Aasia Bibi, condannata a morte in Pakistan nel 2010 per blasfemia, è stata assolta dalla Corte suprema che nel 2015 aveva accolto il ricorso della donna e accettato di riesaminare il caso.
"Siamo di fronte a un verdetto storico e a un'importante vittoria per la tolleranza religiosa. Per quasi otto anni, Aasia Bibi, una povera contadina cristiana e madre di cinque figli, ha vissuto in un limbo, rischiando l'esecuzione sulla base di prove infondate. Coloro che in questi anni si sono espressi in suo favore hanno ricevuto minacce di morte o sono stati addirittura uccisi", ha dichiarato Omar Waraich, vicedirettore di Amnesty International per l'Asia meridionale.
"La vicenda di Aasia Bibi è stata usata per aizzare folle violente di facinorosi, per giustificare l'assassinio di due alti rappresentanti delle istituzioni nel 2011 e per intimidire fino alla sottomissione lo stato pachistano. Ora dev'essere lanciato un messaggio forte e chiaro: le leggi sulla blasfemia non saranno più utilizzate per perseguitare le minoranze religiose, da tempo sofferenti", ha concluso Waraich.
Ulteriori informazioni
Aasia Bibi era stata condannata a morte nel novembre 2010 a seguito dell'accusa di blasfemia mossa nei suoi confronti un anno prima. Pochi giorni dopo la condanna l'allora governatore dello stato del Punjab si era recato a trovarla in carcere suggerendole di chiedere la grazia al presidente del Pakistan e aveva avviato una campagna per il suo rilascio.
Taseer fu assassinato nel gennaio 2011 dalla sua guardia del corpo. Due mesi dopo fu la volta di Shahbaz Bhatti, all'epoca unico esponente cristiano del governo.
Le leggi sulla blasfemia in vigore in Pakistan sono ampie, generiche e coercitive. Vengono usate per prendere di mira minoranze religiose, perseguire vendette personali e farsi giustizia da soli da parte di gruppi di facinorosi.
Le persone accusate di blasfemia sulla base di prove esigue o inesistenti devono lottare con tutte le loro forze perché sia riconosciuta la loro innocenza mentre gruppi violenti cercano di intimidire la polizia, i testimoni, i procuratori, gli avvocati e i giudici.
Roma, 31 ottobre 2018
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