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lunedì 15 maggio 2017

Daiichi Sankyo: Edoxaban vince la sfida nei pazienti più fragili e anziani

Congresso ANMCO 2017

Fibrillazione atriale e TEV, edoxaban vince la sfida del trattamento di pazienti anziani, fragili e ad alto rischio

Dati real world indicano che i NAO sono spesso utilizzati a dosaggi più bassi di quelli raccomandati, spesso a causa dell’avanzata età del paziente e della presenza di comorbilità, eppure l’utilizzo improprio dei bassi dosaggi aumenta il rischio di eventi tromboembolici. 

Edoxaban invece dimostra la stessa efficacia e un maggior profilo di sicurezza della terapia standard con warfarin proprio nei pazienti più fragili e anziani, anche a dosaggio ridotto. Al Congresso ANMCO presentati due casi “real life”.

Rimini, 12 maggio 2017 – Edoxaban (LIXIANA®), ultimo arrivato in ordine di tempo nel panorama dei NAO, si è dimostrato altrettanto efficace e più sicuro del warfarin nella prevenzione di ictus ed embolia sistemica nei pazienti affetti da fibrillazione atriale e nel trattamento e nella prevenzione di recidive della tromboembolia venosa, anche nei pazienti molto anziani e fragili, e in generale nei pazienti che richiedono un dosaggio ridotto perché ad alto rischio di sanguinamenti. E’ quanto illustrato oggi durante il simposio interattivo “Verso un’anticoagulazione sempre più orientata al paziente: cosa aggiunge edoxaban”, promosso dall’azienda farmaceutica Daiichi Sankyo nella cornice del Congresso dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) in corso a Rimini. Nel meeting sono stati presentati due casi reali di pazienti fragili trattati con edoxaban, uno per la FANV e l’altro per la TEV, ciascun caso con 4 snodi decisionali sui quali il pubblico è stato invitato a esprimersi tramite voto elettronico per scoprire poi la risposta che ha ottenuto più voti e quella operata dal clinico che ha trattato il paziente.

Bassi dosaggi: l’utilizzo improprio nel real world. Sebbene ormai sia riconosciuta l’efficacia e la sicurezza sulla popolazione generale dei nuovi anticoagulanti orali attualmente disponibili, il trattamento dei soggetti più fragili e anziani rappresenta per gli specialisti una sfida difficile e non ancora vinta. Dati real world indicano infatti che i NAO sono spesso utilizzati a dosaggi più bassi di quelli raccomandati. Le comorbilità dei pazienti svolgono spesso un ruolo chiave in questa scelta, eppure l’utilizzo improprio dei bassi dosaggi, non rispettando le indicazioni delle schede tecniche, mette il paziente a rischio di eventi tromboembolici.

Le indicazioni per la dose ridotta di 30 mg di edoxaban sono chiare e semplici: pazienti con compromissione renale da moderata a severa (CrCL 15–50 ml/min), peso corporeo ≤ 60 kg o trattamento concomitante con inibitori della P-gp.
Edoxaban è il NAO testato sul più ampio numero di pazienti (sia con FANV che con TEV) appartenenti a queste categorie, grazie ad analisi pre-specificate su sottogruppi più a rischio di sanguinamenti (anziani, pazienti con insufficienza renale moderata-severa, pazienti in trattamento concomitante con aspirina, diabetici, e con elevata prevalenza di cardiopatia ischemica), e alcuni dei quali trattati con la dose ridotta di 30 mg.

Un’ulteriore sfida per i clinici è rappresentata, inoltre, dai pazienti affetti da fibrillazione atriale che vanno incontro a una procedura di cardioversione elettrica, che spesso viene preceduta da un ecocardiogramma transesofageo (TEE), e anche in questi casi edoxaban sia nel dosaggio pieno che in quello ridotto, ha mostrato risultati consistenti prima nello studio ENSURE-AF e poi nella pratica clinica.

Edoxaban per il paziente con FANV anziano, fragile e sottoposto a cardioversione. Il primo caso reale, illustrato dalla dott.ssa Roberta Rossini, Dirigente Medico I livello, USC di Cardiologia dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo, ha riguardato un soggetto che racchiude tutte le criticità che si trovano ad affrontare gli specialisti: paziente anziano, fragile, con insufficienza renale, in trattamento con aspirina, che deve essere sottoposto a cardioversione in elezione.

Già nello studio ENSURE-AF, edoxaban ha mostrato un livello di efficacia e sicurezza comparabile a una somministrazione di enoxaparina/warfarin per la prevenzione dell’ictus e di altre complicanze tromboemboliche, e ha fatto registrare un’incidenza numericamente inferiore di mortalità cardiovascolare (0,1% vs. 0,5%, rispettivamente), emorragie gravi ed emorragie fatali (0,3% vs. 0,5%, rispettivamente) con un net clinical outcome di 0,7 % vs 1,4 % per warfarin/enoxaparina. 

“Pur essendo l’ultimo arrivato, edoxaban è destinato a rivestire un ruolo molto importante nello scenario della gestione della fibrillazione atriale. La cardioversione, ad esempio, è una procedura che richiede particolare cautela, perché può comportare il rischio di eventi ischemico/emorragici, specie nei primi giorni dopo la procedura. Per tale motivo, nella pratica clinica, spesso si esegue un eco transesofageo prima di una cardioversione elettrica di FANV, pur in presenza di una anticoagulazione efficace nelle settimane precedenti alla procedura. Ad eccezione di alcune analisi post-hoc, sono stati condotti fino ad ora solo due studi clinici randomizzati che hanno testato i NAO in pazienti candidati a cardioversione elettrica per FA, uno di questi è stato condotto proprio con edoxaban. Lo studio ha dimostrato che edoxaban risulta un’alternativa efficace e sicura al trattamento convenzionale, consentendo l’esecuzione di una cardioversione elettrica con, ma anche senza, l’impiego di ecocardiogramma transesofageo”, ha spiegato la dott.ssa Rossini.

La relatrice si è inoltre soffermata sui problemi della gestione dell’anticoagulazione nei pazienti anziani, i quali presentano un alto rischio trombotico e sono anche frequentemente sottotrattati o non trattati adeguatamente secondo le indicazioni. ” Il paziente anziano rappresenta, ancora oggi, un’importante sfida per il cardiologo, specie in merito alla gestione di terapia antitrombotica. Il paziente anziano presenta un rischio ischemico maggiore, ma è anche quello che, a causa della molteplici comorbidità, può sviluppare un maggior rischio emorragico. Il trial su edoxaban è lo studio che ha arruolato il maggior numero di pazienti anziani, dimostrando che il profilo di efficacia e sicurezza rimane inalterato a prescindere dall’età, con un trend di sicurezza addirittura migliore rispetto a warfarin; risultati peraltro confermati anche con il dosaggio di 30 mg, in pazienti che richiedono una riduzione della posologia perché affetti da insufficienza renale”. Inoltre sicurezza ed efficacia di edoxaban rispetto a warfarin ben gestito risultano costanti, a prescindere dall’età del paziente, dalla somministrazione concomitante di terapia antipiastrinica, e dalla presenza o meno di scompenso, più o meno grave.

Edoxaban per il paziente con TEV (embolia polmonare severa), anziano e fragile. Il secondo caso, illustrato dalla dott.ssaCecilia Becattini, Professore Associato di Medicina Vascolare e d’Urgenza all’Università di Perugia, ha riguardato un altro paziente fragile con embolia polmonare a rischio intermedio/intermedio-alto, anziano, con insufficienza renale, clearance della creatinina borderline intorno ai 30ml/min, e scompenso cardiaco. Un caso emblematico che ha confermato i risultati ottenuti da edoxaban nel trial HOKUSAI-VTE che, grazie al lead-in di eparina, ha ottenuto una maggior aderenza alle linee guida e ha potuto arruolare il più alto numero con embolia polmonare estesa, rispetto a quelli di altri NOAC, dimostrando la stessa efficacia e una sicurezza superiore rispetto al warfarin, anche con il dosaggio ridotto a 30 mg.

Edoxaban ha infatti dimostrato risultati di efficacia e sicurezza consistenti in un ampio spettro di pazienti, inclusi quelli fragili che, a causa delle loro condizioni cliniche, rispondevano ai criteri per l’assunzione del dosaggio ridotto. In questi casi, edoxaban si è dimostrato altrettanto efficace e più sicuro del warfarin nella riduzione dei sanguinamenti (7,9% vs 12,8% rispettivamente), mostrando la stessa efficacia nel prevenire le recidive di TEV rispetto ai soggetti trattati con la dose piena di 60 mg di edoxaban. Nei pazienti con embolia polmonare severa e disfunzione ventricolare destra (NT-proBNP ≥500 pg/ml), edoxaban ha dimostrato il dimezzamento di recidive di TEV con una contemporanea riduzione statisticamente significativa di sanguinamenti clinicamente rilevanti.

Inoltre, nei pazienti che necessitano di proseguire la terapia dopo la fase acuta di 3 mesi, edoxaban mantiene il suo profilo di efficacia rispetto al warfarin, ma determina una riduzione significativa dei sanguinamenti maggiori (0,3% vs 0,7% rispettivamente).

Monosomministrazione giornaliera per una maggiore compliance e sicurezza. Edoxaban (LIXIANA®) è anche un anticoagulante orale comodo e maneggevole, grazie alla monosomministrazione giornaliera e alle scarse interazioni farmacologiche. Esso è infatti l’unico NAO ad avere uno studio di fase II dose-finding in cui vengono messi a confronto i regimi di monosomministrazione e doppia somministrazione giornaliere in pazienti con FANV. Lo studio ha dimostrato che i soggetti che assumevano edoxaban una volta al giorno (60 mg in monosomministrazione) presentavano un minor numero di eventi emorragici rispetto ai pazienti cui è stato somministrato il farmaco due volte al giorno (30 mg in doppia somministrazione).

Dunque la monosomministrazione giornaliera di LIXIANA® ha il vantaggio clinicamente provato di una maggiore compliance alla terapia rispetto alla doppia somministrazione, e questo, nella pratica quotidiana, determinerebbe un beneficio per diverse tipologie di pazienti: anziani e soggetti con comorbilità che usano comunemente terapie farmacologiche complesse con più farmaci che possono influenzarne negativamente l’aderenza, pazienti con sospetta bassa compliance, nonché giovani lavoratori attivi, riluttanti ad assumere farmaci.
Fonte: Daiichi Sankyo

martedì 20 dicembre 2016

Tromboembolia venosa: studio Hokusai VTE al Congresso SIC 2016

Edoxaban (LIXIANA) efficace e più sicura rispetto al warfarin anche nei pazienti che presentano un’embolia polmonare con disfunzione ventricolare destra
Edoxaban, per la prevenzione delle recidive di tromboembolia venosa (TEV), è altrettanto efficace e più sicuro del warfarin nei pazienti affetti da embolia polmonare con disfunzione ventricolare destra, e in soggetti fragili che hanno assunto il dosaggio ridotto o prolungato il trattamento fino a 12 mesi. Le sottoanalisi del trial Hokusai –VTE presentate al Congresso SIC 2016
Roma 19 dicembre 2016 – Quella con edoxaban è una terapia anticoagulante efficace e più sicura rispetto al warfarin anche nei pazienti che presentano un’embolia polmonare con disfunzione ventricolare destra, dunque con una prognosi più sfavorevole, e in soggetti fragili che hanno assunto il dosaggio ridotto a 30 mg/die o prolungato il trattamento fino a 12 mesi. E’ quanto emerge dai risultati presentati nel simposio satellite organizzato da Daiichi Sankyo durante il Congresso Italiano di Cardiologia (SIC), che sta per concludersi a Roma.
Hokusai-VTE è uno studio randomizzato, in doppio cieco, condotto su 8.292 pazienti in cui edoxaban in monosomministrazione giornaliera è stato confrontato con il warfarin per il trattamento e la prevenzione di recidive di tromboembolia venosa. Edoxaban ha dimostrato la non-inferiorità in termini di efficacia rispetto al warfarin e una riduzione significativa dei sanguinamenti maggiori e non maggiori clinicamente rilevanti.
Nel trial Hokusai-VTE è stata prespecificata un’analisi per cui nei pazienti con embolia polmonare veniva misurato il dosaggio di un marker plasmatico di disfunzione ventricolare destra, la porzione N-terminale del proBNP (NTproBNP). Il BNP è un ormone di natura peptidica che viene secreto dai ventricoli del cuore in risposta ad un eccessivo allungamento delle cellule muscolari dei ventricoli. Le cellule muscolari dei ventricoli cardiaci si allungano in maniera eccessiva quando queste camere si riempiono troppo di sangue; ciò che accade per esempio in presenza di embolia polmonare quando, a causa dell’ostruzione di un’arteria polmonare, si crea a monte (atrio destro) un accumulo di sangue e quindi una dilatazione della camera cardiaca. In studi precedenti, la disfunzione ventricolare destra veniva definita quando il livello del NT-proBNP era ≥500 pg/ml, e la positività di questo marker è risultata essere predittiva di un aumento del rischio di mortalità nelle prime settimane dalla diagnosi.
Questo esame di laboratorio è stato eseguito in circa il 90% dei pazienti con embolia polmonare (1484 trattati con edoxaban e 1505 trattati con warfarin) ed è risultato essere alterato con un valore ≥500 pg/ml nel 30% e nel 32% dei pazienti, rispettivamente.
Nel 30% dei pazienti che presentava embolia polmonare con disfunzione ventricolare destra, quindi una patologia più severa e con un indice prognostico più sfavorevole, la recidiva di TEV nel braccio edoxaban è risultata essere la metà rispetto a quella nel braccio warfarin, con una riduzione del rischio relativo del 48%.
“La ricerca scientifica nel campo della terapia anticoagulante non ha tanto mirato a perseguire una maggiore efficacia nei confronti della cura tradizionale col Warfarin, che già dimostra notevole validità nell’ambito delle patologie tromboemboliche, quanto di ottenere un farmaco più sicuro, agevole da assumere e semplice nel dosaggio. Avere trovato nell’edoxaban questi requisiti rappresenta un punto di vantaggio, visto che proprio nei pazienti più critici, quelli sottopeso, quelli con compromessa funzione renale, quelli con peggiore prognosi di malattia, l’edoxaban ha evidenziato superiorità e evidente riduzione delle emorragie nei confronti del warfarin”, ha spiegato Andrea Fontanella, Presidente Nazionale della FADOI, Direttore del Dipartimento di Medicina dell’Ospedale Fatebenefratelli di Napoli.
In quei pazienti che necessitano di una dose ridotta a causa delle loro condizioni cliniche (clearance di creatinina di 30–50 ml/minuto, peso corporeo ≤ 60 kg o in terapia con alcuni inibitori della glicoproteina P), edoxaban 30mg in monosomministrazione giornaliera (LIXIANA®), si è dimostrato altrettanto efficace e più sicuro del warfarin nella riduzione dei sanguinamenti (7,9% vs 12,8% HR=0,62; 95 % CI: 0,44–0,86; p < 0,01 per superiorità). L’analisi ha evidenziato come la dose di edoxaban di 30 mg era correlata a livelli ematici lievemente più bassi di edoxaban, mostrando tuttavia la stessa efficacia nel prevenire le recidive di TEV rispetto ai soggetti trattati con la dose piena di 60 mg.
Infine, un’ulteriore sottoanalisi ha valutato il rischio/beneficio dell’estensione del trattamento con edoxaban rispetto al warfarin fino a 12 mesi, prolungandolo oltre i 3 mesi previsti dalla terapia standard. Nei pazienti affetti da tromboembolia venosa che richiedono una estensione del trattamento per prevenirne le recidive, i risultati hanno dimostrato non solo che edoxaban è altrettanto efficace ma è anche associato a un minor numero di sanguinamenti maggiori rispetto al warfarin (0,3% vs 0,7% HR= 0,45; 95% CI: 0,22-0,92).
Contatti
Daiichi Sankyo
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elisa.porchetti@daiichi-sankyo.it
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giovedì 23 giugno 2016

Daiichi Sankyo: Arriva edoxaban il nuovo anticoagulante

Contro fibrillazione atriale, ictus e Tromboembolismo venoso (TEV), in Italia arriva edoxaban, il nuovo anticoagulante orale
Il 52 % dei pazienti con fibrillazione atriale assume da 5 a 15 compresse al giorno, alcune delle quali assai poco maneggevoli, manifestando una forte esigenza di semplificazione del trattamento. Per il trattamento anticoagulante di questi pazienti esistono alternative alla terapia standard con il warfarin, ma a più della metà dei pazienti non vengono nemmeno presentate, negando di fatto la possibilità di modificare la terapia, e solo al 15 % di essi viene proposto il trattamento con i nuovi anticoagulanti orali. Sono alcuni dei dati italiani di una survey europea, presentati in anteprima in occasione del lancio in Italia di Lixiana (edoxaban), il nuovo anticoagulante orale in monosomministrazione giornaliera di Daiichi Sankyo
Arriva in Italia Edoxaban Anticoagulante orale Daiichi Sankyo
Roma, 22 giugno 2016 – Necessità di maggiore informazione da parte degli specialisti e sottoutilizzo delle nuove e più sicure terapie disponibili, sono due importanti aspetti che emergono da un sondaggio europeo sui pazienti affetti da fibrillazione atriale, effettuato dall’agenzia internazionale OpinionHealth su richiesta di Daiichi Sankyo.
I dati italiani della survey sono stati presentati in anteprima all’Heart Day, l’evento con il quale il Gruppo farmaceutico ha annunciato il lancio in Italia di Lixiana (edoxaban), il nuovo anticoagulante orale (NAO) in monosomministrazione giornaliera, che sarà disponibile nelle prossime settimane anche in fascia rimborsabile.
Ad aprire l’incontro è stata Trudie Lobban, fondatrice dell’Associazione internazionale di pazienti AFA, già parte attiva nella stesura del report europeo sul “Futuro dell’Anticoagulazione”, presentato all’ESC 2015, e giunta a Roma per dare voce al punto di vista dei pazienti, raccontando gli ostacoli e le necessità delle persone affette da questa patologia. Le ragioni e i risultati del sondaggio sono stati invece presentati daMassimo Grandi, Country Manager Daiichi Sankyo Italia, “Per noi era fondamentale ascoltare la voce dei pazienti, capire fino in fondo le loro necessità, perché il focus sul paziente è nel DNA di Daiichi Sankyo sin dall’inizio della sua storia. E da questa survey abbiamo avuto conferma che, nonostante i nuovi anticoagulanti orali costituiscano una valida opzione al warfarin, essi sono ancora un’alternativa decisamente sottoutilizzata. E’ vero anche – ha proseguito Grandi – che sino ad ora la classe dei NAO non era riuscita ad offrire una soluzione che unisse a efficacia e comodità anche un alto grado di sicurezza. Oggi siamo qui per dimostrare che edoxaban ci è riuscito”. Le evidenze scientifiche di due studi che dimostrano l’efficacia e la superiore sicurezza di edoxaban come trattamento per la prevenzione dell’ictus nella fibrillazione atriale e come terapia a lungo termine per la prevenzione della tromboembolia venosa recidivante, sono state presentate rispettivamente dal Dott. Andrea Di Lenarda, Direttore S.C. Centro Cardiovascolare ASS1 di Trieste e nuovo Presidente ANMCO, e dal Prof. Walter Ageno, Professore Associato di Medicina Interna presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Universita’ degli Studi dell’Insubria di Varese. E della convenienza e dell’appropriatezza terapeutica della terapia anticoagulante per il sistema sanitario nazionale ha infine parlato il presidente di CliCon s.r.l, Luca Degli Esposti, coautore dello studio osservazionale sulla fibrillazione atriale NEMAWASHI.
Sicurezza, efficacia, comodità: Che cos’è edoxaban
Edoxaban è il nuovo anticoagulante orale (NOAC – non-Vitamin K antagonist oral anticoagulant) in monosomministrazione giornaliera che inibisce in modo specifico, reversibile e diretto il fattore Xa, un importante fattore della cascata della coagulazione che conduce alla formazione di coaguli di sangue. A giugno 2015 edoxaban ha ricevuto l’autorizzazione dalla Commissione Europea per la prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica in pazienti adulti affetti da fibrillazione atriale non valvolare (FANV), e per il trattamento e la prevenzione delle recidive di trombosi venosa profonda (TVP) ed embolia polmonare (EP). Ad oggi è disponibile in diverse nazioni europee (Germania, Svizzera, UK) e in Corea del Sud, Stati Uniti e Giappone. Ha già ricevuto l’approvazione in Taiwan e Hong Kong e attende l’autorizzazione regolatoria in molti altri Paesi, mentre in Italia la rimborsabilità è prevista nelle prossime settimane.
Quella con edoxaban è una terapia anticoagulante più sicura rispetto all’attuale standard terapeutico, anche nelle popolazioni di pazienti anziani e più fragili con condizioni di comorbilità, che gli studi sul farmaco hanno coinvolto estensivamente e con ottimi risultati, facendo registrare, in pazienti affetti da FANV o TEV, un’efficacia comparabile e una riduzione statisticamente significativa del rischio emorragico rispetto al warfarin.
L’aderenza e quindi l’efficacia della terapia, deriva dalla comodità e maneggevolezza offerte dalla monosomministrazione giornaliera, dalle scarse interazioni con farmaci e cibo, e dalla flessibilità dei dosaggi. La cinetica lineare di edoxaban, come quella degli altri NOAC, assicura un rapporto dose/risposta ed effetto anticoagulante prevedibile e quindi può essere somministrato a dosaggio fisso giornaliero, rendendo superflui i continui monitoraggi, necessari invece nella terapia a base di warfarin. L’assenza di interazioni con cibo e bevande, nonché la possibilità di adeguare il dosaggio in base alle caratteristiche cliniche del paziente, evita poi riduzione dell’efficacia o effetti indesiderati.
Efficace e più Sicuro nei pazienti più anziani, e in presenza di scompenso cardiaco
Gli antagonisti della vitamina K (AVK), tra cui il warfarin, per molti anni sono stati utilizzati per ridurre il rischio di ictus nei pazienti affetti da fibrillazione atriale; il loro utilizzo, tuttavia, si associa ad un aumento del rischio di sanguinamenti, in modo ancora più pronunciato nella popolazione anziana poiché l’età aumenta il rischio emorragico che può causare gravi complicanze e persino la morte. Ciò ha comportato, negli anni, un generale sottoutilizzo degli anticoagulanti in questa tipologia di pazienti. Oggi questo ostacolo può essere superato grazie alla terapia con edoxaban, come dimostrano i risultati dello studio “Efficacia e sicurezza di edoxaban nei pazienti anziani con fibrillazione atriale”, pubblicati recentemente sulJournal of American Heart Association.
Questa analisi prespecificata, in cui venivano analizzati i risultati di efficacia e sicurezza nei pazienti suddivisi in tre fasce di età (75 anni), deriva dal mega trial ENGAGE AF-TIMI 48, che ha valutato l’efficacia e la sicurezza di edoxaban, rispetto al warfarin, per la prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica su 21.105 pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare. Con gli 8.474 pazienti di età uguale o superiore ai 75 anni arruolati, questo trial risulta ad oggi lo studio con un NAO con il più alto numero di pazienti anziani. Questi pazienti erano soprattutto donne e presentavano in misura maggiore caratteristiche di fragilità, quali basso peso corporeo e ridotta clearance della creatinina (ClCr). Ad illustrare i risultati dello studio è stato il dott. Andrea Di Lenarda, Direttore S.C. Centro Cardiovascolare ASUITS di Trieste e nuovo Presidente ANMCO (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri): “Anche nella popolazione con età superiore ai 75 anni, in cui il rischio emorragico è aumentato, edoxaban conferma un miglior profilo di sicurezza rispetto a warfarin. Questo dato è ancora più evidente se si prendono in considerazione le emorragie intracraniche. Nei pazienti affetti da fibrillazione atriale, dove l’età è associata ad un aumento del rischio emorragico, edoxaban rappresenta quindi una valida alternativa agli AVK”.
Non sono state riportate interazioni tra il trattamento con edoxaban e l’età per gli obiettivi principali di efficacia e sicurezza, in contrasto con quanto riportato nei risultati degli studi con altri NAO (RELY e ROCKET), in cui sono state registrate interazioni significative dei trattamenti con l’età per quanto riguarda i sanguinamenti.
Con 12.124 su 21.105 pazienti (57%), ENGAGE è anche lo studio che ha arruolato il più alto numero di pazienti con scompenso cardiaco. Edoxaban ha confermato il dato di efficacia e di aumentata sicurezza, rispetto al warfarin, indipendentemente dalla presenza o meno di scompenso cardiaco e dalla gravità di questo.
Efficace e più Sicuro come terapia a lungo termine per la prevenzione delle recidive di tromboembolia venosa
Nel corso della conferenza sono stati presentati anche i risultati di un’analisi post hoc dello studio Hokusai-VTE, il trial che ha valutato l’efficacia di edoxaban, in monosomministrazione giornaliera, nel trattamento e nella prevenzione delle recidive di tromboembolia venosa (TEV) in 8.292 pazienti affetti da trombosi venosa profonda e/o embolia polmonare. In questa analisi, pubblicata su Lancet Haematology, l’anticoagulante edoxaban si è dimostrato altrettanto efficace e più sicuro rispetto al warfarin nel trattamento a lungo termine.
Sono stati infatti confrontati i risultati della terapia a lungo termine (dai 3 ai 12 mesi) sui 3.633 pazienti trattati con eparina ed edoxoban e sui 3.594 pazienti trattati con eparina e warfarin. Il trattamento ha avuto una durata media di 9 mesi. Dopo i primi tre mesi, la recidiva di tromboembolia venosa è stata registrata nell’1,1% dei pazienti in terapia con edoxaban e nell’1,2% di quelli trattati con warfarin. Tra tre e sei mesi, il numero dei casi è stato di 0,7% e di 0,5%, rispettivamente, mentre tra sei e 12 mesi, i casi si sono ridotti a 0,2%, tra i pazienti trattati con edoxaban, contro lo 0,8% tra quelli in terapia con warfarin. L’analisi ha inoltre evidenziato la minore incidenza di emorragie maggiori nei pazienti trattati con edoxaban, che ha registrato una percentuale dello 0,3% rispetto allo 0,7% del gruppo trattato con warfarin (tra 3 e 12 mesi). “Il rischio di recidive è rilevante nei pazienti con tromboembolia venosa e molti di loro hanno bisogno di continuare ad assumere anticoagulanti anche per più di tre mesi, periodo raccomandato dalle linee guida,– ha spiegato Walter Ageno, professore associato di Medicina Interna presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Universita’ degli Studi dell’Insubria di Varese – e questo studio dimostra che edoxaban fornisce una valida alternativa al warfarin per i pazienti che richiedono una terapia a lungo termine per la prevenzione secondaria di tromboembolie venose. Il trattamento prolungato con edoxaban si è dimostrato, infatti, non solo efficace ma più sicuro, perché associato ad una riduzione dei sanguinamenti maggiori rispetto al warfarin.
NAO sottoutilizzati seppure convenienti per il sistema sanitario nazionale – Studio NEMAWASHI
A confermare i dati della survey sul sottoutilizzo dei trattamenti con i nuovi anticoagulanti orali, e a mettere in evidenza la convenienza che un uso appropriato di queste terapie avrebbe sul nostro sistema sanitario, è stato il progetto NEMAWASHI, uno studio osservazionale sulla fibrillazione atriale sviluppato e condotto da CliCon S.r.l., con il supporto di Daiichi Sankyo. In una prima fase, grazie alla collaborazione di 5 Aziende Sanitarie Locali distribuite sul territorio nazionale, è stato misurato il grado di trasferimento delle raccomandazioni terapeutiche alla pratica clinica, rispetto alla terapia anticoagulante nei pazienti affetti da fibrillazione atriale. In una seconda fase, in un gruppo di regioni distribuite su tutto il territorio nazionale, è stato attivato un monitoraggio periodico volto al miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva, intesa come riduzione del gap tra raccomandazioni terapeutiche e pratica clinica, nello stesso ambito. L’analisi preliminare dei dati ottenuti nella prima fase dello studio mostra che il 72 % dei pazienti ai quali è stata raccomandata la terapia con i NAO in realtà non la riceve (inappropriatezza per difetto), mentre dei pazienti trattati con i nuovi anticoagulanti orali, solo un 5% non presenta la raccomandazione terapeutica all’uso di tali farmaci (inappropriatezza per eccesso). Per ciò che riguarda il consumo di risorse sanitarie, invece, il costo medio per anno dei pazienti raccomandati e trattati con i nuovi anticoagulanti orali è sovrapponibile a quello dei pazienti che pur avendo le caratteristiche cliniche per tale trattamento non lo ricevono. “Infatti il maggior costo della terapia con i nuovi anticoagulanti orali risulta completamente compensato dai minori costi dovuti a ospedalizzazioni per malattia cardio-cerebrovascolare. – ha spiegato Luca Degli Esposti, Presidente CliCon s.r.l. – La riduzione dell’inappropriatezza prescrittiva, oggetto della seconda fase del progetto, risulta quindi essenziale ai fini di una riduzione di questo tipo di ospedalizzazioni e della minimizzazione del costo assistenziale del paziente affetto da fibrillazione atriale”.
Contatti
Daiichi Sankyo
Elisa Porchetti
Tel.+39 0685255-202
elisa.porchetti@daiichi-sankyo.it
Valeria Carbone Basile
Tel: +39 339 1704748
valeria.carbonebasile@gmail.com
Daiichi Sankyo
Daiichi Sankyo è un Gruppo farmaceutico attivamente impegnato nella ricerca, nello sviluppo e nella produzione di farmaci innovativi con la mission di colmare i diversi bisogni di cura ancora non soddisfatti dei pazienti, sia nei mercati industrializzati che in quelli emergenti. Con più di 100 anni di esperienza scientifica e una presenza in più di 20 Paesi, Daiichi Sankyo e i suoi 16,000 dipendenti in tutto il mondo, contano su una ricca eredità di innovazione e una robusta linea di farmaci promettenti per aiutare le persone. Oltre a mantenere il suo robusto portafoglio di farmaci per il trattamento dell’ipertensione e dei disordini trombotici, e con la Vision del Gruppo al 2025 di diventare una “Global Pharma Innovator con vantaggi competitivi in area oncologica“, le attività di ricerca e sviluppo di Daiichi Sankyo sono focalizzate alla creazione di nuove terapie per l’oncologia e l’immuno-oncologia, con un ulteriore focus su nuove frontiere quali la gestione del dolore, le malattie neurodegenerative e cardiometaboliche, e altre patologie rare.

lunedì 14 dicembre 2015

Edoxaban: Congresso SIC 2015, efficacia e sicurezza

Fibrillazione atriale e prevenzione ictus, edoxaban più sicuro del warfarin per i pazienti più anziani o ad alto rischio
Daiichi Sankyo Congresso SIC 2015 Edoxaban
Roma, 14 dicembre 2015 – Quella con edoxaban è una terapia anticoagulante più sicura rispetto al warfarin anche nei pazienti a più alto rischio di sanguinamenti, inclusi i pazienti anziani e i pazienti con comorbidità, in cui si unisce il vantaggio della monosomministrazione giornaliera; questo è quanto dimostrato da tre esperti italiani nel simposio satellite sponsorizzato da Daiichi Sankyo durante il Congresso Italiano di Cardiologia che sta per concludersi a Roma. Tale inibitore orale del fattore Xa in monosomministrazione giornaliera è l’ultimo arrivato nella famiglia dei nuovi anticoagulanti orali, dopo l’approvazione della Commissione Europea per la prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica in pazienti adulti affetti da fibrillazione atriale non valvolare, e per il trattamento e la prevenzione delle recidive di trombosi venosa profonda ed embolia polmonare.
L’efficacia e la sicurezza di edoxaban in monosomministrazione giornaliera per il trattamento della fibrillazione atriale sono state valutate nello studio ENGAGE AF-TIMI 48, ad oggi lo studio con la più ampia popolazione arruolata (21.105 pazienti), con il più lungo follow-up (mediana 2,8 anni), e l’unico ad aver previsto la possibilità di ridurre il dosaggio, da 60 mg a 30 mg, non solo al momento della randomizzazione ma anche nel corso dello studio, in base alla presenza di uno o più fattori di rischio quali insufficienza renale (clearance della creatinina (CrCL) compresa tra 30 e 50 mL/min), basso peso corporeo (uguale o inferiore a 60 kg), o uso concomitante di determinati inibitori della glicoproteina P. “In questo studio – ha spiegato poi il professore Giuseppe di Pasquale, Direttore Dipartimento Medico Azienda USL di Bologna e Direttore Unità Operativa di Cardiologia Ospedale Maggiore – il 25% dei pazienti alla randomizzazione e il 7% dei pazienti in seguito, hanno ridotto il dosaggio, nella maggior parte dei casi a causa di un’insufficienza renale, e in questa popolazione di pazienti i risultati dimostrano che il farmaco ha mantenuto il suo profilo di efficacia rispetto al warfarin, diminuendo ulteriormente e in modo significativo i sanguinamenti maggiori e quelli intracranici. Quindi, nella popolazione di pazienti a più alto rischio, che spesso non viene trattata per il timore di complicanze emorragiche, abbiamo dati consistenti di un aumento significativo della sicurezza di Edoxaban rispetto al warfarin”.
I risultati dello studio di Fase II, unico studio condotto in pazienti affetti da fibrillazione atriale in cui è stato testato il dosaggio di un NOAC sia in mono che in doppia somministrazione giornaliera, hanno dimostrato che il dosaggio di edoxaban 60 mg in monosomministrazione presenta minor incidenza di sanguinamenti (maggiori e clinicamente rilevanti) rispetto allo stesso dosaggio di 60 mg diviso in due somministrazioni giornaliere da 30 mg. A questo dato si aggiunge l’evidenza di numerosi studi che dimostrano che l’aderenza e la persistenza al trattamento aumentano con i farmaci in monosomministrazione giornaliera e questo impatta in maniera favorevole sulla prognosi al follow-up.
Dati molto interessanti sono anche quelli relativi alla mortalità cardiovascolare e all’età avanzata dei pazienti, illustrati dal Professor Giuseppe Patti, Responsabile UOS di Servizi Cardiologici del, Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma: “Nel trial il 71% delle cause di morte erano cardiovascolari, a volte correlate a sanguinamenti maggiori; la riduzione di sanguinamenti maggiori da parte di edoxaban rispetto al warfarin si è tradotta in una diminuzione di mortalità nell’89% dei casi. Inoltre l’arruolamento ha coinvolto quasi 8500 pazienti con un’età superiore ai 75 anni, di cui il 41% ha ridotto il dosaggio a 30 mg perché presentava una o più delle caratteristiche per il dimezzamento del dosaggio. Ebbene, tra le tre fasce di età di cui è costituito il campione analizzato, ovvero quella inferiore ai 65, tra i 65 e i 75 e infine di età superiore ai 75 anni, non si sono riscontrate differenze in termini di efficacia e di sicurezza, con un trend di diminuzione delle emorragie intracraniche proprio nei pazienti più anziani”.
Efficacia e sicurezza rispetto al warfarin, sono state confermate anche nei pazienti con scompenso cardiaco (il 57% sul totale dei 12.124 pazienti presi in esame), indipendentemente dalla gravità di questo.
A spiegare invece il valore dei risultati del trial HOKUSAI-VTE, che ha valutato l’efficacia di edoxaban in monosomministrazione giornaliera nel trattamento e nella prevenzione delle recidive di tromboembolismo venoso, e quindi anche dell’embolia polmonare, è stato invece Walter Ageno, professore associato di Medicina Interna presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Universita’ degli Studi dell’Insubria di Varese: “Anche grazie alla strategia del lead-in di eparina a basso peso molecolare per 5-7 giorni, questo studio è stato il primo a fornire una stratificazione dei pazienti in base alla severità dell’embolia polmonare, arruolando il più numeroso gruppo di pazienti ad alto rischio. I risultati sono stati positivi in generale perché edoxaban si è dimostrato efficace come la terapia tradizionale a base di warfarin, con una riduzione degli eventi emorragici, ma ancora più rilevanti sono stati i risultati nel sottogruppo di pazienti cosiddetti fragili perché al profilo di efficacia si è aggiunta una minore incidenza di recidive. Ciò significa che oggi noi specialisti abbiamo un’ulteriore strategia a disposizione, che può semplificare il trattamento e adattarsi al paziente a seconda della severità della sua patologia”.
Su un totale di 8.292 soggetti arruolati, il 28% dei pazienti presentava un’embolia polmonare severa con valori del biomarker NT-proBNP ≥ 500 pg/mL; in questa popolazione si è ottenuta una riduzione delle recidive di tromboembolia venosa rispetto al warfarin del 50%.

lunedì 29 giugno 2015

Comissione Europea LIXIANA® (edoxaban) approvato per Prevenzione Ictus

La Commissione Europea ha annunciato l’autorizzazione alla commercializzazione in Europa di LIXIANA®(edoxaban)
Tromboembolismo Venoso, per edoxaban nuovo studio su pazienti oncologici
Roma, 25 giugno 2015 – Daiichi Sankyo ha annunciato oggi che la Commissione Europea ha rilasciato a LIXIANA (edoxaban), l’inibitore selettivo del fattore Xa in monosomministrazione orale giornaliera, l’autorizzazione alla commercializzazione per la prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica in pazienti adulti affetti da fibrillazione atriale non valvolare (FANV) che presentano uno o più fattori di rischio, e per il trattamento e la prevenzione delle recidive di trombosi venosa profonda e embolia polmonare, in pazienti adulti affetti da queste patologie.
“Anche in Europa gli ictus correlati a fibrillazione atriale e il tromboembolismo venoso hanno un significativo impatto sociale, economico e sanitario, perciò Daiichi Sankyo accoglie con soddisfazione l’approvazione della Commissione Europea di LIXIANA, della quale beneficeranno soprattutto medici e pazienti, che avranno a disposizione una nuova opzione di trattamento per gestire più efficacemente queste patologie debilitanti e pericolose – ha dichiarato Jan van Ruymbeke, CEO di Daiichi Sankyo Europa – LIXIANA in monosomministrazione giornaliera offre, infatti, una combinazione unica di sicurezza, facilità di somministrazione ed efficacia, in un ampio range di pazienti, con inoltre una riduzione dei sanguinamenti rispetto al trattamento a base di warfarin”.
A beneficiare della nuova opzione di trattamento per la fibrillazione atriale non valvolare saranno anche i pazienti che presentano uno o più fattori di rischio, come età uguale o superiore a 75 anni, insufficienza cardiaca congestizia, ipertensione, diabete mellito o che hanno già subito un ictus o un attacco ischemico transitorio.
La fibrillazione atriale, un disturbo del ritmo cardiaco che rende il battito rapido e irregolare, colpisce oggi più di 6 milioni di europei, e i pazienti che ne sono affetti incorrono in un rischio 5 volte maggiore di subire un ictus, rispetto alla popolazione generale, con un conseguente impatto economico che supera i 38 milioni di euro all’anno. Il tromboembolismo venoso, causato dalla formazione di un coagulo di sangue nelle vene, rappresenta anch’esso una delle maggiori cause di morbilità e mortalità, causando oltre 500.000 decessi l’anno nella sola Unione Europea.
L’approvazione della Commissione Europea si è basata sui risultati di ENGAGE AF-TIMI 48 e Hokusai-VTE, due trial clinici di fase III che hanno confrontato il trattamento con LIXIANA in monosomministrazione giornaliera con quello a base di warfarin, l’attuale standard di cura per la prevenzione dell’ictus nei pazienti affetti da fibrillazione atriale e per il trattamento e la prevenzione del tromboembolismo venoso. Questi due studi rappresentano i più ampi trial comparativi singoli su un nuovo anticoagulante orale in queste popolazioni di pazienti, e hanno coinvolto rispettivamente 21.105 e 8.292 soggetti.
Nello studio ENGAGE AF-TIMI 48, LIXIANA in monosomministrazione giornaliera ha dimostrato una efficacia comparabile al warfarin sull’incidenza di ictus ed embolia sistemica (1,18% con LIXIANA 60 mg vs. 1,50% con warfarin ogni anno; hazard ratio [HR] 0,79; intervallo di confidenza [CI] 97,5%: 0,63; 0,99; p<0,001) e superiore sicurezza, riducendo significativamente i sanguinamenti maggiori (rispettivamente 2,75% vs. 3,43% ogni anno; HR 0,80; CI 95%: 0,71; 0,91; p<0,001), in un’ampia popolazione di pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare.
Il trial Hokusai-VTE ha dimostrato che LIXIANA riduce efficacemente le recidive sintomatiche di tromboembolismo venoso, inclusi il rischio di trombosi venosa profonda e di embolia polmonare fatale e non fatale, in un’ampia popolazione di pazienti (3,2% con LIXIANA 60 mg rispetto al 3,5% di pazienti con warfarin; HR 0,89; CI 95%: 0,70; 1,13; p<0,001). Il nuovo anticoagulante orale mostra anche una significativa riduzione del 19% di sanguinamenti clinicamente rilevanti rispetto al warfarin in pazienti affetti da tromboembolismo venoso (rispettivamente 8,5% vs. 10,3% dei pazienti; HR 0,81; CI 95%: 0,71; 0,94; p=0,004).

lunedì 22 giugno 2015

Hokusai-VTE Cancer: Edoxaban nuovo studio su pazienti oncologici

Daiichi Sankyo annuncia l’avvio di Hokusai-VTE Cancer, uno studio internazionale che valuterà l’efficacia del nuovo anticoagulante orale edoxaban nel trattamento del tromboembolismo venoso associato a cancro
Tromboembolismo Venoso, per edoxaban nuovo studio su pazienti oncologici
Milano, 22 giugno 2015 – Daiichi Sankyo annuncia l’avvio di Hokusai-VTE Cancer, uno studio internazionale che valuterà l’efficacia e la sicurezza di edoxaban, inibitore orale selettivo del fattore Xa, in monosomministrazione giornaliera, per il trattamento del tromboembolismo venoso (TEV) associato a cancro (diverso da carcinoma della pelle a cellule basali o squamose), in pazienti per cui è previsto un trattamento a lungo termine con eparina a basso peso molecolare.
Lo scopo dello studio è valutare, nei pazienti malati di cancro, edoxaban rispetto a dalteparina nella prevenzione delle recidive di TEV o di sanguinamenti maggiori a seguito di una trombosi venosa profonda (TVP) o embolia polmonare (EP). L’arruolamento è appena iniziato e coinvolgerà 1.000 pazienti nei centri clinici di 13 Paesi distribuiti tra Nord America, Europa, Australia e Nuova Zelanda.
“Il tromboembolismo venoso è una delle maggiori cause di morbilità e mortalità nei pazienti affetti da cancro, con un’incidenza annuale che può salire al 20 per cento, a seconda del tipo di cancro, del background di rischio e del tempo trascorso dalla diagnosi. Rispetto a coloro che non ne sono affetti, i pazienti con cancro sottoposti a chemioterapia vanno incontro ad un rischio da 4 a 7 volte maggiore di sviluppare TEV – dichiaraGary Raskob, ricercatore e professore di Epidemiologia e Medicina all’Health Sciences Center dell’Università dell’Oklahoma – Questo trial ci consentirà una più profonda comprensione dell’efficacia e sicurezza di edoxaban rispetto agli attuali standard di cura riservati a questo tipo di pazienti.”
Hokusai-VTE Cancer è un trial internazionale, prospettico, randomizzato, in aperto con endpoint in cieco, (PROBE) il cui scopo principale è confrontare edoxaban con la dalteparina, nella prevenzione delle recidive di TEV o di sanguinamenti maggiori in pazienti oncologici affetti da tromboembolismo venoso. Altri obiettivi dello studio andranno a valutare gli effetti del trattamento sulle recidive di TEV, i sanguinamenti clinicamente rilevanti, la sopravvivenza libera da eventi (la proporzione di soggetti che nel tempo non presentano recidive di TEV) e la mortalità. I pazienti, dopo trattamento per almeno 5 giorni con eparina a basso peso molecolare, saranno randomizzati per ricevere 60mg di edoxaban in monosomministrazione giornaliera (ridotti a 30 mg per pazienti con clearance di creatinina [CrCL] 30-50 mL/min, peso corporeo uguale o inferiore a 60 kg, o uso concomitante di inibitori della glicoproteina P), o dalteparina SC 200 IU/kg in monosomministrazione giornaliera per 30 giorni, seguiti da150 IU/kg una volta al giorno fino alla fine dello studio, che ha una durata totale di 12 mesi.
La definizione di tromboembolismo venoso include la trombosi venosa profonda e l’embolia polmonare. La prima è una patologia causata da un coagulo di sangue nelle vene profonde solitamente di gambe, cosce o pelvi, ma anche di altri distretti del corpo; l’embolia polmonare si verifica invece quando una parte del coagulo si distacca e raggiunge i polmoni, causando una condizione potenzialmente fatale. Il TEV è una delle maggiori cause di morbilità e mortalità nel mondo e nei pazienti affetti da cancro, i quali presentano fattori di rischio multipli, soprattutto se sottoposti a chemioterapia. Inoltre, i pazienti oncologici con TEV associato hanno una sopravvivenza inferiore rispetto a coloro che non ne soffrono.
“L’avvio del trial Hokusai-VTE Cancer study rappresenta un nuovo importante passo nella ricerca clinica su edoxaban” commenta Glenn Gormley, capo del dipartimento globale di Ricerca e Sviluppo Daiichi Sankyo e presidente di Daiichi Sankyo Stati Uniti, “I trial Hokusai-VTE Cancer ed ENSURE-AF dimostrano il continuo impegno dell’azienda nella ricerca e sviluppo di soluzioni che migliorino le condizioni di pazienti a rischio a causa della trombosi.”
Edoxaban è attualmente commercializzato in Giappone, Stati Uniti e Svizzera, e in Europa ha recentemente ricevuto parere positivo dal Comitato per i Medicinali ad Uso Umano dell’EMA.
Per maggiori informazioni sul trial: https://www.clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT02073682

lunedì 15 giugno 2015

Edoxaban: Congresso ANMCO 2015, terapia personalizzata per prevenire l’ictus

Congresso ANMCO 2015, prevenzione ictus, Edoxaban per una terapia “personalizzata” nel trattamento di fibrillazione atriale e tromboembolismo venoso
Congresso ANMCO 2015_600
Milano, 5 giugno 2015 – Una terapia più comoda, sicura ed efficace del warfarin, quella di edoxaban in monosomministrazione giornaliera per il trattamento dei pazienti affetti da fibrillazione atriale o embolia polmonare al fine di prevenire ictus e recidive di tromboembolia venosa. E’ quanto emerso oggi durante il simposio “Nuove sfide dell’anticoagulazione orale”, l’evento promosso dall’azienda farmaceutica Daiichi Sankyo nella cornice del Congresso dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri.
Il simposio, che prendeva le mosse dall’analisi dei benefici delle nuove terapie anticoagulanti rispetto allo standard terapeutico degli antagonisti della vitamina K come il warfarin, è stata l’occasione per esaminare nel dettaglio le caratteristiche di edoxaban, il nuovo inibitore del fattore Xa a dosaggio flessibile, che ha già ricevuto l’approvazione in Svizzera e il parere positivo del CHMP dell’EMA.
Rispetto al pur efficace standard terapeutico warfarin, i nuovi anticoagulanti orali presentano numerosi vantaggi, sia nella gestione del trattamento che nei risultati: una finestra terapeutica più ampia tra efficacia anticoagulante e rischio emorragico, più veloce inizio e cessazione degli effetti, meno interazioni con altri farmaci, e nel caso di edoxaban, anche l’assenza di interazioni con gli alimenti, rendono più semplice la terapia, determinando al contempo una minore incidenza di emorragie maggiori, di ictus, tromboembolia e mortalità. “La prevedibilità e la stabilità degli effetti dei nuovi anticoagulanti orali, nonché la scarsa interazione con cibi e farmaci, rendono possibile la somministrazione dei dosaggi fissi. Il mal tollerato monitoraggio periodico della coagulazione diviene così superfluo. Questa terapia, tra l’altro anche in monosomministrazione, è meglio accettata dai pazienti grazie alla maggior semplicità ed anche alla percezione di un minor rischio di complicanze emorragiche. Si spera così di aumentare l’aderenza a lungo termine alla terapia anticoagulante che con il warfarin è del 24%”, spiega il Dott. Massimo Grimaldi, Responsabile di Unità Operativa Semplice di Aritmologia presso l’Ospedale “F. Miulli” di Acquaviva delle Fonti (Bari).
Gli esperti hanno raccontato nei dettagli il disegno e i risultati dei due trial clinici che hanno valutato la molecola edoxaban in monosomministrazione giornaliera, per il trattamento della fibrillazione atriale (ENGAGE AF-TIMI 48) e del tromboembolismo venoso (HOKUSAI- VTE)
Rispetto agli altri mega-trials sui NAO, ENGAGE AF-TIMI 48 è lo studio con la più vasta casistica (21.105 soggetti) e con il più lungo follow-up (media 2,8 anni), ed è anche l’unico trial che ha previsto la possibilità di modificare la dose, non solo all’inizio della randomizzazione ma anche durante il follow-up, da 60 mg a 30 mg in base alla presenza di uno o più fattori di rischio quali, ad esempio, clearance della creatinina (CrCL) compresa tra 30 e 50 mL/min, peso corporeo uguale o inferiore a 60 kg, o uso concomitante di determinati inibitori della glicoproteina P. I risultati del sottogruppo di pazienti a rischio sono stati coerenti con quelli del gruppo principale, ottenendo un ottimo bilanciamento tra il profilo di efficacia nella prevenzione dell’ictus e degli eventi embolici sistemici e la sicurezza, con la riduzione fino al 50% dei sanguinamenti maggiori e intracranici.“La flessibilità del dosaggio inclusa sin dalla fase di randomizzazione dello studio, rende edoxaban adatto anche per pazienti anziani, fragili, che presentano co-morbidità e quindi maggior rischio di sviluppare eventi avversi. Dunque con i nuovi anticoagulanti orali è chiara la possibilità di una terapia personalizzata: il giusto farmaco per il paziente più indicato”, dichiara il Prof. Paolo Colonna, dirigente medico di cardiologia ospedaliera dell’azienda ospedaliera universitaria Policlinico di Bari e Presidente nazionale SIEC (Società Italiana di Ecografia Cardiovascolare)
Il trial HOKUSAI-VTE ha invece valutato, su un totale di 8.292 pazienti, l’efficacia di edoxaban in monosomministrazione giornaliera nel trattamento e nella prevenzione delle recidive di tromboembolismo venoso, compresa quindi l’embolia polmonare, che risulta essere la terza emergenza cardiovascolare dopo sindrome coronarica acuta e ictus, con notevole impatto in termini di morbilità e mortalità, prevalentemente nelle prime ore dall’episodio.
Grazie al lead-in di eparina, lo studio ha permesso una maggiore aderenza alle linee guida, arruolando anche il numero maggiore di pazienti a più alto rischio. In particolare in pazienti con embolia polmonare severa, con valori del biomarker NT-proBNP ≥ 500 pg/mL, si è ottenuta una riduzione delle recidive di tromboembolia venosa di circa il 50%, con una contemporanea riduzione statisticamente significativa di sanguinamenti clinicamente rilevanti, con un risultato di 7,9% rispetto al 12,8% del warfarin. “All’efficacia edoxaban affianca, dunque, un consistente profilo di sicurezza, in un ampio range di pazienti, inclusa un’alta percentuale di coloro che presentavano condizioni severe di embolia polmonare, arruolati grazie ad un iniziale trattamento con eparina. La flessibilità di dosaggio, non solo per la possibilità di ridurre la dose di 60 mg a 30 mg in popolazioni di pazienti ben precise, ma anche per quella di poter interrompere la terapia secondo il giudizio clinico, ha permesso una maggior aderenza dello studio alla pratica clinica”, ha commentato il Prof. Davide Imberti, Direttore Unità Operativa Complessa di Medicina Interna Centro Emostasi e Trombosi dell’Ospedale Civile di Piacenza.
Per una migliore comprensione degli esiti della pratica clinica reale, inoltre, tutti i pazienti sono stati seguiti per 12 mesi, nonostante sia stata lasciata al medico la scelta e la flessibilità di interrompere la terapia dopo il terzo mese, termine minimo indicato dalle linee guida.

martedì 5 maggio 2015

Edoxaban riceve parere positivo dal Comitato Europeo per i Medicinali ad Uso Umano

Ictus e tromboembolismo venoso, l’anticoagulante orale edoxaban riceve parere positivo dal Comitato Europeo per i Medicinali ad Uso Umano dell’EMA
Edoxaban parere positivo dal Comitato Europeo

Roma, 4 Maggio 2015 – Daiichi Sankyo annuncia che il Comitato Europeo per i Medicinali ad Uso Umano (CHMP) dell’EMA ha dato parere positivo per Lixiana® (edoxaban), l’inibitore selettivo orale del fattore Xa, per la prevenzione dell’ictus e dell’embolismo sistemico (ES) in pazienti adulti affetti da fibrillazione atriale non valvolare (FANV) che presentano uno o più fattori di rischio. La raccomandazione del Comitato si estende anche al trattamento e alla prevenzione delle recidive della trombosi venosa profonda (TVP) e dell’embolia polmonare (EP), le due condizioni che caratterizzano il tromboembolismo venoso (TEV).
Attualmente edoxaban è già in commercio in Giappone e negli Stati Uniti, e il parere positivo del CHMP, che giunge a pochi giorni del via libera alla commercializzazione in Svizzera, prelude all’autorizzazione da parte dell’EMA che consentirà la distribuzione di Lixiana® in tutti gli Stati europei. “La raccomandazione del Comitato per il nuovo anticoagulante edoxaban, premia ancora una volta l’impegno di Daiichi Sankyo nel raggiungere l’obiettivo di fornire nuove e più sicure opzioni di cura a un numero sempre maggiore di pazienti affetti da malattie cardiovascolari come la fibrillazione atriale non valvolare e il tromboembolismo venoso”, sottolinea Glenn Gormley, capo del dipartimento globale di Ricerca e Sviluppo Daiichi Sankyo.
Il parere positivo del CHMP sull’approvazione di edoxaban è basato sui risultati pubblicati sul New England Journal of Medicine degli studi di fase III ENGAGE AF-TIMI 48 e Hokusai-VTE, i più ampi e lunghi trial comparativi per un anticoagulante orale, che hanno coinvolto rispettivamente 21.105 e 8.292 pazienti affetti da FANV o TEV acuta. I due studi clinici hanno valutato edoxaban in monosomministrazione giornaliera per il trattamento e la prevenzione delle recidive di TEV nei pazienti con TVP e/o EP, e per la prevenzione di ictus ed embolia sistemica in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare.
Entrambi i trial hanno non solo raggiunto l’endpoint primario di non inferiorità riguardante l’efficacia, rispetto all’attuale standard di cura rappresentato dal warfarin, ma hanno anche dimostrato una significativa riduzione del rischio dei sanguinamenti maggiori nei pazienti affetti da FANV (riduzione del 20% nell’ENGAGE AF-TIMI 48) e TEV (riduzione del 19% nell’Hokusai-VTE) rispetto al warfarin.
Il comitato regolatorio europeo ha inoltre riconosciuto come positivo il profilo rischio-beneficio del regime di dosaggio a 60 mg, ridotto a 30 mg per quei pazienti che presentano uno o più fattori di rischio, quali clearance della creatinina (CrCL) compresa tra 15 e 50 mL/min, peso corporeo uguale o inferiore a 60 kg, o uso concomitante di determinati inibitori della glicoproteina P.

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