vi do il benvenuto nella cosiddetta “Università del Papa” – una Università che, proprio per questo, ha rivestito un ruolo importante nei lavori del Concilio Vaticano II –. Per di più, ci troviamo nell’Aula dedicata a Paolo VI, e il suo ritratto ci guarda, dal fondo della sala…
Come fa notare nell’Introduzione il prof. Philippe Chénaux, Direttore del Centro Studi e Ricerche sul Concilio Vaticano II di questa Università, il volume che presentiamo viene pubblicato nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario della morte di Giovanni XXIII (3 giugno 1963) e dell’elezione di Paolo VI (21 giugno 1963).
Il libro riprende gran parte delle relazioni del Convegno internazionale celebrato in Laterano nell’ottobre 2002, e – arricchito di nuovi e importanti contributi – affronta la questione, tanto discussa dalla storiografia, della continuità tra i due pontefici del Concilio Vaticano II. Ovviamente non entro nel merito della questione. Non voglio portare via del tempo prezioso agli illustri Relatori.
Consentitemi solo un paio di ricordi della mia infanzia. Giovanni XXIII l’ho incontrato quando ero un ragazzino, sia quando era patriarca di Venezia sia quando divenne papa. A ripensarci, quello che mi ha incantato di lui, a prima vista, è stata una briosa e simpatica semplicità. Come quando, trovandosi a Padova insieme con il cardinale armeno Gregorio P. Agagianian (che, a quanto pare, nel conclave del 1958 avrebbe rappresentato la reale alternativa all’elezione di Giovanni XXIII), il cardinale Roncalli esordì in questo modo, del tutto fuori dal protocollo: “Ecco, siamo insieme: lui, patriarca dell’Oriente; e io, patriarca dell’Occidente…”. Eletto papa, Roncalli successe a Pio XII, che incarnava, soprattutto nell’immaginario di noi bambini, una ieraticità senza pari: lui, invece, incarnava piuttosto la soda e furba semplicità dei contadini bergamaschi.
Di Papa Montini ho un ricordo più nitido. Nel 1957 con la mia famiglia ci eravamo trasferiti dal Veneto a Milano. E qui incontrammo l’Arcivescovo Mons. Montini. Venne nella nostra parrocchia, in visita pastorale. Il suo modo di parlare, di tenere le omelie, era affascinante, anche per noi bambini. Si sentiva che le sue parole venivano dal cuore, che lui era un vero “testimone della fede”.
In effetti negli anni del postconcilio, da Paolo VI in poi, si è sviluppata una vera e propria “teologia della testimonianza”. Quasi tutti conoscono una frase, giustamente famosa, di Papa Montini. Dice più o meno così: “Gli uomini e le donne di oggi ascoltano più volentieri i testimoni che i maestri, o – se ascoltano i maestri – lo fanno perché sono dei testimoni”.
Ma sono pochi a sapere quando questa frase venne pronunciata per la prima volta. Paolo VI la pronunciò sull’onda di una forte emozione. Era venuto a trovarlo il rappresentante del Laos, un Paese esposto in quegli anni a molte attenzioni interessate delle superpotenze. Il rappresentante era un monaco buddista. Il bonzo si presentò con la testa tutta rasata, avvolto nel saio tradizionale. Narrò al papa la situazione del suo paese. “Santità”, gli disse, “vengono da noi gli americani, e ci propongono le tecnologie più avanzate; vengono i russi, e ci propongono le armi; vengono i tedeschi, e ci propongono i soldi… Ma se voi, Santità”, e qui il monaco scosse la sua bella testa pensosa, “se voi ci mandaste un Francesco d’Assisi, noi ci convertiremmo tutti!”.
Paolo VI rimase profondamente scosso da questa testimonianza – così mi ha raccontato il segretario particolare, mons. Pasquale Macchi – e uscendo dall’udienza mormorò per la prima volta quella frase famosa: “Gli uomini e le donne di oggi ascoltano più volentieri i testimoni che i maestri…”. Un Francesco d’Assisi converte tutti. Ecco. Sull’onda dei ricordi vi ho detto qualche cosa di questi due grandi Papi. Ma ora ascolteremo gli interventi dei Relatori, che ci apriranno le pagine del nostro libro…
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