"Con questa nuova tragedia si sono avverati i nostri peggiori timori sulla fine dell'operazione di ricerca e soccorso Mare nostrum. Stanno emergendo le prevedibili conseguenze dell'assenza una sostituzione adeguata di quell'operazione da parte dell'Unione europea" – ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International.
"La crisi umanitaria che aveva reso necessaria l'operazione Mare nostrum non è finita. Mentre le persone continuano a fuggire dalla guerra e dalla persecuzione e centinaia di esse a morire in mare, gli stati membri dell'Unione europea devono smetterla di nascondere la testa sotto la sabbia" – ha proseguito Dalhuisen.
Secondo l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, il numero dei migranti irregolari giunti via mare nel gennaio 2015 è aumentato del 60 per cento rispetto a un anno prima, quando Mare nostrum era in funzione. Questo rende priva di senso la tesi che l'operazione di ricerca e soccorso in mare di cui tanto è stata celebrata la fine avesse incoraggiato i migranti a intraprendere viaggi pericolosi nel Mediterraneo.
L'operazione dell'Unione europea denominata Triton, definita come avvicendamento di Mare nostrum, non è finalizzata alla ricerca e al soccorso in mare, non opera di norma in acque internazionali e risulta significativamente ridotta come margine d'ampiezza.
"Basta fare una semplice equazione: se le persone che intraprendono viaggi pericolosi aumentano e le risorse destinate alla ricerca e al soccorso diminuiscono, vi sarà un numero maggiore di morti" - ha osservato Dalhuisen.
Il 9 febbraio, 29 migranti sono morti - per lo più per ipotermia - dopo che la Guardia costiera italiana aveva soccorso un gommone con 106 persone a bordo, bambini compresi. La Guardia costiera ha dichiarato che le operazioni di soccorso sono state rese particolarmente difficili dalle cattive condizioni metereologiche, con onde alte fino a otto metri e la temperatura prossima allo zero.
Secondo quanto riportato dalla stampa italiana, nove sopravvissuti che erano su altre due imbarcazioni hanno dichiarato alla Guardia costiera che a bordo di esse si trovavano altri 200 migranti mentre una terza imbarcazione – secondo notizie ancora da confermare – sarebbe scomparsa con 100 persone a bordo, nessuna delle quali sopravvissuta. Secondo la Guardia costiera, le persone morte sarebbero giovani dai 18 ai 25 anni provenienti dall'Africa subsahariana.
"La Guardia costiera ha fatto tutto il possibile con le risorse che aveva. Chiaramente, non è bastato. Se gli stati membri dell'Unione europea non s'impegneranno ad aumentare significativamente le attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, tragedie come queste non potranno che moltiplicarsi" – ha concluso Dalhuisen.
Una missione di ricerca, guidata da Matteo de Bellis, campaigner del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International, è in partenza per Lampedusa per raccogliere testimonianze dai sopravvissuti e sarà disponibile per interviste a partire dalla mattina del 12 febbraio.
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