Andrea Tortelli, giornalista professionista e fondatore di Giornalisti Social (www.giornalistisocial.it), la più grande comunità italiana di giornalisti sui social media con oltre 26 mila iscritti, interpellato su questi dati spiega: “La situazione della professione è decisamente complessa e - come emerge dall'indagine - le contraddizioni sulla percezione del fenomeno social non mancano: da una parte cresce la consapevolezza che i social sono strumenti di promozione e autopromozione sempre più importanti, dall'altra in pochi hanno capito che la carta non può rappresentare il futuro, e che non rappresenta già più il presente. In questo contesto, la parte più conservativa è rappresentata, a mio avviso, da coloro che sono rimasti all’interno dei giornali e vedono con diffidenza il nuovo scenario del digitale, del mobile e dei social, guardando alla professione con una visione più tradizionale. Poi ci sono i colleghi che le garanzie del Contratto nazionale giornalistico le hanno perse o non le avranno mai, che interpretano il lavoro del giornalista in maniera più aperta, ma a volte contraddittoria, nella consapevolezza che - come indica anche una ricerca del Censis - oggi i social sono la prima fonte di informazione per la gran parte degli italiani. Questo contrasto si evidenzia anche negli spazi on line che gestisco - come il gruppo Giornalisti italiani su Facebook, con i suoi 18mila iscritti - in cui il dibattito è talmente acceso da sfiorare la rissa verbale su alcuni temi".Inoltre nelle 2 indagini viene evidenziata la tendenza dominante nell’industria editoriale in merito alla compatibilità dei format della testata con gli smartphone (54%), convinti della fruizione di notizie da parte del pubblico tramite apparecchi mobili. Segue la necessità di offrire contenuti multimediali (41%), per raggiungere il target “always on” che ha bisogno di una molteplicità di canali.
Sul futuro dell’advertising, ne individuano il futuro nella forma “native” mentre gli americani sono nel 47% dei casi neutrali (e il 28% negativi).Il rapporto fra giornalisti e professionisti della comunicazione non ha subito modifiche per il 48% degli intervistati che continuano a fidarsi in egual misura, mentre per gli americani non è cambiato per il 66% degli intervistati.Il 25% dei giornalisti italiani dichiara di fidarsi dei professionisti meno che in passato e il 20% invece ha aumentato la fiducia.Per quel che riguarda i materiali, la preferenza è sempre per il tradizionale comunicato stampa, seguito da immagini/video/sondaggi, dati, studi che facilmente possano essere “notiziati”. Resta la posta elettronica il canale di comunicazione migliore perché offre un testo già completo e composto a uso del giornalista.E’ pari al 43% la percentuale di giornalisti che dichiara di sentirsi, in alcune occasioni, obsoleto e poco al passo con i tempi. Curiosamente, il dato non sembra correlato all’età. Probabilmente la sicurezza professionale dei giornalisti di “lungo corso” consente loro di percepirsi adeguati anche e nonostante la rapidità delle innovazioni tecnologiche che trasformano inevitabilmente la professione.
Il giornale cartaceo sembra avere ancora lunga vita per gran parte del campione: il 35% si dichiara sicuro che ci sarà ancora fra 10 anni, un ulteriore 48% ritiene che sia probabile. Tuttavia, il 61% deigiornalisti italiani non consiglierebbe ad un giovane di intraprendere la carriera di giornalista.
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