"Amnesty International ritiene che ove il Comune di Milano dovesse procedere ad eseguire tale sgombero senza prima proporre ai residenti nuove ed adeguate alternative d'alloggio, tale sgombero si configurerebbe come sgombero forzato, proibito dal diritto internazionale dei diritti umani" – si legge in una lettera indirizzata al sindaco Pisapia e firmata da Gauri van Gulik, vicedirettrice del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International.
Il campo di via Idro, costruito nel 1989, è autorizzato e gestito dal Comune di Milano. Gli abitanti sono cittadini italiani regolarmente autorizzati a risiedervi da molti anni.
Per alcune fasi della lunga storia del campo, gli abitanti hanno potuto risiedere in strutture confortevoli e beneficiare di programmi comunali di sostegno al lavoro e alla scolarizzazione: programmi poi abbandonati nell'ultimo decennio, durante il quale, a causa del decrescente intervento del Comune di Milano, il campo ha sofferto di una progressiva degradazione.
Il 17 agosto 2015, con la deliberazione della Giunta comunale n. 1444, il Comune di Milano ha deciso la chiusura del campo di via Idro. Successivamente, con ordinanza urgente datata 20 novembre, il Comune ha ordinato lo sgombero del campo, offrendo agli abitanti alloggio alternativo presso diversi centri di accoglienza, tra cui container e stanzoni condivisi tra varie famiglie.
Amnesty International denuncia da tempo la situazione di segregazione di persone di etnia rom nei campi in Italia e vede perciò con favore la graduale chiusura dei grandi campi autorizzati, se effettuata attraverso percorsi che prevedano la genuina consultazione delle persone interessate e l'offerta di alternative d'alloggio adeguate.
Pur riconoscendo l'impegno dimostrato dal Comune di Milano nel consultare le famiglie residenti nel campo di via Idro, Amnesty International ritiene che la soluzione abitativa alternativa offerta alle famiglie non risponda al principio di adeguatezza previsto dagli standard internazionali: oltre a presentare diverse criticità strutturali, è strettamente limitata nel tempo e determina un peggioramento delle condizioni di alloggio, in particolare in termini di autonomia e sicurezza del possesso.
"Dopo aver vissuto per quasi 30 anni in vere e proprie case, in un quartiere dove hanno costruito relazioni, dove sono andate a scuola e dove hanno lavorato, pur con le difficoltà da molti rilevate, alle famiglie di via Idro viene ora presentata l'unica possibilità di trasferirsi in container o stanzoni, in centri ideati e costruiti per dare alloggio d'emergenza a persone senzatetto" - si legge nella lettera al sindaco Pisapia.
Amnesty International nota inoltre che, a fronte delle significative risorse investite dal Comune di Milano per l'esecuzione di sgomberi, così come per la realizzazione di centri di prima accoglienza, non sono disponibili le risorse necessarie per garantire programmi d'inclusione abitativa e lavorativa adeguati di medio e lungo periodo per le famiglie rom che intendono uscire dai campi.
Alla luce di queste considerazioni, Amnesty International ha invitato il Comune di Milano a offrire alle famiglie di via Idro alternative d'alloggio adeguate e non segregate, prima di dare seguito all'ordinanza di sgombero.
Infine, in relazione al piano del Comune di chiudere ulteriori campi autorizzati nel prossimo futuro, Amnesty International ha chiesto al Sindaco Pisapia di chiarire quali misure saranno adottate per garantire che i residenti di tali campi non si vedano anch'essi interessati da procedure di sgombero non in linea con gli standard internazionali.
Roma, 15 gennaio 2016
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