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giovedì 4 settembre 2014

Enrico Dal Covolo: Conferma dal Papa alla guida della Lateranense

Pontificia Università Lateranense, il Papa ha confermato il vescovo Enrico Dal Covolo, Rettore dell’Università un secondo quadriennio. Il vescovo Dal Covolo, ricevuta la notifica, ha dichiarato: “Sono grato al Santo Padre che ha voluto accordarmi, per un ulteriore quadriennio, la fiducia come Rettore dell’Università che, a titolo speciale, è l’Università del Papa. Unitamente a tutti i professori, il personale e gli studenti, ci metteremo in ascolto del generoso magistero di Papa Francesco, cercando di fare nostra l’indicazione data agli studenti delle scuole dei Gesuiti:curare la formazione umana finalizzata alla magnanimità.
nomina papa

Mons. Enrico Dal Covolo, Rettore Lateranense
Il cardinal Agostino Vallini, vicario della città di Roma, ha notificato questa mattina al vescovoEnrico dal Covolo, il documento con il quale il Sommo Pontefice Francesco lo ha eletto e nominato Rettore della Pontificia Università Lateranense per un secondo quadriennio, a norma dell’art. 10 degli Statuti della medesima Università.
Il Rettore ricevuta la notifica ha dichiarato: «Sono grato al Santo Padre che ha voluto accordarmi, per un ulteriore quadriennio, la fiducia come Rettore dell’Università che, a titolo speciale, è l’Università del Papa. Unitamente a tutti i professori, il personale e gli studenti, ci metteremo in ascolto del generoso magistero di Papa Francesco, cercando di fare nostra l’indicazione data agli studenti delle scuole dei Gesuiti: “curare la formazione umana finalizzata alla magnanimità”. In ciascuno di noi, secondo specifiche e proprie responsabilità, risuonano con decisione le parole di Papa Francesco: “Educare non è un mestiere, ma un atteggiamento, un modo di essere; per educare bisogna uscire da se stessi e stare in mezzo ai giovani, accompagnarli nelle tappe della loro crescita mettendosi al loro fianco. Donate loro speranza, ottimismo per il loro cammino nel mondo. Insegnate a vedere la bellezza e la bontà della creazione e dell’uomo, che conserva sempre l’impronta del Creatore. Ma soprattutto siate testimoni con la vostra vita di quello che comunicate”».
Enrico dal Covolo è nato il 5 ottobre 1950 a Feltre nel bellunese. Ha professato i primi voti nella congregazione dei Salesiani di Don Bosco il 2 settembre 1973. Nel 1974 si è laureato in Lettere Classiche presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È stato ordinato sacerdote il 22 dicembre 1979 a Milano. Ha conseguito il dottorato in Teologia e Scienze Patristiche presso l’Istituto Patristico “Augustinianum” di Roma ed insegnato alla Facoltà di Lettere Cristiane e Classiche dell’Università Pontificia Salesiana di cui è stato Preside-Decano e in seguito vicerettore della medesima Università. Nel 2003 don Pascual Chávez, l’allora Rettor Maggiore dei Salesiani, lo ha nominato Postulatore generale per le cause dei Santi della Famiglia Salesiana. Dal 21 al 27 febbraio 2010 ha predicato gli esercizi spirituali quaresimali a Benedetto XVI e alla curia romana. Il 30 giugno dello stesso anno il Papa emerito lo ha nominato Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense elevandolo, il 15 settembre, alla dignità episcopale ed assegnandogli la sede titolare vescovile di Eraclea. I suoi primi quatto anni di Rettorato sono stati caratterizzati da quattro istanze programmatiche: l’emergenza educativa, la formazione dei formatori, la comunicazione e la pastorale universitaria. L’anno accademico in corso, il primo del secondo quadriennio da Rettore, avrà come focus tematico, la riflessione sulla didattica universitaria.

martedì 5 agosto 2014

Dal Covolo sui giovani: buone le diagnosi, mancano le cure

L’appello del Rettore dell’Università Lateranense Mons. Enrico Dal Covolo: assumere seriamente le sfide della condizione giovanile. L’esempio di don Bosco a duecento anni dalla nascita. E su Papa Francesco: non è un marziano, ma incarna una Chiesa viva.
(©REPORTERS) GRUPPO DI SALESIANI(©REPORTERS) GRUPPO DI SALESIANI
Eccellenza, ci racconta il percorso che l’ha portato a diventare Rettore della Pontificia Università Lateranense?
«Ho sempre insegnato, dai miei 19 anni di età fino a oggi. Ho fatto la gavetta, e – senza false modestie – posso dire che mi sono guadagnato le spalline sul campo: scuola elementare e media, Liceo classico, Istituto tecnico industriale per le Arti grafiche… Ho fatto un po’ tutte le esperienze di insegnamento. Poi sono approdato all’Università pontificia salesiana di Roma. Sono diventato Professore ordinario di Letteratura cristiana antica greca, Preside della Facoltà di Lettere, Vicerettore dell’Università. Nel 2010 il Papa Benedetto mi ha nominato Rettore e Vescovo della Pontificia Università Lateranense. Le pubblicazioni scientifiche che accompagnano il mio percorso accademico toccano vari argomenti, ma il focus è sempre lo stesso: le antichità cristiane e i Padri della Chiesa. In particolare, in questi quarant’anni ho approfondito  un segmento storico ben preciso, quello dei rapporti tra gli imperatori Severi (193-235 d.C.) e il cristianesimo. Sono riuscito a dimostrare quello che la manualistica più recente recepisce ormai in toto: cioè che la cosiddetta svolta costantiniana fu anticipata di un secolo dalla benevola tolleranza della dinastia severiana, e che la prima persecuzione per editto non fu quella del 202, falsamente attribuita alla responsabilità di Settimio Severo, bensì quella dell’imperatore Decio, nel 250».
Mons Enrico Dal Covolo Rettore Lateranense
Mons. Enrico Dal Covolo, Rettore Lateranense
Che cosa significa essere un educatore salesiano?
«Partiamo da un esempio concreto. Lei sa quello che accade ogni giorno sui social network, che pure io frequento? Una moltitudine di giovani affamati di riconoscimento, di un “mi piace”; molte volte disposti a tutto pur di essere “visti” e “condivisi”. Qualche giorno fa leggevo su un quotidiano un articolo molto documentato sulle pratiche estreme che alcuni adolescenti mettono in atto al fine di divenire gli eroi del mondo virtuale; il balconing, ovvero la pratica di saltare da un balcone all’altro, è un esempio, e ha già provocato diverse vittime. In questo contesto chi è l’educatore salesiano? Una persona animata da una “simpatia incondizionata” per i giovani, prima e al di là di ogni qualità e prestazione; “Basta che siate giovani perché io vi ami assai” diceva don Bosco, insomma un “mi piace” sempre e comunque. Accanto al “sentimento”, l’educatore salesiano cura la dimensione razionale. Non basta amare; occorre assumere con serietà le sfide della condizione giovanile. L’amore cioè deve tradursi in progetti concreti e di ampio respiro per la promozione integrale dei giovani; qualcuno ha coniato l’espressione il “martiro della creatività”: l’educatore salesiano non riposa finché non ha trovato risposte concrete ai bisogni dei giovani. Egli è un vero imprenditore della questione giovanile».
Quale importanza ha avuto per la Sua vita predicare gli Esercizi spirituali quaresimali a Benedetto XVI?
«Qualche mese prima della mia nomina, nel febbraio del 2010, ho predicato gli esercizi spirituali al Papa e ai suoi collaboratori della curia romana. Era l’anno sacerdotale, e il titolo che avevo dato alle meditazioni era questo: “Lezioni di Dio e della Chiesa sulla vocazione sacerdotale”. Ma poi, quando ho pubblicato il libro, questo è diventato il sottotitolo. Il titolo, invece, me l’ha suggerito Benedetto stesso: “In ascolto dell’altro”. E davvero, quei giorni hanno segnato per me un’esperienza indimenticabile di ascolto… anche se a parlare ero io. I giornali si stupirono perché da parecchio tempo non capitava che un semplice sacerdote (quale ero io allora) predicasse gli esercizi al papa: al “papa teologo”, poi! Molte persone mi hanno chiesto se ero emozionato. No, non lo ero. Perché l’ascolto e l’accoglienza umile e cordiale del Papa mi hanno dato un grande coraggio. Potrei raccontare tante cose, di quei giorni. Qui ne ricordo una sola. Il mattino della domenica in cui poi, alla sera, avrei cominciato gli esercizi, il Papa volle avere il testo completo delle mie diciassette meditazioni. Ho visto che, mentre parlavo, lui teneva le mie pagine appoggiate davanti a sé, sull’inginocchiatoio, e come uno scolaro diligente prendeva nota con la matita, sottolineava, aggiungeva in margine… Era il primo ad arrivare, e l’ultimo ad andare via. Gli altri prelati stavano nella navata della Cappella Redemptoris Mater, lui invece in una cappelletta laterale, alla sinistra del predicatore. Così, in pratica, solo io potevo vederlo. Talvolta, infatti, il Papa potrebbe anche distrarsi, quando il predicatore diventa pesante o noioso, e non è bene che gli altri lo notino… Da parte mia, posso assicurare che lui è stato l’esercitando migliore che io abbia mai avuto: e sì che di esercizi ne ho predicati tanti…».
Perché celebrare il bicentenario della nascita di san Giovanni Bosco? Che cosa dice agli uomini e donne, e soprattutto ai giovani del terzo millennio, il fondatore dei Salesiani?
«Un autorevole sociologo italiano ha intitolato un suo saggio sulla condizione giovanile: “La strage degli innocenti. Note sul genocidio di una generazione”. Io condivido la sua lettura; il mondo che abbiamo preparato per le nuove generazioni strozza il loro diritto alla felicità. E guardi che non parlo solo del lavoro, ma anche delle questioni drammatiche legate al senso dell’esistenza e alla verità sulla condizione umana, perché “non di solo pane vive l’uomo”. Lei sa che in Europa il suicidio è la seconda causa di morte per gli adolescenti ed è la prima per i giovani? L’Istat dice che più del 30% di coloro che in Italia soffrono di depressione sono giovani. Il punto è che mancano le ricette, tutti sappiamo fare la diagnosi, ma se mi guardo attorno dentro e fuori la Chiesa mancano le cosiddette “exit strategies”. Qui entra don Bosco – di cui celebriamo il bicentenario della nascita – che fu un vero e proprio imprenditore di Dio per il bene dei giovani. In lui l’analisi attenta della condizione giovanile e la formulazione di soluzioni concrete rappresentarono una miscela esplosiva e benefica. Penso che se don Bosco fosse tra noi oggi ci direbbe: “È tempo di ricette, di diagnosi ne abbiamo fin troppe”».
Come sta la Pontificia Università Lateranense? Quali sono gli obiettivi presenti e futuri?
«La Lateranense, come tutte le Università Pontificie romane, è in cammino verso l’eccellenza accademica. Gli indicatori di tale eccellenza – a mio avviso – debbono essere diversi: la qualità del corpo docente, l’offerta formativa, l’aiuto a coloro che sono economicamente svantaggiati, l’innovazione didattica, la ricerca, la relazione Docente-Studente, il tutoraggio, le relazioni con le altre università anche straniere e con il mondo del lavoro. La Lateranense si muove energicamente in queste direzioni, e il suo sforzo è ripagato dalla buona tenuta delle iscrizioni, non scontata in questi tempi difficili. Io credo che il segreto della riuscita sia credere nell’importanza dell’innovazione a tutti i livelli, perché dove manca questa abbiamo una sola alternativa: la stagnazione, e l’acqua stagnante nessuno la beve».
Come descrive il pontificato di Francesco? E secondo Lei come si troverebbe don Bosco con Papa Bergoglio?
«Vorrei risponderle con un aneddoto. Qualche mese fa mi trovavo in Perù, ospite di un bravo vescovo che la sera toglieva la croce pettorale, indossava il grembiule e si metteva ai fornelli a cucinare. Voglio dire che Papa Francesco non è un marziano, egli incarna una Chiesa che è viva e molto più reale di quanto si pensi. Quanto al rapporto con don Bosco, tutti sanno dell’influsso che il carisma salesiano ha avuto nella vita di Jorge Mario Bergoglio. Possiamo dire – e penso di non esagerare – che nel petto del Santo Padre batta anche un po’ del cuore di don Bosco».

mercoledì 23 luglio 2014

Mons Dal Covolo, "L'incontro con Dio esige un incontro nuovo con i fratelli"

Rai Radio 1, la riflessione di Mons. Dal Covolo nella puntata di domenica 20 luglio 2014 di “Ascolta si fa sera”. Enrico Dal Covolo: “L’incontro con Dio esige un incontro nuovo con i fratelli: la vita nuova è per la missione. Elia va a cercare un discepolo, a cui affida la preziosa eredità del suo in contro con il Signore. L’esperienza di Dio non può rimanere bloccata fra le mani dell’uomo.”
Enrico Dal Covolo, Rettore lateranense_480
Enrico Dal Covolo, Rettore lateranense

Pubblichiamo la meditazione di monsignor Enrico dal CovoloRettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense, per la puntata di domenica 20 luglio del programma di informazione religiosa “Ascolta si fa sera” di Rai Radio 1.
Oggi ricorre la memoria di sant’Elia, forse il profeta più famoso dell’Antico Testamento.
Fra i tanti episodi della sua vita, ce n’è uno, sul quale conviene fermare la nostra attenzione.
Elia, perseguitato dal re Acab e dalla perfida regina Gezabele, fugge nel deserto. Qui è colto da sconforto e angoscia: si augura addirittura di morire. Ma una presenza misteriosa lo visita: “Elia, alzati, mangia…”. E nella forza del pane donatogli, Elia cammina quaranta giorni e quaranta notti fino all’Oreb, il monte santo di Dio.
Qui avverte la presenza del Signore: “Che cosa fai, Elia?”. “Signore”, risponde il profeta, “sono pieno di zelo per te”.
Ma per incontrare Dio, questo zelo va ancora purificato: “Esci dalla caverna, e fermati sul monte, alla mia presenza”.
E’ il passaggio del Signore: “Non era nel vento… non era nel terremoto… non era nel fuo co… Finalmente, udì la voce di un silenzio sottile” (Martin Buber rende in modo poetico, ma forse meno efficace, questa espressione misteriosa – che noi invece abbiamo tradotto alla lettera –, quando scrive che Elia udì “il mormorio di un silenzio che svanisce”).
Poi il Signore ordina al profeta: “Su, Elia, ritorna sui tuoi passi!”.
E’ proprio questa conclusione dell’episodio che mi ha sempre incuriosito.
A questo punto, infatti, Elia avrebbe dovuto protestare vivacemente con Dio: “Ma come, Signore?…
Sei proprio tu che mi hai ordinato questo cammino faticoso di quaranta giorni e di quaranta notti. E adesso che ti ho trovato, adesso che finalmente sto bene con te, mi ordini, come se niente fosse: ‘Elia, ritorna sui tuoi passi’?…”.
E invece sì: Elia, ritorna sui tuoi passi!
Perché l’incontro con Dio esige un incontro nuovo con i fratelli: la vita nuova è per la missione. Ed Elia va a cercare un discepolo, a cui affida la preziosa eredità del suo in contro con il Signore. L’esperienza di Dio non può rimanere bloccata fra le mani dell’uomo.
Così Eliseo, il discepolo di Elia, raccoglie il mantello del suo maestro, e la storia della salvezza continua…

FONTE: Zenit

martedì 15 luglio 2014

Dal Covolo Rettore, "I media, specchio efficace delle relazioni familiari"

Pontificia Università Lateranense, presso l’Auditorium Giovanni Paolo II, il convegno “Quale famiglia per quale società” che si inserisce tra le iniziative ufficiale di preparazione al l VII Incontro Mondiale delle Famiglie di Milano. Il simposio ha visto la partecipazione di numerosi ed illustri ospiti tra cui il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Ha introdotto i lavori monsignor Enrico Dal Covolo, Rettore della Lateranense.
Mons Dal Covolo_VaticanoMons Dal Covolo, Rettore lateranense
Testo integrale dell’articolo apparso su Zenit il 12 gennaio 2012
Si è svolto ieri nell’Auditorium Giovanni Paolo II della Pontificia Università Lateranense, il convegno “Quale famiglia per quale società” che si inserisce tra le iniziative ufficiale di preparazione al l VII Incontro Mondiale delle Famiglie di Milano del 30 maggio – 3 giugno 2012. Il simposio, organizzato sinergicamente dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su matrimonio e famiglia e dal Pontificio Istituto Pastorale Redemptor Hominis presso lo stesso Ateneo, ha visto la partecipazione di numerosi ed illustri ospiti tra cui il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Ha introdotto i lavori monsignor Enrico Dal Covolo, Rettore dell’Università, che ha salutato i presenti in sala con le parole che riportiamo di seguito.
***
Eminenza Reverendissima,
Eccellenze,
Autorità accademiche e religiose,
Illustri Ospiti,
Chiarissimi Docenti e cari studenti.
Il convegno che inauguriamo – promosso in feconda e felice sinergia dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, e dal Pontificio Istituto Pastorale “Redemptor hominis” della Pontificia Università Lateranense – si colloca tra le iniziative ufficiali, che preparano il VII Incontro Mondiale delle Famiglie.
Come è noto, tale Incontro si terrà a Milano, dal 30 maggio al 3 giugno 2012, sul tema La Famiglia: il lavoro e la festa, e culminerà con la visita del santo Padre Benedetto XVI.
1. Con il simposio di oggi intendiamo riflettere, tra l’altro, su come il sistema dei media orienti sempre più le relazioni familiari, rimodulandone i tempi, gli spazi e i ruoli, e determinando altresì nuove sfide, alla luce dell’emergenza educativa attuale.
La narrazione cinematografica e televisiva, come ogni narrazione (e forse più), riesce a toccare immediatamente le corde dell’affettività, e si offre come “specchio” efficace, dove si possono identificare e riconoscere le dinamiche relazionali, vissute nel ritmo dell’esistenza quotidiana tra lavoro e festa, tra impegno e affetto.
«Il lavoro e la festa – così scrive il santo Padre Benedetto XVI – sono intimamente collegati con la vita delle famiglie: ne condizionano le scelte, influenzano le relazioni tra i coniugi e tra i genitori e i figli, incidono sul rapporto della famiglia con la società e con la Chiesa».
Chiediamoci semplicemente, tanto per fare un esempio concreto: che immagine di donna emerge per lo più dai media, oggi?
Purtroppo, molto spesso è un’immagine femminile incompatibile con gli impegni reali della famiglia: una donna “in carriera”; una donna “aggressiva”; una donna che insegue disperatamente la propria realizzazione personale, a costo di ridurre drasticamente la sua presenza e il suo ruolo (insostituibile) nella famiglia.
Personalmente sono convinto che la conversione della nostra società debba passare attraverso la conversione della donna: è necessario e urgente che la donna abbandoni questa perniciosa immagine di sé, fornita e alimentata da molti media.
2. La famiglia oggi, nella percezione diffusa tra la gente, sembra essere nello stesso tempo tutto e niente.
Di fatto, il modo di pensare e di vivere di molte zone del mondo – le zone cosiddette “progredite” – continua a ferire la natura, e perfino il sacramento che trasmette la grazia di Dio alla famiglia cristiana.
Così non sono pochi i battezzati che considerano la famiglia un aggregato di individui che, spinti da qualcosa che viene chiamato “amore” (con tutte le ambiguità che questa parola comporta, proprio nell’uso dei media), convivono insieme, senza che vi siano dei precisi requisiti relativi alla qualità delle persone e delle loro relazioni famigliari: senza che venga mai esplicitato e reso pubblico su quali basi vada stabilita la convivenza, per quanto tempo e con quali effetti.
È sufficiente – così si dice – l’affetto del momento e l’aiuto reciproco.
3. Approfondire il valore vitale del necessario alternarsi di stasi e movimento, di riposo e slancio, di pace e sogno, di tenerezza e responsabilità all’interno della famiglia: tutto questo comporta una seria e cospicua riflessione sul fatto che ai nostri giorni l’organizzazione del lavoro è pensata e attuata in funzione della concorrenza di mercato e del massimo profitto, mentre la festa è concepita semplicemente come occasione di riposo, quando va bene (“Finalmente si dorme un po’ di più!”, si dice spesso: il che certamente non è peccato…); ma troppe volte la festa diventa invece un pretesto per evadere dalla realtà e consumare qualunque cosa, a ogni costo.
Offrire modelli educativi, come il cinema può fare – modelli capaci di aiutare a superare la cultura dell’individualismo per una visione ampia del “noi” e della comunione solidale –, aiuta a ricuperare il senso vero della festa, e specialmente della domenica, pasqua della settimana: quella domenica che Benedetto XVI ha definito «giorno del Signore e giorno dell’uomo, giorno della famiglia, della comunità e della solidarietà».

4. Mentre mi congratulo vivamente con gli organizzatori di questa benemerita iniziativa, auspico che il simposio sia “fucina di idee”: fucina che possa aiutare efficacemente i coniugi cristiani a incarnare l’ideale della famiglia unita, aperta alla vita, ben inserita nella società e nella Chiesa, attenta alla qualità delle relazioni (e non solo all’economia!) del nucleo familiare.
FONTE: Zenit

lunedì 14 luglio 2014

Enrico Dal Covolo, Forum a Vatican Insider sulla "strategia della comprensione"

Forum a Vatican Insider sulla “strategia della comprensione” proposta da papa Francesco per pacificare la Terra Santa. Il vescovo salesiano Mons. Enrico Dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense: “Papa Francesco ha indicato al mondo la necessità di un salto di qualità culturale e spirituale. La diplomazia non basta quando manca la convinzione culturalmente fondata della necessità della pace. Per fermare le armi in Terra Santa è indispensabile la conversione dei cuori e un salto di qualità nella mentalità, altrimenti nessuna pacificazione sarà duratura”.
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Mons Enrico Dal Covolo, Rettore lateranense
Senza un “cambiamento nel modo di pensare e nella formazione delle nuove generazioni” il conflitto israeliano-palestinese non potrà mai essere risolto dalle strategie diplomatiche o dai negoziati internazionali. “Serve una rivoluzione educativa e culturale per la pace in Medio Oriente”, concordano vescovi e diplomatici che Vatican Insider ha messo a confronto sul conflitto nella Striscia di Gaza.
Il vescovo salesiano Enrico Dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranenserichiama l’incontro in Vaticano tra Shimon Peres e Abu Mazen. “Papa Francesco ha indicato al mondo la necessità di un salto di qualità culturale e spirituale – spiega Dal Covolo – La diplomazia non basta quando manca la convinzione culturalmente fondata della necessità della pace. Per fermare le armi in Terra Santa è indispensabile la conversione dei cuori e un salto di qualità nella mentalità, altrimenti nessuna pacificazione sarà duratura”.
È appena tornato da un pellegrinaggio nei luoghi di Gesù il vescovo di Carpi Francesco Cavina, per molti anni in Vaticano nel servizio diplomatico. “La diplomazia non è più sufficiente per questo il Pontefice ha cercato di portare la questione mediorientale su un livello soprannaturale con la preghiera per la pace – sottolinea Cavina – Da un punto di vista delle possibilità umane si sono esaurite tutte le possibili strade per scongiurare la guerra, quindi il discorso deve mutare prospettiva, occorre cambiare tavolo. Nel viaggio in Terra Santa mi hanno molto impressionato gli incontri che ho avuto con famiglie cristiane, ebree e musulmane. Le accomuna un senso profondo di sfiducia nei confronto di una possibilità di pace. Confidano nell’opportunità di educare le nuove generazioni alla conoscenza reciproca”. Ancora oggi i bambini israeliani e palestini immaginano i loro coetanei come “mostri” armati di fucili o di pietre. “Nel momento in cui si conosceranno e si accorgeranno di essere uguali, la diplomazia e la preghiera avranno un valore aggiunto – sottolinea Cavina – Per edificare la pace non basta partire dall’alto. Occorre creare dal basso un contesto favorevole. I tempi saranno inevitabilmente lunghi ma è il senso del tentativo di papa Francesco: aprire la strada a qualcosa di diverso. Gli aiuti economici inviati in Terra Santa da tutto il mondo dati devono avere come condizione l’educazione alla pace all’interno della scuola in modo che si smetta di vedere nell’altro un nemico”.
Puntare sul futuro è anche l’impostazione di “Fides et labor”, il fondo di solidarietà per l’inserimento dei giovani. Al Sacro Convento di Assisi, epicentro delle mobilitazioni cattoliche “no war”, padre Enzo Fortunato, direttore della Rivista di San Francesco, è in costante contatto con il confratello francescano padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa. “Le armi sono disumane e l’impegno contro la guerra è dono di Dio ai credenti – evidenza Fortunato – Papa Francesco ha aperto la via della preghiera e della comprensione perché la pace è una realtà in divenire. Il Pontefice ci insegna a non arrenderci, a continuare a impegnarci in prima persona, a pregare per purificare i cuori. Malgrado le nubi del conflitto, la pace potrà lievitare negli animi quando l’odio lascerà il posto alla condivisione della quotidianità”.

mercoledì 9 luglio 2014

Mons Dal Covolo, giovani statunitensi alla PUL e in Vicariato

Roma, una delegazione di giovani statunitensi, provenienti dall’arcidiocesi di New York, hanno visitato la Capitale, recandosi prima alla Pontificia Università Lateranense e successivamente al Vicariato di Roma. La delegazione americana, costituita da circa 25 ragazzi e ragazze è stata accolta e guidata da S.E. Mons. Enrico dal Covolo, Rettore Magnifico dell’Ateneo, che ha stimolato i ragazzi a proseguire in questo loro cammino, soprattutto per incrementare la formazione universitaria e post-universitaria dei giovani e creare legami comunitari anche tra i vari Paesi, prendendo come modello le parole di Papa Francesco, sempre attento alle periferie del Mondo.
Dal Covolo_Progetto Outskirt 
Mons Enrico Dal Covolo, Rettore lateranense
Questa mattina una delegazione di giovani statunitensi, provenienti dall’arcidiocesi di New York, hanno visitato la Capitale, recandosi prima alla Pontificia Università Lateranense e successivamente al Vicariato di Roma.
I giovani newyorkesi, guidati da Fr. Agustino Torres e da Fr. Solano, francescani del rinnovamento, fanno parte dell’organizzazione Corazon Puro e, in particolare, hanno intrapreso il progetto “Outskirt”, per aiutare, prendersi cura, assistere e attuare processi di evangelizzazione tra gli immigrati, i poveri e le persone disagiate nelle periferie economiche ed esistenziali di New York. Il progetto, inoltre, è stato portato avanti in collaborazione con l’Osservatorio Internazionale dei Giovani Cattolici, di cui Fr. Agustino è membro e referente nella città statunitense, in linea con il progetto “Outskirt of Souls” che l’Osservatorio sta portando avanti in diversi paesi.
La delegazione americana, costituita da circa 25 ragazzi e ragazze, ha visitato la Pontificia Università Lateranense, accolta e guidata da S.E. Mons. Enrico dal CovoloRettore Magnifico dell’Ateneo, che ha stimolato i ragazzi a proseguire in questo loro cammino, soprattutto per incrementare la formazione universitaria e post-universitaria dei giovani e creare legami comunitari anche tra i vari Paesi, prendendo come modello le parole di Papa Francesco, sempre attento alle periferie del Mondo.
giovani alla pul
Subito dopo i giovani americani si sono spostati nella vicina sede del Vicariato della Diocesi di Roma, ricevuti da S.E. Mons. Lorenzo Leuzzi, Vescovo Ausiliare di Roma e responsabile per la Pastorale Universitaria. Il Vescovo, all’interno della cappella del Vicariato, ha incoraggiato i giovani a sviluppare il loro progetto anche fuori New York, continuando la loro collaborazione con l’IOYC e a proseguire nella loro opera di evangelizzazione delle periferie, per poter contribuire a formare veri e buoni “credenti cristiani”. Infatti, come lo stesso Vescovo ha sottolineato, citando le parole del Santo Padre, troppo spesso, purtroppo, si vedono dei credenti non cristiani, ovvero che si professano tali ma poi non portano gli insegnamenti Evangelici nel proprio lavoro, nella propria vita e nell’operato all’interno della società civile.
Due incontri, quindi, emozionanti e dal grande carattere formativo e spirituale, proprio con quell’energia che ha spinto questi giovani a intraprendere i loro progetti, caratterizzati dalla doppia valenza di evangelizzazione delle periferie e attivismo nella società. Inoltre, tra i due incontri, una breve ma intensa visita nella Basilica di San Giovanni in Laterano guidata dai ragazzi dell’Osservatorio di Roma, tra preghiera ed ammirazione per le bellezze storiche e architettoniche, per immergersi ancora di più in quella spiritualità e in quel forte senso della Fede che muove questi e tanti altri progetti di questi giovani e dell’IOYC.

venerdì 4 luglio 2014

Dal Covolo: “La speranza nell’educazione”, Riflessioni Rettore PUL

Le riflessioni di Mons Enrico Dal CovoloRettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense sul senso dell’educazione salesiana. Dal Covolo parte da alcune osservazioni sui giovani, attraverso le Giornate Mondiali della Gioventù: “Al di là del successo in termini di numeri, ci sono dei dati oggettivi: adolescenti e giovani, provenienti da tutto il mondo, accompagnati dai loro educatori, si radunano per ascoltare dei messaggi impegnativi; per accogliere una visione antropologica ispirata dalla ragione in armonia con la fede del Vangelo: una visione molto impegnativa, che richiede sacrificio e dedizione”.
Mons Enrico Dal Covolo La speranza nell EducazioneMons Enrico Dal Covolo, Rettore PUL
Testo integrale dell’articolo apparso su Ans il 6 novembre 2013
Lo scorso 30 ottobre, mons. Enrico dal Covolo, sdb, Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense, ha introdotto i lavori del II Incontro di Animatori della Pastorale Universitaria. Nell’occasione ha presentato alcuni spunti di riflessione sul senso dell’educazione salesiana, utili a qualsiasi educatore.
Mons. dal Covolo è partito da alcune osservazioni sui giovani, attraverso le Giornate Mondiali della Gioventù. “Al di là del successo in termini di numeri, ci sono dei dati oggettivi: adolescenti e giovani, provenienti da tutto il mondo, accompagnati dai loro educatori, si radunano per ascoltare dei messaggi impegnativi; per accogliere una visione antropologica ispirata dalla ragione in armonia con la fede del Vangelo: una visione molto impegnativa, che richiede sacrificio e dedizione”.
Successivamente, rifacendosi a seri studi scientifici, il presule salesiano ha toccato anche il problema opposto: il senso diffuso di sfiducia, il nichilismo presente tra tanti ragazzi; a questo problema ha però risposto ricordando la sicura speranza che manifestava già Benedetto XVI nella Lettera inviata alla diocesi di Roma sul compito urgente dell’educazione: “Non temete! Tutte queste difficoltà, infatti, non sono insormontabili. Sono piuttosto, per così dire, il rovescio della medaglia di quel dono grande e prezioso che è la nostra libertà, con la responsabilità che giustamente l’accompagna. (…) Anche i più grandi valori del passato non possono semplicemente essere ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati attraverso una, spesso sofferta, scelta personale”.
Quindi mons. dal Covolo ha messo in campo il suo specifico apporto di educatore salesiano, richiamando il Sistema Preventivo di Don Bosco e in particolare il pilastro costituito dalla ragione: “Il termine ragione sottolinea, secondo l’autentica visione dell’umanesimo cristiano, il valore della persona, della coscienza, della natura umana, della cultura, del mondo del lavoro, del vivere sociale, ossia di quel vasto quadro di valori che è come il necessario corredo dell’uomo nella sua vita familiare, civile e politica” ha detto citando il beato Giovanni Paolo II. Compito dell’educatore, dunque, è quello di saper leggere attentamente i segni dei tempi per individuarne i valori emergenti che attraggono i giovani.
Richiamando il celebre motto di Don Bosco “buoni cristiani e onesti cittadini” mons. dal Covoloha poi ricordato agli animatori pastorali come quel detto – che rappresenta anche la meta del processo educativo salesiano – condensi proprio l’idea di formare delle persone integralmente sviluppate, ciò che i Vescovi italiani domandano alle Università. E, ha poi suggerito di seguire la metodologia collaborativa di Don Bosco, che non aveva timore nel ricercare sostenitori e benefattori tra tutti i soggetti della società civile.
E, per finire, mons. dal Covolo ha proposto l’esempio del Servo di Dio Giorgio La Pira, noto professore universitario, come esempio del fatto che la vocazione alla santità di un educatore si vive nell’educare allievi santi.

FONTE: Ans

martedì 1 luglio 2014

Enrico Dal Covolo: Prima lectio “Cercate e troverete” per le parrocchie romane

“Cercate e troverete”, è la prima delle sette lectiones a cura di Mons. Enrico Dal Covolo, Rettore della Pontificia Università Lateranense, a servizio delle parrocchie romane. Dal Covolo: “Dobbiamo fare ciò che ci è richiesto”, cioè “leggere e meditare sulla parola del Signore, pregarlo perché venga in aiuto della nostra debolezza e veda la nostra imperfezione. Allora potrai raccoglierti e vedere quanto è buono il Signore!”.
Mons. Enrico Dal Covolo, Rettore PUL
Mons. Enrico Dal Covolo, Rettore PUL
Monsignor Enrico Dal Covolo.
Lasciandomi guidare dai nostri Padri nella fede, ho riletto la parola di Gesù: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Luca 11,9).
Ho riletto in particolare il commento di Guigo II, priore della Grande Certosa, colui che nell’età di Bernardo ha codificato l’esperienza della lectio divina e l’ha “fissata” nelle sue tappe fondamentali: la lettura, la meditazione, la preghiera e la contemplazione.
Ebbene, nella celebre Scala dei monaci o Trattato sul modo di pregare, Guigo applica proprio all’esercizio della lectio divina la parola di Luca.
“Dobbiamo fare ciò che ci è richiesto”, scrive il santo abate, cioè “leggere e meditare sulla parola del Signore, pregarlo perché venga in aiuto della nostra debolezza e veda la nostra imperfezione. Allora potrai raccoglierti e vedere quanto è buono il Signore!”.
Potremmo parafrasare così questo testo, con l’aiuto di san Giovanni della Croce: “Cercate nella lettura, troverete con la meditazione; bussate nella preghiera, entrerete nella contemplazione”.
Ma che cos’è questa contemplazione, concordemente avvertita da Guigo II e da san Giovanni della Croce come il punto di approdo del chiedere, del cercare e del bussare?
La vera contemplazione, a cui la lectio divina conduce, è il “confronto vitale” con Dio-Amore, un confronto che deve giungere a trasformare in amore tutta la nostra vita.
Allora la vita trasformata ci farà tornare alla Parola, e “ci accorgeremo che c’erano ancora tanti panorami da scoprire, che avevamo appena incominciato a sfiorare con i nostri occhi” (J.H. Newman).
E la lectio ricomincia, in modo sempre più ricco ed efficace. Scrive Carlos Mesters: “Le Parole di Dio sono come chicco di frumento: rivelano il senso che hanno per noi solo se le facciamo scendere nel terreno della nostra vita”. La vita è il “banco di prova” della lectio: se la vita ne esce trasformata, allora la lectio è buona.
Purtroppo succede molte volte che la nostra lectio si arresta alle prime fasi, finendo per rimanere teorica, disincarnata, scarsamente comunicabile. Vale allora ciò che lamentava un antico apoftegma dei Padri del deserto: “I profeti hanno scritto libri, poi vennero i nostri Padri che li misero in pratica. Quelli che vennero dopo li imparavano a memoria; poi venne la generazione presente, che li scrisse e li collocò inutili sugli scaffali”.
E concludo con un altro apoftegma, che invita a riflettere sulla circolarità che deve innestarsi tra la Parola e la vita. “Un monaco di Sceti era copista. Venne da lui un fratello a supplicarlo che gli ricopiasse il libro sacro. L’anziano, che aveva lo spirito occupato nella contemplazione, scrisse omettendo delle frasi e senza punteggiatura. Il fratello si accorse che mancavano delle parole, e tornato dal vecchio gli disse: ‘Padre, mancano delle frasi’. E quello: ‘Va’, pratica prima quello che è scritto, poi vieni che ti scrivo anche il resto!’…”.
Sono uomo “della Parola”? ho quotidianamente tra mano la Scrittura? La medito, come Maria, nel mio cuore? Mi preparo, per saperla annunciare in modo incisivo ed efficace? La mia vita predica la Parola? Sono capace di rinnovare la certezza di fede che quando annuncio la Parola è lo Spirito che parla in me, è lui che mi accompagna e che mi guida?
FONTEZenit

giovedì 26 giugno 2014

Mons. Dal Covolo, al Volto Santo la lectio magistralis su Povertà e Ricchezza

Tempio del Volto Santo di Napoli, lectio magistralis con Mons. Enrico Dal Covolo, Rettore della Pontificia Università Lateranense, sul tema della povertà e ricchezza in San Basilio di Cesarea, Vescovo e Dottore della Chiesa, vissuto nel IV secolo in Grecia. L’evento è organizzato da Lectura Patrum Neapolitana, l’associazione culturale fondata dalle Piccole Ancelle di Cristo RE che fa della divulgazione del pensiero dei Padri della Chiesa la sua missione.
Mons. Enrico Dal CovoloMons. Enrico Dal Covolo, Rettore PUL
Testo integrale dell’articolo apparso su La Voce del Santo il 18 febbraio 2014
Pubblico delle grandi occasioni, nella serata di sabato 15 febbraio al Tempio del Volto Santo, per l’evento clou dell’anno accademico di Lectura Patrum Neapolitana, l’associazione culturale fondata dalle Piccole Ancelle di Cristo RE che fa della divulgazione del pensiero dei Padri della Chiesa la sua missione.
Il meeting, il terzo del ciclo di lezioni dell’anno 2013/2014, ha visto dissertare S. E. Mons. Enrico Dal Covolo, Vescovo di Eraclea e Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense, sul tema della povertà e ricchezza in San Basilio di Cesarea: un Vescovo e Dottore della Chiesa, vissuto nel IV secolo in Grecia, che ha un posto di grande importanza nella storia della Chiesa, in particolare per la sua lotta contro l’arianesimo, ed è uno dei capisaldi della Patristica.
Prendendo spunto dal volume oggetto della consueta lettura e presentazione – una raccolta di testi di questo grande Padre della Chiesa greco, scritta dal prof. Luigi Franco Pizzolato ed edita, nel 2013, dalle Paoline, dal titolo “La cura del povero e l’onore della ricchezza” – Mons. Dal Covolo ha trattato sul rapporto tra povertà e ricchezza. L’aire della lectio è stata la corposa introduzione del volume (ben 130 pagine), ed in particolare dall’articolazione dei paragrafi della stessa – tra gli altri: il comunismo dei beni in Basilio, come nasce la ricchezza, la logica del dono, un programma di persuasione alla carità, et alii; partendo dai quali, l’accademico ha iniziato il suo intervento, tentando subito di ‘collocare’ Basilio nell’ambito del rapporto ricchezza-povertà. “La definizione della posizione di Basilio di fronte alla ricchezza – ha detto il prelato riprendendo il pensiero del curatore del testo, Pizzolato – ha dato luogo a diverse interpretazioni: una più radicale, di un comunismo cristiano; e l’altra, più moderata, di un buon uso delle ricchezze. Due linee esegetiche che, fin dai primi tre secoli cristiani, hanno guidato l’interpretazione dell’episodio sinottico del giovane ricco.
Dal Covolo ha, poi, spiegato come si tratti di due tipi di approccio alla pericope del “giovane ricco” presente nei Vangeli di Marco, Matteo e Luca, chiarendo come gli stessi non siano incompatibili e mostrando come  “da una parte prevale la prospettiva ascetica, carismatica, escatologica: cioè nella tensione verso la città celeste tutto l’interesse è riservato alla sequela povera di Gesù e alla rinuncia radicale ai beni del mondo; e, dall’altra, si impone una prospettiva sociologica-caritativa: che incardina l’esegesi del brano nella questione dell’uso delle ricchezze e nell’imperativo etico della condivisione dei beni”. L’accademico ha, poi, sottolineato l’assenza di un’uniformità nell’atteggiamento di Basilio verso la ricchezza, mettendo in luce come “la linea prevalente sia quella ascetica, che enfatizza i rischi della ricchezza, ed invita il fedele a spogliarsi di essa per farne parte ai poveri e seguire Gesù”. Il Vescovo ha concluso il suo intervento, ricordando le parole di Benedetto XVI sull’argomento: pronunciate in occasione di una sua catechesi su San Basilio, risalente all’agosto del 2007, nella quale il Papa emerito sottolineava come “questo Padre di un tempo lontano parla anche a noi e ci dice cose importanti sulla responsabilità sociale; questo è un tempo nel quale, in un mondo globalizzato, anche i popoli geograficamente distanti sono realmente il nostro prossimo”.
Il simposio è stato moderato dal prof. Antonio Vincenzo Nazzaro che, nell’introduzione, ha rimarcato i motivi che hanno portato alla scelta di questo testo nella XXXIV edizione di Lectura Patrum, tra i quali l’appuntamento di quest’anno, nei giorni dall’8 al 10 maggio all’Agostiniano, della giornata di studio è “Ricchezza e povertà”. L’incontro si è concluso con il consueto dibattito nel corso del quale Dal Covolo, sulla base delle riflessione degli qualificati uditori – in sala tra l’altro, la prof.ssa Teresa Piscitelli, il prof. Parente, il prof. Marco Corcione - ha passato in rassegna il pensiero di altri illustri Padri della Chiesa sull’argomento, dimostrando come il problema del rapporto tra ricchezza e fede cristiana si è presentato molto presto alla chiese delle origini, già con Clemente di Alessandria.
Positivo il bilancio per la Congregazione delle Piccole Ancelle di Cristo Re che, presente alla lezione con la Madre Generale suor Maria Luisa Orgiani, la madre emerita suor Antonietta Tuccillo, oltre ad uno stuolo di religiose, per bocca della segretaria suor Leonia Buono, ne hanno apprezzato l’importanza e l’arricchimento spirituale. “E’ un tema di grande attualità e interesse – ha dichiarato la religiosa - Sorprende come gli interrogativi di persone che hanno vissuto tanti secoli prima di noi siano ancora attuali e, in gran parte, ancora aperti. Molto arricchenti, inoltre, sono stati anche gli spunti di riflessione che sono venuti nel forum dopo la lectio.  Ringraziamo il Vescovo che ci ha donato questa lezione di alta teologia mostrandoci come non esistano ricette precostituite ma il rinvio alla propria coscienza”.

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