La neuromodulazione è un modo di interagire con il sistema nervoso attraverso tecnologie impiantate chirurgicamente. Il sistema nervoso è un organo elettrico e allo stesso tempo anche un computer, agendo sui suoi impulsi si riesce a modificare la sua funzione in maniera fisiologica. La neuromodulazione consiste nell’identificare i problemi dovuti ad una disfunzione del sistema nervoso e ad impiantare degli elettrodi in posizioni strategiche, in modo da bloccare o modificare i segnali anomali, migliorandone la funzionalità. È molto simile a quello che viene fatto in campo cardiaco: invece di impiantare gli elettrodi nel cuore con un generatore di impulsi, il pacemaker, nella neuromodulazione gli elettrodi vengono impiantati nel sistema nervoso, o a livello del cervello, o nel midollo spinale, o nei nervi periferici. Si tratta di una tecnica più efficace rispetto all’utilizzo dei farmaci: mentre questi ultimi agiscono indifferentemente su tutto il sistema nervoso, la neuromodulazione agisce solo sulla parte che causa il dolore, rendendo la terapia più mirata ed efficace.
La neurostimolazione agisce per di più sul dolore cronico, dolore che affligge milioni di persone nel mondo. I dolori più comuni sono i dolori della colonna vertebrale e alla cervicale, le cefalee, dolori dovuti a danni dei nervi, dovuti a delle neuropatie, dolori pelvici e alle zone genitali che hanno molto spesso implicazioni gravissime. Ho visto, ad esempio, ragazze giovanissime con dolori pelvici cronici a cui sono stati tolti utero e ovaie per cercare di togliere il dolore ma senza alcun risultato. Il dolore, infatti, molto spesso non richiama un problema meccanico, dovuto alla stessa zona nel corpo in cui viene percepito, ma è un problema di segnale elettrico.
Nel campo della neurostimolazione ho impiantato circa 8.000 pazienti, che hanno visto la qualità della loro vita migliorare nettamente nel 70 % dei casi. In Italia abbiamo fatto un intervento a ottobre alla Casa di Cura le Betulle, ad Appiano Gentile: un paziente aveva dei dolori alle gambe e alla schiena, dovuti a problemi con la colonna lombare e che era stata giudicata inoperabile. Gli abbiamo impiantato un elettrodo nella colonna vertebrale e due elettrodi sotto la cute della schiena. Bisogna sottolineare che l’inserimento degli elettrodi nel punto giusto è un fattore determinante: se l’elettrodo non è inserito nel punto corretto, anche per pochi millimetri, non vi è alcuna speranza che la stimolazione abbia un effetto terapeutico. Purtroppo, una grossa percentuale di medici che fanno questi impianti non hanno l’esperienza o la disponibilità, a livello intraoperatorio, a spendere il tempo necessario per il corretto posizionamento dell’elettrodo/elettrodi. Quasi la metà degli interventi che io eseguo consistono di revisioni di elettrodi mal piazzati da altri colleghi negli USA.
Come in altri campi della medicina, vi è una costante evoluzione nella tecnologia degli impianti. A breve saranno disponibili impianti piccolissimi, che potranno essere inseriti in maniera minimamente invasiva e tali da essere controllati per via “wireless”. Inoltre si stanno conducendo parecchi studi per valutare l’efficacia di diverse forme di onda per la stimolazione, nonché di altri parametri elettrici che possano avere una maggiore efficacia. La neurostimolazione continua ad avere un ruolo sempre maggiore nel trattamento del dolore cronico anche perché altre terapie, come quelle a base di oppiacei, si stanno dimostrando pericolose e, alla lunga, con danni non indifferenti e permanenti sui vari sistemi del corpo umano.
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