Monsignor Giovanni Carrù, Segretario della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra dal giugno 2009, descrive l’affresco che rappresenta l’adorazione dei Magi, all’interno delle catacombe di Domitilla sulla via Ardeatina. La scena dell’affresco rileva la presenza di 4 Magi (e forse anche di più).
Negli affreschi nelle catacombe di Domitilla
I tre magi erano quattro (o forse anche di più)
di Giovanni Carrù
Le catacombe di Domitilla sulla via Ardeatina hanno origini veramente antiche, se, come riferiscono le fonti e denunciano le realtà archeologiche, mostrano una cronologia che prende avvio nel II secolo. Il nome pare rimandare a una Domitilla che doveva appartenere alla famiglia di Domiziano, forse la sorella o la nipote dell’imperatore, esiliata nell’ isola di Ponza o in quella di Ventotene per aver aderito al cristianesimo. Il complesso catacombale conserva ancora un ipogeo dei Flavi di origine pagana, poi cristianizzato attraverso affreschi desunti dal repertorio biblico. La parte più interessante della catacomba è presso la scala dell’attuale ingresso, ai piedi della quale si apre una delle basiliche ipogee più antiche e più estese della Roma sotterranea cristiana. Molte tombe sono decorate ad affresco e mostrano le immagini salienti della storia della salvezza. Merita di essere ricordato l’affresco che rappresenta l’adorazione dei Magi, secondo uno schema originale. Al centro del bianco campo rettangolare, infatti, si riconosce Maria seduta in cattedra vestita di un’ampia tunica chiara con clavi purpurei, mentre sostiene sulle ginocchia il Bambino. La Madre solleva la mano destra, come per accogliere quattro personaggi, disposti in coppie simmetriche ai suoi lati, tra serti floreali. Le quattro figure incedono verso la Madre e il Bambino portando vassoi colmi di doni, e vestono abiti all’ orientale, con tuniche corte, mantelli, brache e berretto frigio. Il numero dei Magi, così come compare in questo affresco riferibile alla prima metà del secolo IV, non deve meravigliare, in quanto Matteo, riferendo l’episodio dell’adorazione ricorda soltanto che «alcuni Magi giunsero da Oriente» (2, 1) senza specificarne il numero. Il fatto che nell’ iconografia tradizionale e nella letteratura più tarda prevalga un numero ternario dipende presumibilmente dai doni che recarono al Bambino. Se, infatti, già in età antica, le rappresentazioni iconografiche raffigurano tre Magi, come nella celebre cappella greca di Priscilla del III secolo, non mancano casi in cui gli offerenti variano in numero di due, quattro e persino sei. L’ episodio dell’adorazione dei Magi assume un significato simbolico, specialmente per la particolarità e la rarità dei doni. L’ oro, rappresentato nelle prime figurazioni in forma di corona, vuole alludere alla regalità del Cristo, e il simbolico tributo dei popoli vinti al sovrano vincitore, che ripropone il gesto solenne dell’Aurum coronarium attribuito all’ imperatore romano. Anche l’incenso, che si eleva verso il Cristo vuole sottolineare la sottomissione dei potenti della terra nei confronti del divino, replicando una prassi pagana che contemplava la supplica presso gli altari del sacrificio. La mirra, infine, allude all’ umanità del Cristo, in quanto unguento prezioso per imbalsamare i corpi dei defunti. È sintomatico che la rappresentazione dell’adorazione dei Magi entri tanto precocemente nel repertorio figurativo paleocristiano: l’arte dei primi secoli accoglie immediatamente la componente simbolica che attribuisce ai Magi la funzione dei sapienti e dei potenti che si prostrano dinanzi al Re Bambino. Attorno alle figure dei Magi si è creata, nel medioevo, e, segnatamente, nel XII secolo un’affabulazione leggendaria che attribuisce i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre ai tre re, anche se un graffito rinvenuto nel complesso monastico egiziano di Kellia, riferibile al VII-VIII secolo, pare già menzionare i nomi Gaspar, Belchior e Bathesalsa.
(didascalia: L’ omaggio dei magi a Maria nel cimitero di Domitilla)
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