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lunedì 5 dicembre 2016

Monsignor Gianni Carrù: “In queste immagini la lingua e la vita dei primi cristiani”

Questa pubblicazione di Monsignor Giovanni Carrù, Segretario della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, ha un duplice scopo. Da una parte, vuole testimoniare l’impegno dell’ autore nella cura e nello studio mirati a «salvare» gli oltre 400 dipinti murali, conservati nei complessi catacombali della città. Dall’altra si preoccupa di mostrare, in un’esemplare sequenza storica e cronologica, le manifestazioni figurative della comunità cristiana dell’ Urbe, nel periodo più antico, che si muove dai primi decenni del III secolo ai primi anni del V.
Le catacombe come paradigma della complessità degli ultimi secoli del mondo antico.
In queste immagini la lingua e la vita dei primi cristiani
di Giovanni Carrù
Si tratta di un materiale che documenta, in maniera eloquente e significativa, l’evoluzione della Chiesa romana, intesa nella sua più alta gerarchia, ma anche nei livelli sociali meno elevati, durante i primi tempi dell’ era cristiana. Il popolo di Dio si esprime attraverso gli edifici di culto, i battisteri, le opere dei padri della Chiesa, le formulazioni liturgiche, ma anche e soprattutto per il tramite dei complessi funerari che, a Roma e in altre sedi del suolo italico, trovano forma nelle catacombe, i cimiteri comunitari ipogei, ideati e sfruttati dai cristiani delle origini, con l’ intento di manifestare quello spirito di comunitarietà che caratterizza la fede, il pensiero e la ritualità della Chiesa primitiva.
La decorazione di questi ipogei della morte, ora estremamente provata dalle spoliazioni dei vandali di ogni tempo, rappresenta l’intenzione di chi concepì queste straordinarie «città della morte», che, in realtà devono essere considerate dei cimiteri, ovvero dei «dormitori» in attesa della resurrezione. È per questo che le pitture rappresentano, assai spesso, la condizione paradisiaca che vivono i defunti, immersi in fioriti giardini o atteggiati nel largo e suggestivo gesto della preghiera.
La Pontificia Commissione di Archeologia Sacra ha dedicato molta attenzione alla cura di tali fragili affreschi, specialmente in questi ultimi venti anni, durante i quali Bisconti, prima come segretario e poi come sovrintendente, ha seguito personalmente tutti gli interventi di restauro, che hanno permesso di arrestare il graduale processo di degrado e di leggere, con maggiore chiarezza, le immagini. Assai spesso, i restauri hanno provocato delle vere e proprie scoperte, che hanno rivoluzionato le nostre conoscenze nell’ arte paleocristiana, come è successo, proprio di recente, nelle catacombe di Santa Tecla, dove, come è noto, sono state recuperate, attraverso le più sofisticate metodologie del restauro, le più antiche immagini degli apostoli.
Il volume che questa sera si presenta rende conto di tutti questi interventi, delle scoperte che ne sono conseguite e degli intenti dei responsabili della Commissione.
Il testo entra, però, anche nel merito delle interpretazioni delle singole pitture, correggendo le letture del passato e collocando queste immagini nel quadro storico-artistico della tarda antichità, secondo le più recenti acquisizioni dell’iconografia paleocristiana. Le catacombe romane rappresentano la testimonianza più eloquente della diffusione del cristianesimo, a cominciare dalla fine del II secolo, quando Papa Zefirino affidò al diacono Callisto il compito di curare il cimitero della via Appia, dove furono sepolti i pontefici del III secolo. Tra questi, va ricordato, innanzi tutto, Sisto II, trucidato il 6 agosto del 258, insieme ai suoi diaconi. Di lì a qualche tempo saranno uccisi anche Lorenzo di Roma e Cipriano di Cartagine. La cripta dei Papi a San Callisto è attorniata dai cubicoli dei Sacramenti, dove si trovano le pitture più antiche delle catacombe. Nel volume scorrono queste pitture, che raccontano la storia di Giona, la resurrezione di Lazzaro, il sacrificio di Isacco, il colloquio della samaritana al pozzo, Mosè che fa scaturire l’ acqua dalla rupe. Tutte queste scene, dipinte con estrema semplicità, raccontano la storia della salvezza, così come si dipana tra Antico e Nuovo Testamento, secondo un piano divino ben meditato.
Anche nelle altre catacombe romane appaiono delle vere e proprie primizie: come dimenticare le prime scene della natività, dell’annunciazione e dell’ adorazione dei Magi a Priscilla! Come trascurare la prima rappresentazione della coronazione di spine nelle catacombe di Pretestato! Come non emozionarsi dinnanzi alle prime immagini di Pietro e di Paolo! Le catacombe romane, insomma, conservano gelosamente le più antiche figure dei profeti, dei patriarchi, del Cristo, dei miracolati, dei santi, preparando gli scenari degli edifici di culto più prestigiosi della Roma paleocristiana.
Tutte queste immagini sono attentamente rievocate nei diversi capitoli del volume che entra nelle pieghe più nascoste dei significati, dei contesti e dei monumenti, dimostrando un approccio, non solo storico-artistico, ma anche significativo.
Così analizzate, queste pitture parlano nitidamente la lingua dei primi cristiani, ne evidenziano il pensiero semplice ma incisivo, ne esprimono la conversione, ma anche il vissuto quotidiano, descrivendo, a tutto tondo, la società cristiana della Roma del III e del IV secolo.

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