Da paese di emigrazione siamo diventati meta di immigrazione, ma ora la crisi ha aperto una terza fase, con calo degli arrivi e aumento delle partenze. Le criticità italiane restano il calo della popolazione in età lavorativa (meno 11 milioni entro il 2050) e l'invecchiamento (3,6 milioni di ultraottantenni in più), insostenibili senza l'apporto migratorio: entreremo così 'in concorrenza' con i paesi in via di sviluppo, nuova destinazione degli emigrati. Questi i temi di un libro di Corrado Bonifazi dell'Irpps-Cnr, presentato a Roma martedì 21 gennaio
Da paese di migranti, negli ultimi decenni l'Italia è diventata una delle mete principali dei grandi flussi migratori internazionali. Ma l'attuale crisi sta aprendo una nuova fase, con una riduzione del fenomeno immigratorio. A dirlo, Corrado Bonifazi, ricercatore dell'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Irpps-Cnr) e autore del libro 'L'Italia delle migrazioniʼ (Il Mulino), che sarà presentato martedì 21 gennaio alle ore 15.00 a Roma, presso l'aula Marconi del Cnr (piazzale Aldo Moro, 7).
"La prima globalizzazione, tra 1870 e 1914, ha spinto a espatriare 14 milioni di italiani, che gettarono le basi delle nostre comunità all'estero che ancora contano 4,2 milioni di componenti. La seconda globalizzazione dei giorni nostri ha fatto salire il numero di stranieri residenti dai 356 mila del 1991 ai 4,3 milioni attuali", spiega Bonifazi. "Questa crescita ha pochi riscontri nella storia delle migrazioni internazionali. Le ragioni stanno nella crescita economica del nostro Paese, soprattutto al Centronord, ma anche nelle carenze strutturali del mondo del lavoro e nel declino demografico". Gli italiani in età lavorativa nazionale sono diminuiti di 3,2 milioni di unità tra il 1991 e il 2011, nel contempo il numero degli ultraottantenni è raddoppiato da 1,9 a 3,6 milioni.
"La crisi economica potrebbe rappresentare un punto di svolta. In questi ultimi anni si registra un aumento dei pur contenuti flussi degli italiani verso l'estero, dalle 40 mila unità del 2010 alle 68 mila del 2012", prosegue il ricercatore Irpps-Cnr. "Il saldo migratorio è ancora positivo ma è sceso dalle 493 mila unità del 2007 alle 245 mila del 2012. In particolare, la bilancia migratoria interna del Mezzogiorno è negativa da più di un secolo, con una perdita annua nell'ultimo periodo di 40-50 mila unità annue". Contrazione degli arrivi e aumento delle partenze interessano del resto tutta l'Europa in recessione. In Spagna il saldo migratorio positivo per 731 mila unità nel 2007 è diventato negativo nel 2011 con una perdita di 50 mila persone, anche in Irlanda si è passati a valori negativi.
"Lo scenario mondiale potrebbe cambiare, poiché i poli di sviluppo del Terzo mondo, mantenendo l'attuale trend di crescita, sono destinati a diventare a loro volta mete migratorie", conclude Bonifazi: "Le maggiori difficoltà potrebbero incontrarle paesi come l'Italia, dove i cittadini in età lavorativa sono destinati a diminuire di 4 milioni di unità tra il 2015 e il 2030 e di altri 7 milioni dal 2030 al 2050, mentre gli ultraottantenni aumenteranno rispettivamente di 1,4 e 2,2 milioni. Uno scenario insostenibile senza un adeguato apporto migratorio, per il quale c'è però bisogno che l'Italia mantenga un livello di reddito elevato che non è scontato", conclude Bonifazi.
Alla presentazione intervengono con l'autore: Luigi Nicolais, presidente del Cnr; Riccardo Pozzo, direttore del Dipartimento scienze umane del Cnr; Antonio Golini, presidente dell'Istat; Gianpiero Dalla Zuanna, senatore e professore ordinario dell'Università di Padova; Berardino Guarino, Fondazione centro Astalli. Modera Marco Ferrazzoli, capo ufficio Stampa Cnr.
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