"La costante violenza quotidiana subita da persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate (Lgbti) in Europa è una grave e atroce forma di discriminazione" – ha dichiarato Nicolas J. Beger, direttore dell'ufficio europeo di Amnesty International. "Eppure, sia a livello europeo che nazionale, rileviamo un'acuta mancanza di standard idonei per contrastare la violenza omofobica e transfobica. Vi è urgente bisogno di azioni concrete da parte dell'Ue per proteggere in modo adeguato le vittime e punire i responsabili di tali reati".
Per combattere a fondo i crimini omofobici e transfobici e fornire giustizia alle vittime, il motivo discriminatorio dev'essere riconosciuto e contrastato da un'apposita legislazione nazionale.
In diversi stati europei, tuttavia, spicca l'assenza di leggi che includano espressamente l'orientamento sessuale e l'identità di genere tra i motivi per cui vengono perpetrati i crimini d'odio.
Questo è anche il caso dell'Italia, dove la legge antidiscriminazione prevede pene aggravate per crimini di odio basati su etnia, razza, nazionalità, lingua o religione, ma non tratta allo stesso modo quelli motivati da finalità di discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere. Pertanto, questi motivi non sono attualmente tenuti in considerazione nella raccolta delle denunce, nelle indagini o nei procedimenti giudiziari riguardanti i crimini d'odio.
Un disegno di legge che mira a estendere l'applicazione della suddetta aggravante ai reati motivati da omofobia e transfobia è stato approvato, non senza polemiche e punti deboli, alla Camera, ma da oltre un anno ormai risulta bloccato al Senato.
"Troppo spesso, le autorità nazionali degli stati membri fanno poco o nulla per riconoscere fino in fondo, indagare e punire i motivi di odio che causano attacchi e discriminazione nei confronti delle persone Lgbti. L'Ue deve rafforzare rapidamente i suoi standard in materia di crimini d'odio. Questo è fondamentale per assicurare che ogni motivo discriminatorio sia adeguatamente preso in considerazione in tutto il territorio dell'Ue" – ha sottolineato Beger.
Amnesty International chiede alla Commissione europea di proporre nuovi standard per contrastare la violenza discriminatoria per tutti i motivi, compresi l'orientamento sessuale e l'identità di genere, e agli stati membri di sostenere questa iniziativa.
Tra i casi verificatisi negli ultimi anni nell'Ue vi è quello di Mihail Stoyanov, uno studente 25enne di medicina, aggredito brutalmente e poi ucciso il 30 settembre 2008 in un parco di Sofia, la capitale della Bulgaria. A distanza di sei anni, il suo omicidio deve ancora essere riconosciuto come crimine d'odio, nella sua forma più violenta. Sebbene le indagini abbiano chiaramente rivelato il movente omofobico dell'omicidio e che gli aggressori avessero manifestato l'intento di "ripulire il parco dagli omosessuali", la procura si è limitata a parlare di teppismo e il movente omofobico non è stato menzionato nell'atto d'accusa.
"L'Ue e i suoi stati membri hanno il dovere, rispetto a Mihail e a tutte le altre vittime di crimini d'odio, di ammettere il vero motivo di tali crimini. Solo allora, l'Ue potrà progredire verso la giustizia per le vittime e porre fine a questi efferati crimini una volta per sempre" – ha concluso Beger.
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