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mercoledì 25 novembre 2015

Avvocato Sergio Lupinacci, Rifugiati Politici “Oltre l'Europa della paura"

“Non basta fare il bene, bisogna anche farlo bene” (Denis Diderot)
Sergio Lupinacci *
Lupinacci sostiene che la tempesta migratoria che sta colpendo l’Europa negli ultimi anni, e con sempre maggiore intensità, da quando le carestie dal sud del mondo si sono saldate con i sanguinosi esiti delle primavere arabe, porta inevitabilmente la nostra attenzione sull’archetipo giuridico costruito dalle istituzioni comunitarie a protezione dei rifugiati. E l’avvocato Lupinaccicontinua affermando che nella percezione delle opinioni pubbliche – complice la semplificazione prodotta dal confronto politico – l’immigrazione non conosce “distinguo” tra l’illegalità dell’immigrato economico e il diritto dei rifugiati alla fuga dalle dittature.
Sergio Lupinacci Rifugiati politici
Il rifugiato politico: definizione e fonti giuridiche. Sergio Lupinacci afferma che la definizione di rifugiato politico è contenuta nella Convenzione di Ginevra del 1951, un Trattato delle Nazioni Unite firmato da 147 Paesi. All’articolo 1 della Convenzione, la definizione della condizione di “rifugiato”: una persona che “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale Paese”. Questo articolo 1 illustra dunque la procedura di valutazione delle domande di asilo, ossia quelle incombenze che ricadono su chi ha la responsabilità di decisione ultima sulla concessione o meno dell’asilo politico.
Chi decide dell’asilo: il Regolamento “Dublino”. L’avvocato Lupinacci ritiene che un’attenzione particolare meritano le cosiddette procedure “Dublino” (introdotte col Regolamento UE n. 604/2013) condivise da 32 Stati europei. Queste hanno l’obiettivo di individuare lo Stato competente per la valutazione della domanda di asilo, limitando la mobilità dei richiedenti allo Stato nel quale sono approdati per primi, fino al completamento della procedura. Se la verifica sulla titolarità della domanda dovesse attribuire la competenza ad un altro Stato, il richiedente dovrà esservi trasferito. Qui una prima controversia determinata alla moltiplicazione dei numeri dei richiedenti. Che ha portato, in particolare, gli Stati che formano le frontiere esterne dell’Unione a chiedere la ricollocazione dei rifugiati, suddivisi in quote parte, tra tutti i Paesi membri. È recentemente accaduto per i 40.000 richiedenti asilo tra i paesi dell’UE con trasferimento di emergenza per quelli provenienti da Italia, Grecia e Ungheria: con una proposta della Commissione Europea estesa anche all’introduzione di un meccanismo permanente che modifichi le norme di Dublino (che determinano appunto quale Stato membro è responsabile del trattamento delle domande d’asilo).
Quanti sono i rifugiati. Un passo indietro: per ottenere lo status di rifugiato, i richiedenti asilo devono dimostrare alle autorità europee che stanno scappando da una guerra o da una persecuzione e che non possono tornare nel loro paese d’origine. Quanti casi ci sono in Europa? Il numero delle richieste di asilo è aumentato nel 2014 salendo da 435.190 nel 2013 a 626.065 nel 2014. Nel 2014 il numero di richiedenti asilo dalla Siria è raddoppiato. I Siriani sono il 20 per cento dei richiedenti asilo. Il secondo gruppo è rappresentato dagli afghani con il 7%. Nel 2014 l’asilo è stato garantito a 163mila persone nell’Unione europea. Nel 2014 la Germania è il paese che ha concesso più volte l’asilo con 41mila richieste approvate, seguita dalla Svezia con 31mila richieste approvate. Nel 2014 l’Italia ha accolto 21mila richieste d’asilo.
Libertà e sicurezza. Non possiamo, sinceramente, non partire da qui, se vogliamo affrontare il tema dei principi fondamentali ispiratori dell’azione dell’Unione Europea, con le garanzie procedurali introdotte e le modalità di accesso del diritto alla difesa accordato ai richiedenti asilo. Parliamo di sincerità perché ciò che appare come il prodotto di un cammino politico intenso compiuto dagli organi legislativi europei mostra – di fronte a questa “terza guerra mondiale” – tutte le contraddizioni di un approccio liberale costretto ora a fare i conti con il cambiamento radicale del contesto internazionale. La priorità: il tema della sicurezza che già aveva suonato i campanelli d’allarme di opinioni pubbliche sempre meno disposte – complice il perdurare della crisi economica – a politiche di accoglienza. Fino a pochi mesi fa il Regolamento Dublino aveva ricevuto numerose critiche (in particolare dal Consiglio europeo per i rifugiati e dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati): perché il sistema attuale non fornirebbe una protezione equa ed efficiente ai richiedenti asilo, costretti ad aspettare anni prima che le loro richieste siano esaminate; di più: non terrebbe conto del ricongiungimento familiare e comporterebbe una pressione maggiore sugli Stati membri del sud dell’Europa,Paesi d’ingresso nel continente. Critiche rapidamente evaporate di fronte alla forza dei numeri. Ma è indubbio che, dopo gli attentati di Parigi, per usare le parole del filosofo USA liberale, Michael Walzer: “I rifugiati che scappano da una guerra civile terribile non possono diventare le vittime di questa situazione, ma non si possono non affrontare le richieste di sicurezza che provengono dalla gente”. Sulla domanda d’asilo l’ordinamento europeo e la CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) stabiliscono il principio insuperabile per cui il richiedente deve avere a disposizione una procedura di asilo efficace, corredata da mezzi di ricorso dotati della forza sospensiva dell’azione di allontanamento nel caso di rifiuto. La disciplina è stata integrata dal rilevante contributo giurisprudenziale apprestato dalla Corte EDU (Europea Diritti dell’Uomo). Il panorama legislativo e giurisprudenziale analizzato rivela, da parte delle istituzioni europee, una profonda sensibilità verso la drammatica condizione dei richiedenti asilo. Una sensibilità tradottasi nell’adozione di procedure complesse, assai attente alla condizione soggettiva dell’individuo e del suo patrimonio culturale d’origine. La domanda che sorge ora è quanto questo quadro di valori, presidio della convivenza democratica, possa tenere di fronte all’imbarbarimento in atto e soprattutto di fronte all’inversione di valori che vede ora il bisogno di sicurezza presidiare l’esercizio delle libertà civili. La disciplina che presiede alle procedure d’asilo (2013/32/UE) individua importanti, delicati momenti: dal colloquio all’esame della domanda (direttiva qualifiche; 2011/95/UE); dai tempi della decisione al diritto di difesa o accesso alla giustizia, alla possibilità, infine, per il migrante di ricorrere.
Un’Europa politica. Si tratta però – bisogna osservare – di una descrizione lineare e bipolare della condizione di rifugiato che le guerre asimmetriche del XXI secolo sembrano complicare quando non travolgere. L’esperienza siriana, ad esempio, prima della “riduzione” delle forze in campo che probabilmente la risposta militare all’ISIS imporrà, ha fin qui mostrato una babele di gruppi. Ed a fronte della gran massa di rifugiati, in fuga dalla morte e dalla fame, vanno segnalati i falsi rifugiati che gli attacchi di Parigi hanno rivelato così come la dinamica di scambio di ruolo perseguitato-persecutore che molti individui hanno vissuto e interpretato nella guerra siriana. Non dobbiamo certo buttare il bambino dei valori della costruzione europea, in questa partita, ma trovare il modo di depurare l’acqua sporca e compiere uno sforzo importante: quello della condivisione dei dati e di tutte quelle informazioni che rendano impossibile, ad esempio in questa materia, un “colloquio insincero”. Un passaggio, quest’ultimo, rivelatore anche della volontà dell’Europa di farsi finalmente Europa politica.
* avvocato penalista
(www.studioalc.it)
FONTEThe Chronicle

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