Il sondaggio, realizzato da YouGov per Amnesty International in occasione del 30esimo anniversario del disastro, rileva che oltre l'82 per cento degli intervistati in India vuole vedere la Union Carbide in tribunale. Il 62 per cento degli intervistati statunitensi si è dichiarato a sua volta d'accordo.
La Union Carbide ha sempre rifiutato di rispondere alle accuse di omicidio colposo per la fuoriuscita dei gas tossici dal suo impianto di Bhopal. Nel 1992 un tribunale indiano l'ha definita "latitante".
A sua volta l'azienda Dow Chemical, proprietaria dal 2001 della Union Carbide, non si è presentata in due udienze convocate dal tribunale di Bhopal negli ultimi sei mesi.
"Questo sondaggio afferma chiaramente il sostegno a quella giustizia che finora le vittime di Bhopal non hanno ricevuto. Il fatto che un'azienda straniera accusata di gravi reati non si sia mai presentata in un tribunale indiano è un oltraggio che va avanti nel tempo" – ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.
I risultati del sondaggio
Il sondaggio ha coinvolto 1011 indiani residenti nelle aree urbane e 1000 statunitensi. Questi i principali risultati:
- l'82 per cento degli indiani e il 62 per cento degli statunitensi ritiene che la Union Carbide debba rispondere in tribunale delle accuse di omicidio colposo;
- il 70 per cento degli indiani e il 45 per cento degli statunitensi crede che il governo degli Usa dovrebbe spingere la Union Carbide a rispondere delle sue azioni (contrari, rispettivamente, il 24 e il 30 per cento);
- il 66 per cento degli indiani e il 45 per cento degli statunitensi pensa che le aziende che all'epoca erano proprietarie e gestrici dell'impianto di Bhopal dovrebbero assumersi i costi della bonifica (contrari, rispettivamente, il 25 e il 30 per cento). Union Carbide e Dow Chemical hanno sempre rifiutato;
- il 50 per cento degli indiani e il 21 per cento degli statunitensi ritiene che i risarcimenti siano stati inadeguati (ritengono che siano stati adeguati, rispettivamente, il 27 e il 47 per cento).
Il tema dei risarcimenti
Nel 1989 la Union Carbide accettò di pagare un risarcimento di 470 milioni di dollari (valore odierno, 900 milioni), circa il 14 per cento dei 3,3 miliardi di dollari chiesti inizialmente dal governo indiano.
"Quell'accordo del 1989 è stato quasi completamente favorevole alla Union Carbide: ha significato 1000 dollari a ogni persona colpita dal disastro, comprese quelle che avevano perso tutto. Compariamolo coi 20 miliardi di dollari che il gigante petrolifero British Petroleum è stata costretta a pagare per la fuoriuscita di petrolio dalla piattaforma Deepwater Horizon, al largo delle coste meridionali statunitensi, nel 2010".
Solo nel novembre 2014, grazie alla pressione degli attivisti, il governo indiano ha accettato di rivedere il numero dei morti e dei feriti e di conseguenza l'ammontare dei risarcimenti, sulla base di dati scientifici, di ricerche mediche e dei referti ospedalieri.
Questa decisione è stata fortemente apprezzata dai sopravvissuti del disastro di Bhopal e ha convinto cinque attiviste a porre fine a uno sciopero della fame.
"Salutiamo la determinazione dei sopravvissuti di Bhopal che con coraggio e caparbietà hanno proseguito la loro lotta quando tutto era a loro sfavore" – ha concluso Shetty.
L'installazione di Roma
Per ricordare il 30esimo anniversario del disastro di Bhopal, a Roma in piazza della Repubblica, dal 2 al 5 dicembre, sarà presente un'installazione realizzata dall'artista indiano Samar Singh Jodha e curata da Riccardo Agostini.
Verrà inaugurata alle 12 di martedì 2 dicembre.
Successivamente, sarà possibile visitarla fino al 5 dicembre dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19.
"Bhopal, a silent picture" è un'opera di pubblico interesse che ricorda quanto avvenuto nella città indiana nella notte tra il 2 e il 3 dicembre 1984. Allestita all'interno di un container, l'opera consiste in un'installazione multimediale ideata per portare all'attenzione dei visitatori le questioni che ancora oggi, a 30 anni di distanza, circondano la tragedia di Bhopal.
Lungo la parete interna sono esposte alcune fotografie in bianco e nero che ritraggono l'angosciante vacuità dei macchinari spenti e degli spazi vuoti della fabbrica della Union Carbide. Un diffusore di fumo collegato ad un timer crea periodicamente una lieve cortina di nebbia, mentre alcuni suoni notturni circondano e accompagnano il pubblico durante la visita. Una quiete solo apparente, interrotta dal rumore del gas che si fa strada fra le tubature e si diffonde nell'aria.
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