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venerdì 6 maggio 2011

Prodotti alimentari con additivi chimici?? Meglio quelli da agricoltura tradizionale...

Frodi e sofisticazioni alimentari, forzature chimiche sui prodotti gastronomici, offerte “da sballo” su referenze tradizionalmente di spicco, sapori artatamente contraffatti in laboratorio….. In una economia dove i numeri ormai fanno la differenza ci propinano chissà quali “alchimie alimentari studiate a tavolino”, con disprezzo del gusto e del territorio di provenienza, e con un occhio rivolto solo ed esclusivamente al prezzo: conquistare fette di mercato sembra essere il credo unico delle aziende…ad ogni costo!!







”Fermate il mondo, voglio scendere!!” si comincia ad udire da più parti, gridato ormai a gran voce da chi consapevolmente ha capito che questa tendenza rappresenta un’eredità, un macigno che pesantemente ricadrà sulle generazioni future: si apre insomma un’attenzione rivolta alle cose buone di un tempo, ai metodi tradizionali di produzione, quando le delizie della tavola richiedevano passione, ricette artigianali e soprattutto tanta pazienza.






Come ad esempio al tipo di coltivazione ( e relativi derivati) condotta anni addietro, la cosiddetta “agricoltura integrata” ( o produzione integrata), che prevede l'adozione di tecniche compatibili con la conservazione dell'ambiente e la sicurezza alimentare mediante minimizzazione nell'uso di prodotti chimici (fitofarmaci): rappresenta per il consumatore una certezza dell'origine, della genuinità e della freschezza delle produzioni. Si riesce, in pratica, a proteggere le risorse ambientali attraverso un basso impatto, reso possibile dall'uso coordinato e razionale di tutti i fattori della produzione, riducendo al minimo il ricorso a mezzi tecnici esterni ed estranei (cagionevoli per la natura e la salute dei consumatori), sfruttando al contrario le risorse naturali in grado di sostituire gli additivi comunemente utilizzati nell'agricoltura convenzionale: vaghi ricordi insomma di duro lavoro nei campi, fatto di sudore, polvere, fatica.…ma dalle infinite soddisfazioni!!





In particolare:



-la fertilizzazione dei terreni viene ottenuta con sostanze organiche;



-le lavorazioni del terreno vengono condotte prevenendo la degradazione della sua struttura e l'erosione;



- il controllo delle piante infestanti viene effettuato “naturalmente” limitando il ricorso al diserbo chimico. Sono compatibili con questo obiettivo, ad esempio, le false semine, le rotazioni colturali, il diserbo meccanico, ecc.






E’ evidente che da questa metodologia di coltivazione si riescono ad ottenere cibi sani e sicuri, preservando nel contempo le risorse ambientali. Come ad esempio l’olio calabrese commercializzato sul web da siti di prodotti tipici calabresi che hanno basato la loro “mission” aziendale nell’offerta di referenze genuine ed esclusive in fatto di salubrità.





Olio di ottima qualità, 100% italiano e non di incerta origine, con caratteristiche date dalla posizione geografica e perfette condizioni meteorologiche che solo la collina litoranea calabrese è in grado di offrire, con controllo continuativo che va dalla fioritura sino alla raccolta. La tecnica è quella tradizionale, prevedendo l'uso di pettini manuali e meccanici, su reti e poi in cassette da 20 kg. Il sistema più diffuso di estrazione è a ciclo continuo a freddo (T. max 27 ° C), l'olio viene estratto quotidianamente entro 2 ore massimo dalla fine della raccolta e tenuto in contenitori di acciaio inox a norma CEE. L'olio viene conservato in ambienti freschi, asciutti e lontano da fonti di calore ad una temperatura compresa tra i 12 e i 20°C.





Le caratteristiche proprie del prodotto si possono così riassumere brevemente:



VISIVO:tra il verde ed il giallo oro, lievemente opalescente.



OLFATTIVO: armonico, intenso, dell'oliva colta al giusto punto di maturazione.



GUSTATIVO: leggermente piccante, amarognolo ed intensamente fruttato.



ACIDITA': bassa acidità, con valori compresi tra 0,2-0,6% di acido oleico.





Rimarcare la qualità dell’olio della Calabria è superfluo, ma val la pena ricordare ( a mero titolo di esempio) importanti riconoscimenti ed attenzioni ottenute a livello internazionale. Quali quelle del professor White, enologo di grande fama di origine americana trapiantato in Nuova Zelanda, il quale condusse uno studio sul prodotto calabrese già 20 anni fa, deducendone che si tratta di una eccellenza tra le migliori esistenti sul mercato italiano e della Comunità europea, l’unico al mondo a garantire dai rischi di infarto.





E non dimentichiamolo, l’olio extra vergine di oliva è alimento simbolo della dieta mediterranea, un prezioso nutrimento dagli innumerevoli pregi adatto ad ogni età. Per cui val la pena scegliere e consumare solo e sempre prodotti di “spessore”. Altro che prezzi da gassosa ed offerte speciali: vale sempre il principio che “non si fa niente per niente”!!

martedì 13 luglio 2010

Consigliare e proporre ricette, oltre che vendere delizie calabresi!!

Le recenti vicende che hanno riguardato i prodotti alimentari (..non ultima quella relativa allo strano caso delle famigerate “mozzarelle blu”) hanno aperto gli occhi ai consumatori, sempre più attenti nelle loro scelte, portandoli così a diffidare dai “prezzi da gassosa” di tantissime referenze ed usando una sempre più accentuata oculatezza negli acquisti.


Giocoforza ciò porta ad una considerazione via via più spiccata verso prodotti di nicchia, magari non di consumo quotidiano, ma che in fatto di qualità, salubrità e naturalezza degli ingredienti fanno la loro bella figura nel mercato alimentare.


E tra questi è indubbio che i prodotti tipici calabresi hanno una posizione di tutto riguardo, rappresentando delle eccellenze gastronomiche uniche ed esclusive: invitanti leccornie, specialità e peccati di gola rinomati in ogni dove, forse più per il loro nome che non per l’utilizzo culinario che se ne possa in realtà fare.


Ecco il problema: l’uso e le ricette dei prodotti della Calabria, un aspetto forse poco analizzato, o meglio, approfondito, perché se è vero che sono delizie che sorprendono per il loro sapore, lo saranno ancor di più se ne sperimentiamo degli utilizzi nuovi ed alternativi, e ciò sia per propria esigenza, sia (..in particolare!!) quando c’è da sorprendere i propri commensali (…della serie “io in cucina ci so fare!!!”).


Saporidellasibaritide, portale di vendita on line di prodotti tipici calabresi, che nel corso della propria attività in rete si è distinta in fatto di correttezza, linearità e qualità delle proposte presenti sulle proprie vetrine virtuali, ottenendone feed-back di affidabilità di tutto riguardo dai propri clienti, è intervenuta in tal senso, sfruttando le prerogative che normalmente ogni buon sito ha nella propria struttura: il motore di ricerca presente in home page. Nel proprio, infatti, basta inserire la key “chicche” per vedersi aperte tutte le schede prodotto per le quali sono suggerite ricette e consigli alternativi rispetto al normale, tutte sotto l’insegna della più rigida tradizione gastronomica calabrese.


Ed i risultati sono belli e pronti: si scopre così che la rinomata nduja calabrese ha usi che vanno ben oltre il semplice “spalmato” su crostini e bruschette; che l’accattivante confettura di peperoncino offre delle soluzioni imprevedibili a tavola; che esiste, ed è oltremodo intrigante, il pesto calabrese, oltre quello genovese; che la polvere di liquirizia dice la sua, oltre che nella preparazione del relativo liquore e del gelato, in almeno altre 6 o 7 eleborazioni, ecc.


Un lavoro di rivisitazione della maggior parte delle schede prodotto intenso, approfondito, ma di sicuro interesse, mosso da un obiettivo fondamentale: che la mission di un buon sito di vendita on line è anzitutto quella di consigliare il pubblico degli estimatori del gusto e del palato, e poi vendere.


Ecco cosa si intende quando si parla di servizio al cliente!!!

mercoledì 16 giugno 2010

Frutta selezionata, ricetta della nonna ed innovazione di prodotto: questi i segreti delle marmellate di agrumi calabresi.

Preparare la marmellata in casa è una pratica ormai in disuso, forse solo qualche nonna o qualche mamma-chioccia ci delizia ancora con questi sapori naturali, che rievocano sensazioni della nostra infanzia più o meno lontana.




C’era tutto un rituale da rispettare, che si concretizzava nella scelta della frutta migliore a secondo dei più opportuni periodi di maturazione, dove polpa e buccia venivano fatti a pezzettini e cotti pazientemente in pentoloni, con un continuo e costante mescolare e ri-mescolare, senza l’ausilio di pectine chimiche, conservanti, coloranti, correttori e forzature varie che potessero in qualche modo facilitare questo arduo, ma nel contempo piacevole compito.




Ecco, era con questo procedimento tramandato da generazioni che si ottenevano le migliori conserve di frutta, da tenere in dispensa come in uno scrigno e da consumare per la prima colazione, per la preparazione di dolci e (…perché no!!) da regalare, giusto per dimostrare che in cucina “ci so fare!!”: il modo migliore per protrarre nel tempo il raccolto, godendone per tutto l'anno.




E che dire delle marmellate di agrumi, le sole che si possono definir tali a norma di legge, visto che secondo una direttiva del 1982 dell’Unione Europea, il resto dei prodotti che sono a base di frutta ma non di agrumi può essere chiamato “confettura”.


Quegli stessi sapori, quegli aromi originali e quel gusto genuino che si possono ancora gustare nei vasetti di marmellate di agrumi della Calabria proposti in rete da portali di prodotti tipici calabresi che, nella loro strategia aziendale, hanno sempre mirato alla qualità piuttosto che al prezzo delle referenze proposte.




Le loro vetrine virtuali, infatti, propongono solo marmellate di frutta fresca proveniente da zona tipica di produzione (..e la Calabria può dire la sua nella produzione di arance, limoni, e clementine in particolare!!), utilizzata in tutte le sue parti (polpa e buccia), e tassativamente senza conservanti






L’82% della frutta contenuta racconta tutta la corposità di prodotti esclusivi, di gusti e retrogusti infiniti che si ritrovano nelle varietà arance, arance rosse ed arance e limoni (due originalità che difficilmente si ritrovano sugli scaffali della grande distribuzione), e di clementine (altra chicca ancora più esclusiva, visto che proviene dalla zona in cui il prodotto è coperto dal marchio di tutela Igp).




Potreste obiettare: ma le marmellate son tutte uguali!! Sbagliato; aprite un attimo la vostra dispensa e provate ad indagare nelle etichette di quelle che avete in casa: scommettiamo che non trovate più del 40/50% di frutta contenuta?? E ricordatelo: il loro consumo maggiore è fatto dai bimbi!!




Una particolare lavorazione caratterizza poi la marmellata di limoni: a primo impatto ci si aspetta un prodotto un po’ più acre e deciso, dunque ideale per i palati più forti. Ed invece no, perchè prima della lavorazione il frutto viene leggermente bucherellato sulla buccia ed immerso per qualche istante in acqua bollente: ecco un accorgimento tramite il quale si riesce a levare l’asprezza tipica dell’agrume, preservandone in ogni caso tutto il suo gusto.







Alla produzione di marmellate per così dire “storiche” si è provveduto ad accompagnare una evoluzione di prodotto, sempre sfruttando altre eccellenze tipiche della regione, quali la liquirizia ed il peperoncino.




Ed ecco partorita la confettura di clementine e liquirizia che si accompagna bene a formaggi cremosi con componenti acidule e struttura compatta. La "crescenza" o lo "stracchino" ad esempio, anche facendo riferimento al bel contrasto cromatico medioscuro/candido. Spalmata su di una semplice torta al cacao con copertura di cioccolato o zucchero a velo, appalesando l’eccezionale accordo cioccolato/liquirizia/marmellata, di certo apprezzato da grandi e piccini.




E quelle di clementine e peperoncino, o arance e peperoncino, non eccessivamente piccanti, beninteso: si tratta di un sapore che completa quello della frutta, un retrogusto ben gradito anche da chi non è abituato al sapore "deciso" del peperoncino. E' consigliata per originali antipasti, su crostini, tortine, pane arrostito, formaggi in genere. Oppure per dare un tocco di originalità alle scaloppine di vitello, pollo o sulle carni lesse in genere (è consigliabile porre il prodotto a fine cottura). O mista con la ricotta, per guarnire salatini e pizzette da antipasto. O nell'uso dolciario: crostate (c.d. Crostata del diavolo), torte, bocconotti ed altre delizie avranno così un tono decisamente diverso.




E visto che anche l’occhio vuole la sua parte, anche il packaging è stato curato a modo: il vaso orcio usato in numerose referenze quasi consiglia di non aprirle e consumarle, quanto di riporle in cristalliera, piuttosto che in cucina.




Torna sempre, insomma, il claim ricorrente per ogni prodotto di nicchia: deliziarsi con novità, nel rispetto della tradizione. E stavolta sorprendendo anche la vista!!

venerdì 14 maggio 2010

Per gli appassoniati dei buoni gelati: ecco la ricetta di quello alla liquirizia calabrese.

Che sciccheria, il gelato alla liquirizia: eccezionale d’estate (…è il gusto trendy della prossima stagione); esclusivo ed intrigante in ogni momento per via del suo sapore forte e corposo, che delizia sempre; altamente digestivo alla fine di ogni pasto importante. E’ un gusto che non molte gelaterie hanno ancora sperimentato tra le loro proposte, ed allora, all’occorrenza, ecco che sovviene il “fai da te”, anche perché, come in molti sanno, l’esclusività e l’originalità distingue e sorprende sempre gli ospiti, i commensali, insomma amici e conoscenti: della serie….“fare un figurone”!!



E se il gelato fatto in casa deve essere davvero buono ed unico, è inutile sottolinearlo, “occhio agli ingredienti”!!



Le varie ricette in rete lo propongono utilizzando la liquirizia in tozzetti, da spezzettare e tritare all’occorrenza: ma quanta fatica!!....e quanti residui, a fine lavoro!! Oppure con le classiche rondelle di liquirizia, che regalano più il sapore di gomma arabica che altro.



Indubbiamente la migliore preparazione si ottiene utilizzando la polvere di liquirizia, “tassativamente calabrese” (o puro succo di liquirizia), proposta in rete da siti di vendita on line di prodotti tipici calabresi: infatti, come asserito dall’autorevole Enciclopedia Britannica argomentando sulla materia prima – la migliore qualità di liquirizia “is made in Calabria”; essa proviene dalle medesime aziende che producono le confetterie derivate da questa fantastica ed esclusiva radice, mosse da uno dei principi essenziali del nostro sud secondo il quale, anche dalla liquirizia, “non si butta via nulla”.


In tali casi, infatti, il preparato che se ne ottiene non avrà residui e grumi, dato che la materia prima regala tutta la sua corposità ed il suo esclusivo gusto al gelato, sciogliendosi integralmente con estrema facilità.



Il procedimento suggerito per ottenere “il re” dei gelati alla liquirizia è il seguente:



Ricetta del gelato alla liquirizia calabrese.



Ingredienti: polvere di liquirizia 100 g, latte 300 g, zucchero 150 g, panna 350g.



Preparazione: mettete in una casseruola il latte con lo zucchero e la liquerizia. Fate scaldare a fiamma bassa mescolando spesso ma senza mai far bollire fino allo scioglimento della liquerizia. Fate poi raffreddare e incorporate la panna montata. Versate nella gelatiera per circa una mezz'ora.



All’occorrenza, guarnire le coppette con foglioline di menta (magari surgelate) o altra ghiottoneria (confettini al cioccolato, ecc.), visto che il connubio di gusto si sposa davvero alla grande.



Naturalmente la polvere di liquirizia va bene se ne preferite una spolverata anche su altre tipologie di gelato: alla panna, al cioccolato, al pistacchio…..tanto, la liquirizia non vi dirà mai di no!!

lunedì 1 marzo 2010

Salumi Dop di Calabria:eccellenze che parlano di naturalezza e passione.

I salumi di Calabria risalgono al periodo della colonizzazione greca, preparati con carni provenienti da suini allevati in loco, con l’aggiunta di ingredienti aromatici naturali (cumino, pepe nero, pepe rosso, peperoncino). La loro stagionatura è variabile in funzione delle tipologie produttive da un minimo di 30 giorni ad un massimo di 100 giorni. L’area di produzione (l’intera regione) e trasformazione è caratterizzata da un legame con l’ambiente determinato dal tipico clima del meridione italiano.


Fra i testimoni della loro bontà si annovera Giacomo Casanova che narra, nelle sue memorie, di aver banchettato presso la mensa del vescovo Francescantonio Cavalcanti. Qui li assaggiò con particolare godimento giudicandoli in assoluto i migliori.


Squisiti capolavori di genuinità che nascono dalla scelta accuratissima di carni caratterizzate dal miglior rapporto tra parti grasse e magre. Referenze prive di additivi, insaccati in budello naturale, vengono stagionati naturalmente in condizioni ideali di temperatura e umidità, senza avvalersi di mezzi meccanici che anticipano forzatamente il momento in cui possono considerarsi “a puntino” per il consumo domestico. Questa è l’essenza caratterizzante dei salumi calabresi, acquistabili on line su portali di prodotti tipici calabresi, i quali si approvvigionano presso locali macellerie piuttosto che presso salumifici, e che nel corso della loro attività hanno ottenuto rilevanti feed.back di affidabilità da parte degli utenti serviti in precedenza.


La relativa produzione e conservazione inizia nel periodo più freddo dell’anno, in inverno, proprio in prossimità delle festività natalizie, quando il clima rigido assicura, oltre che una più salubre lavorazione delle carni, una più semplice e veloce stagionatura. Da qui inizia poi il periodo di conservazione degli stessi, che se in passato avveniva in maniera particolare (conservazione in appositi contenitori di terracotta- i tarzaruli - con olio o grasso) nelle recenti tecniche prevede l’uso del sottovuoto, che garantisce l’eccellenza del prodotto nel corso dell’intero anno. Facile, dunque, che verso fine estate i menzionati portali si ritrovino in sottoscorta, visto che l’umidità dei mesi più caldi non favorisce la stagionatura ottimale, e ribadito il concetto che la tradizione della regione rifiuta l’ausilio di mezzi meccanici a tal fine.



Niente di trascendentale, per conservare una tradizione culinaria che si tramanda da anni, per non dire da secoli, e vista l’importanza che nella regione assume l’allevamento del suino dal quale, come da rinomata consuetudine “non si butta via nulla”. Qualità, schiettezza, gusto e salubrità delle varie tipologie che è oltremodo assicurata dallo specifico disciplinare, previsto dal Consorzio di Tutela dei Salumi di Calabria Dop, richiesto ed ottenuto dall’UNIONE EUROPEA con il Regolamento CE 134/98.



In particolare le quattro DOP dei salumi di Calabria tutelati dallo specifico consorzio di tutela sono:


- la salsiccia di Calabria DOP, salume dalla forma cilindrica, intrecciata nella caratteristica forma a catenella, a breve stagionatura ricavato dall’impasto delle carni della spalla e della sottocostola dei suini con lardo ed ingredienti aromatici naturali. La lavorazione inizia quando la temperatura interna è compresa tra 0° e 3°C. La percentuale di grasso contenuto nell’impasto deve essere compresa tra il 15 ed il 20 per cento. L’impasto viene insaccato in budella naturali di suino, successivamente forate e quindi intrecciate a mano nella caratteristica forma a catenella;


- la soppressata di Calabria DOP. Fare la soppressata è davvero un’arte. Essa si presenta di forma cilindrica e leggermente schiacciata della lunghezza di cm 15 circa e del diametro di cm 6 circa, con un peso variabile a seconda della pezzatura, è un salume simile alla salsiccia, ma più stagionato e di forma diversa. Caratteristiche tipiche: la goccia del primo taglio, indice di perfetta stagionatura e di qualità; l’aspetto compatto dal colore rosso naturale o rosso vivace uniforme; il sapore più o meno piccante, a seconda degli aromi utilizzati, con sapidità equilibrata;

- la pancetta di Calabria DOP. Ricavata dal sottocostato inferiore dei suini, è una pancetta tesa, ovvero si presenta in forma rettangolare. Il periodo di stagionatura è di almeno trenta giorni, in locali con umidità relativa e temperatura controllate. Una volta affettata, la pancetta si può mantenere in frigorifero, avvolta in un panno;

- il Capocollo di Calabria DOP è un prodotto di salumeria dalla forma cilindrica, ottenuto dalle carni della parte superiore del lombo dei suini, avvolto in pellicola naturale e legato a mano con spago. Alla vista presenta un colore roseo o rosso più o meno intenso, per la presenza di pepe nero o peperoncino rosso macinato. Al taglio si presenta di colore roseo vivo, con striature di grasso proprie del lombo suino. Il sapore è delicato e si affina con la maturazione, il profumo è caratteristico e di giusta intensità. Una volta affettato, il Capocollo si può conservare in frigorifero, ma per un arco di tempo inferiore.

La 'Nduja: anche se non può annoverarsi tra i menzionati salumi dop della regione, senza dubbio rappresenta uno dei più rinomati prodotti tipici calabresi. Un terzo di peperoncino, due terzi di carne di maiale e una leggera affumicatura...così nasce la nduja. Morbido e particolarmente piccante è un alimento tipicamente associato, come avviene per il peperoncino, a tutta la Calabria. Preparata con le parti grasse del suino, con l'aggiunta del peperoncino piccante calabrese, è conservata nel budello cieco (orba), per poi essere affumicata.




Una vera festa ed esplosione di sapori naturali, dunque, che allieta ogni mensa, gratificando in modo esclusivo il palato, ed elevando ogni occasione di consumo e lieto convivio.

venerdì 5 febbraio 2010

Una passeggiata tra i sapori calabresi: la pasta artigianale, buona come una volta!!

In Calabria la pasta tipica è un alimento che ha forti radici in una antica tradizione, visto che viene lavorata tassativamente a mano all'interno delle famiglie. Vecchie gesta di mani esperte delle massaie calabresi, che si ripropongono con consuetudine e sistematicità ancora oggi, considerato lo spessore che i primi piatti assumono nella regione; un'importanza fondamentale per un impasto semplice, prodotto solo con le migliori semole di grano duro, acqua pura delle sorgenti montane e sale (meno presente l'uovo), per ottenere una preparazione proprio come impone l'arte della cucina calabrese. Piatti essenzialmente poveri, ma dei quali potevano disporre solo quanti avevano farina bianca in casa, e non sempre peraltro, considerate le condizioni di miseria dei tempi passati.

Un uso che è tornato fortemente negli anni recenti, per riproporre in tavola i sapori di un tempo, cercando di uscire dai "sapori appiattiti" delle produzioni industriali, elevandosi al contrario e sempre più a ruolo di piatti unici ed esclusivi. Una volta, infatti, la pasta usata in particolare sulle tavole calabresi era tutta pasta fatta in casa, preparata con grande maestria dalle donne di famiglia, nel pieno rispetto di tassativi rituali e con una dovizia e cura dei particolari processi, dal dosaggio degli ingredienti alle varie fasi di lavorazione, financo nella cottura.

Secondo la tradizione della regione una ragazza è pronta per prender marito solo quando è capace e conosce a fondo tutti i 15 modi di preparare la pasta fatta in casa; ovvero, gli uomini sceglievano le donne da sposare anche in virtù della loro capacità di lavorare e saper fare la pasta.

Se l'arte della pasta si è conservata fino ai nostri giorni, costituendo ancora la base del pasto quotidiano, perché privarsi di un alimento basilare della nostra mensa, scegliendo quella migliore e che garantisca un apporto davvero "nutrizionale"?? La scelta dei grani più opportuni, delle migliori semole, il rispetto dei processi di essiccamento è infatti basilare per poter ottenere un prodotto davvero all'altezza, evitando che tutti gli elementi essenziali al nostro organismo si disperdano al contrario nell'acqua di cottura.

Facile a dirsi, non impossibile a realizzarsi, visto che in rete ci sono siti di prodotti tipici calabresi che propongono nelle loro vetrine virtuali paste calabresi che ben possono assimilarsia quelle della tradizione regionale, quasi fossero state prodotte in casa secondo antica ricetta, e senza dubbio elevandosi rispetto alle produzioni massive della grande distribuzione.

Certo non si tratta delle paste di ogni giorno, ma ogni tanto val la pena concedersi piccole trasgressioni a tavola.

Le varietà proposte sono numerose, ognuna appetitosa ed interessante: che dire, ad esempio dei "Fileja", per la quale in passato si utilizzava u firriettu, un ferro da calza o anche quello ricavato da un vecchio ombrello in disuso, intorno al quale si avvolge la pasta per farle assumere la caratteristica forma arrotolata, tramite la filatura, ovvero un filo omogeneo di circa 0,5 cm. di diametro, spezzato in pezzi di 20-30 cm. di lunghezza; a questo processo segue poi quello della trafilatura, che consente di dare ai Filei la particolare forma ricurva, tramite un bastoncino sottile di legno o ginestra essiccata. Tradizionalmente questo formato si condisce con sugo di pomodoro fresco, o con un corposo sugo di carne (capra e maiale), e con una buona spruzzata di pecorino o ricotta secca, naturalmente quelle calabresi.

Una preparazione analoga si ha anche per i "Maccarruni" e i "Fusilli", piatti antichi per eccellenza; anche per questi, proprio come visto per i filei, si utilizza u firriettu. L'essenzialità di questo strumento di cucina, come per quello delle necessarie ed opportune basi di legno (Madia), è ribadito dalla importanza che questi assumevano nel corredo matrimoniale: una buona sposa, infatti, li doveva annoverare entrambi negli oggetti avuti in dote dalla sua famiglia d'origine, proprio come al giorno d'oggi varrebbe per un forno a microonde o altro indispensabile elettrodomestico.

I cavatelli dimostrano tutta la capacità e maestria della massaia nel saper fare la pasta: infatti occorre impastare gli ingredienti in modo da ottenere un impasto duro, altrimenti col riposo sulla spianatoia (coperto da una ciotola, per almeno mezz'ora) ammorbidisce troppo ed è più difficoltoso da lavorare. Dopodichè occorre prendere un pezzo di pasta, fare un rotolino di circa 1cm di diametro, con un coltellino staccare un piccolo pezzo che va premuto col pollice dell'altra mano contro la punta del coltello, poi si schiaccia la lama sul tavolo ruotando brevemente e trascinando il cavatello.

Siamo in Calabria, ed è normale che "sua maestà il peperoncino" da il suo contributo nel condimento della pasta da portare in tavola, giusto per fornire un'ulteriore tocco di schiettezza alle varie portate. In particolare, formati quali i "fusilli" o i "filei" sono proposti dalle varie aziende in rete nella variante piccante, laddove la preparazione a monte del prodotto avviene con un'altra sciccheria della regione: la bomba calabrese, gigante per antonomasia dei sottoli di queste terre, a base di verdure (melanzane, carciofi, aglio, alloro e naturalmente peperoncino calabrese), funghi ed olio.


Come dire, prendere due piccioni con una fava!!

giovedì 10 dicembre 2009

Peccati di gola del Natale calabrese: i dolci tipici, tutti secondo tradizione.



Vivere nei grandi centri significa tante volte non rinnovare degli usi e delle consuetudini di una volta, cose che più di ogni altra fanno rievocare l’aria delle feste natalizie, quella dei bei tempi ormai passati, quando il periodo di fine anno era il rinnovarsi di modi di vivere particolari, di una solidarietà tra le genti unica, e non festa di mero ed esclusivo consumismo, quando ci si ricorda delle persone più care giusto “perché si fa così”. E ciò perché il frenetico tran-tran quotidiano ci porta a non aver più tempo per le piccole cose che danno un gusto unico alla vita.

Nei piccoli centri calabresi ci sono invece usi che si ripropongono di anno in anno, in particolare quello di “mettere la frissura” il primo dicembre, un modo come un altro per dare il benvenuto al periodo dell’ avvento. Si provvede, cioè, alla produzione in casa di dolci tipici della tradizione locale, un sapore, un aria, un gusto unico che inebria i vicoli dei vari centri, e dove è consuetudine, oltretutto, offrire vicendevolmente parte della propria produzione ai vicini e parenti più prossimi, laddove i più piccini sono dediti a far da fattorini nello scambio di piatti e guantiere, ricevendone in cambio qualche piccola mancia.

Alcune di queste “prelibatezze” di pasticceria si possono acquistare su
siti di commercio elettronico di prodotti tipici calabresi, che si rivolgono ad affidabili pasticceria per poter disporre di queste golosità ottenute secondo norma (confezionamento, etichette e quant’altro), dunque con un grado di sicurezza ed igiene all’altezza delle aspettative.

E tra le varie ghiottonerie dolciarie del periodo si ritrova, così la giurgiulena. Il sesamo, si sa, è alimento basilare nella cucina araba in genere, ed il nostro meridione è stato per lungo tempo influenzato da questo popolo, in Calabria in particolare ha lasciato l'uso del prodotto in questo dolce tipico natalizio: la giurgiulena. Si tratta di un torrone lavorato con miele, mandorle, zucchero, confettini colorati ed aromi di arancia in modo tradizionale, sì da mantenere per lungo tempo la sua fragranza e il suo sapore inconfondibile, tagliato a tozzetti romboidali.

La pasta confetto
rappresenta un’altra originale ghiottoneria decembrina. Di forma irregolare, c’è chi punta ad una forma quasi sferica, chi la preferisce di forma oblunga. La ricetta originale non prevede l’uso di lievito chimico, in quanto la pasta confetto deve crescere in padella con un movimento lento e costante, conferito all’olio di cottura in movimento. Terminata l’operazione di cottura le forme sferiche si addensano in una pentola mediante il miele.

I crustuli, turdilli o cannaricoli calabresi, sono dei tozzetti di pasta frolla, ove ingredienti essenziali per la relativa produzione sono farina, acqua, vermouth, olio di oliva, miele, sale. Una chicca di questo prodotto: nei decenni passati questo era sì uno dei tipici dolci natalizi, ma in epoca di ristrettezza e di magra come allora, allorquando le merendine e le brioss erano di là da venire, i crustuli si conservavano nei tradizionali “tarzaruli”, contenitori di creta o argilla dotati di apposito coperchio in legno, e si consumavano fino a primavera inoltrata.

La riganella è un dolce e/o pane tipico del rituale delle comunità Arbëreshë (albanesi), presenti in vari centri in Calabria (ma anche in Basilicata, Puglia e Sicilia) per sfuggire secoli addietro ai saccheggi dei turchi; ma anche delle comunità delle Presila Greca con qualche variante anche nel nome, ove viene detta “la riganata”. Nei rituali calabresi è sempre presente il significato di rigenerazione ciclica della vita, che si esprime attraverso le forme, legate nella maggior parte dei casi al cerchio ed alla spirale. E’ difficile darne uno spessore storico certo; ma è inevitabile qualche confronto con mosaici tardo-medioevali .

Sono tutte produzioni assolutamente naturali, senza l’uso di addensanti e conservanti, come tassativamente richiesto dalle ricette tradizionali.

Qualche “ peccatuccio di gola” che nel periodo natalizio val proprio la pena regalarsi: per la dieta......magari ne parliamo a gennaio!!

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