Purtroppo sappiamo bene che con la recente crisi economica e finanziaria ad essere colpite maggiormente sono state proprio le esportazioni, da sempre un elemento fondamentale per il buon andamento delle nostre aziende. Negli ultimi tempi si registrano timidi segnali di ripresa, che fanno ben sperare lavoratori e imprenditori. Per quanto riguarda la fabbricazione di articoli in gomma, in plastica ed altri prodotti di minerali non metalliferi, quindi inclusa anche la produzione film plastici, la variazione rispetto ai numeri di aprile 2009 è positiva (+2,6%), anche se nel confronto con lo stesso mese dello scorso anno l'indice perde il 21,9%. Segno negativo (-26,1%), inoltre, nel confronto tra i primi cinque mesi di quest'anno con l'analogo periodo del 2008.
I film plastici, anche se poco conosciuti, sono molto diffusi e utilizzati in diversi settori industriali. Sono derivati da alcune specifiche lavorazioni delle materie plastiche, come la termoformatura e l’estrusione a bolla, il miglior metodo per creare le bobine di polietilene. Uno dei settori in cui sono più utilizzati è senza dubbio quello degli imballaggi, un settore molto delicato che ogni giorno affronta molte sfide, ed ha pertanto bisogno di un imballaggio flessibile e di qualità per soddisfare le esigenze più disparate.
Tra le soluzioni messe in campo per soddisfare queste necessità vi sono i film estensibili. A questo proposito, ultimamente si è assistito ad un dibattito fra i sostenitori dell’anima in plastica o dell’anima in cartone di queste bobine: pare che l’anima in plastica, nonostante sia ritenuta meno ecologica, è preferibile a quella in cartone per una serie di ragioni. L’anima in plastica del film estensibile costa meno del cartone, e quindi la bobina, può essere riciclata svariate volte dopo l'uso, pesa meno, con minor spesa di carburante in caso di trasporto. Inoltre, quando le quantità utilizzate ne rendono conveniente il recupero, l’anima il plastica può essere restituita al fornitore per il riutilizzo.
L'uso di un'anima in plastica facilità, inoltre, il raggiungimento degli obiettivi ambientali previsti dalla normativa ISO 14.001. Le aziende sono sempre più sensibili a questi temi ecologisti, e non mancano iniziative per produrre film con materiali diversi e biodegradabili, come per esempio il pomodoro. In effetti, ogni anno in Italia vengono lavorati più di sei milioni di tonnellate di pomodoro, producendo circa 120.000 tonnellate di scarti (soprattutto bucce e semini). Perché, allora, non provare a risolvere due problemi in un colpo solo, utilizzando le bucce dei pomodori per produrre nuovi materiali per imballaggi biodegradabili?
A pensarci sono stati i ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare (Icb) di Pozzuoli, coordinati da Barbara Nicolaus in collaborazione con altri istituti napoletani del CNR: quello di chimica e tecnologia dei polimeri e quello di biochimica delle proteine. I film plastici realizzati con questi materiali sono completamente biodegradabili, dal momento che le loro componenti appartengono alla frazione organica putrescibile: una volta terminata la loro funzione possono quindi essere avviati al compostaggio. Due sono i settori principali per i quali è prevista l’applicazione di questo nuovo biomateriale: il film per imballaggio e per la protezione delle colture agricole.
Speriamo che queste innovazioni non tardino troppo a comparire nelle nostre industrie!
A cura di Martina Meneghetti – Agenzie web marketing
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