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giovedì 21 ottobre 2010

Riforma forense: addio alle lenzuolate, si ritorna ai minimi tariffari

Avvocati, si ritorna ai minimi. Con buona pace della liberalizzazioni di Bersani, il Senato ha approvato ieri gli emendamenti art. 12 del disegno di legge di riforma dell’ordinamento forense. Si ritorna quindi, dopo una lunga battaglia a colpi di “decaloghi” e punti cardine “irrinunciabili”, alle tariffe minime inderogabili e alla reintroduzione del divieto del patto di quota lite per i legali. Quanto alle tariffe professionali, l’emendamento presentato dal relatore Giuseppe Valentino, fa sì che al comma 5 dell’art. 12 si passi dalla dicitura “gli onorari minimi sono inderogabili e vincolanti” alla nuova versione che prevede, modificando il Dl 223/06, che “gli onorari minimi previsti dagli scaglioni tariffari di riferimento commisurati al valore di ciascuna controversia sono inderogabili e vincolanti. Se le parti convengono una clausola di contenuto contrario, questa è nulla e sono dovuti gli onorari minimi”. Una differenza non da poco che ha subito suscitato il plauso del Consiglio Nazionale Forense, da sempre contro lo smantellamento della professione deciso al suo tempo da Pierluigi Bersani con tanto di Antitrust a fare da spalla. Un anno, il 2006, che durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, Il presidente del Cnf, Guido Alpa definì “horribilis” per l’Avvocatura. E oggi, a ridosso dell’emendamento approvato ieri dal Senato al Regio decreto del 1933, la musica non cambia: “Abbiamo sempre sostenuto che i minimi inderogabili sono a garanzia della qualità della prestazione professionale e del principio di uguaglianza perché un sistema di tariffe minime tutela l'interesse a evitare una concorrenza al ribasso a discapito della qualità della prestazione», ribadisce Alpa da sempre convinto che le lenzuolate di Bersani hanno avuto l’effetto opposto di quello ricercato. Indebolire le garanzie di difesa delle parti più deboli a tutto vantaggio dei contraenti forti (banche, assicurazioni, grandi imprese). Tra gli altri emendamenti approvati ieri e che rimettono in “play” uno stop all’approvazione della riforma targata Cnf che durava da 5 mesi, l’ok all’emendamento sul ripristino del patto di quota lite e di quello di cui all’art. 14 che prevede che albi, elenchi e registri istituiti presso ciascun Consiglio dell'ordine devono essere disponibili anche tramite pubblicazione sul sito internet, e sono trasmessi annualmente al Cnf. Approvato anche l’art. 11 sull’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile dell’avvocato. Chi non si adegua ( le polizze, le condizioni essenziali e i massimali minimi, rivalutabili ogni 5 anni, saranno stabilite da via Arenula con parere del CNF e potranno essere stipulate anche attraverso convenzioni sottoscritte dallo stesso Cnf, ma anche dagli ordini territoriali, dalle associazioni e dagli enti previdenziali forensi) sarà soggetto ad illecito disciplinare. Ad essere accantonati per ora l’art. 13 sul mandato professionale e la disciplina delle sostituzioni e delle collaborazioni (resta il divieto di rapporti di lavoro subordinato tra avvocati) e anche l’art. 10 sulla formazione continua . Tra le esclusioni, non passa nemmeno la proposta che il difensore d'ufficio debba essere pescato solo dall'elenco degli specialisti in diritto penale. Ma tant’è il nodo principale è stato superato. Le tariffe tornano ad essere quella di una volta. Non c’è da stupirsi se in agenda si può prevedere l’ennesimo attacco del presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà da sempre contrario al ripristino dei minimi tariffari. Quello che c’è da registrare però, resta un altro piccolo step in avanti verso l’approvazione della riforma forense. E resta anche la stessa domanda: c’è la farà il Senato a chiudere i lavori entro e non oltre il Congresso nazionale forense di fine novembre?

Daniele Memola

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