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mercoledì 14 ottobre 2009
2 italiani su 3 favorevoli ai trapianti
Milano, 14 ottobre 2009 – Presentata ieri a Palazzo Marino l'indagine "I trapianti: un'importante prospettiva di vita" svolta da Elma Research per O.N.Da, l'Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna con il patrocinio dell'Assessorato alla Salute del Comune di Milano.
Dai dati emergono forti contraddizioni. Due italiani su tre (il 60%) sono favorevoli alla donazione dei propri organi dopo la morte. Solo l'8% è contrario. Il restante 32%, soprattutto giovani, non ha preso alcuna decisione o ancora non ci ha pensato.
Eppure in Italia esistono lunghe liste di pazienti in attesa di ricevere un organo. Il motivo dell'incoerenza risiede principalmente in fattori culturali: la metà degli italiani non ne parla e non sa cosa ne pensano i propri familiari e pochissimi hanno messo per iscritto la propria scelta o l'hanno comunicata al proprio medico curante o all'Asl. Le donne, in particolare, da sempre custodi della salute della famiglia, sono le più restie a dare il consenso per la donazione di un organo di un familiare. Tra loro le più favorevoli sono le lavoratrici (impiegate, manager, libere professioniste), diplomate o laureate e con meno di 40 anni, le contrarie sono spesso casalinghe o pensionate, con un livello di istruzione inferiore e più avanti con l'età.
La popolazione vuole però sentire la voce delle istituzioni: nel 70% dei casi attraverso la televisione, seguita dal proprio medico.
Una prima importante iniziativa sul fronte dei trapianti è contenuta nel disegno di legge 1041 del 23 settembre 2008 presentato dalla senatrice Laura Bianconi. La proposta prevede che la carta d'identità indichi il consenso della persona a donare i propri organi in caso di morte.
"Alla base dei notevoli progressi compiuti negli ultimi anni in Italia in materia di trapianti vi sono un'organizzazione su scala nazionale, interregionale, regionale e locale sempre più efficiente, campagne di sensibilizzazione mirate ed efficaci e un livello di formazione dei medici eccellente", ha detto l'assessore alla Salute Giampaolo Landi di Chiavenna. "Tuttavia c'è ancora molto da fare e, dal momento che il trapianto di organi costituisce l'ultima terapia possibile quando tutte le altre cure non hanno dato risultati soddisfacenti è importante, alla luce dei dati presentati oggi, proseguire e intensificare le azioni di informazione per superare le paure e le diffidenze che ancora vengono rilevate nei confronti di un atto di vita".
Lo studio, svolto su 629 persone, metà uomini e metà donne, evidenza infatti proprio una carenza di informazione a livello istituzionale. Le istituzioni sanitarie, dal medico di famiglia all'Asl fino al Ministero insieme alle associazioni che si occupano di questo argomento, sono percepite come le 'grandi assenti'. Con conseguenze immaginabili, prima fra tutte un numero di donazioni insufficienti rispetto alle richieste di trapianto.
"Questa ricerca – afferma Francesca Merzagora, Presidente di O.N.Da – dimostra come gli italiani non abbiano gli strumenti necessari per passare dalla teoria ai fatti. Hanno le idee chiare e sono favorevoli al trapianto riconoscendolo come importante prospettiva di vita, ma non ne conoscono le regole. In particolare le donne sono le più restie proprio perché nel momento della scelta drammatica vengono assalite dalle incertezze. Più informazione, invece, aiuta a parlarne e a scegliere prima, colma questa lacuna e dirime i dubbi".
"In Italia – spiega Mario Scalamogna, responsabile del Centro di Immunologia dei Trapianti di organi e tessuti del Policlinico – come in molti Paesi del mondo, il numero di trapianti eseguiti non è sufficiente a soddisfare la richiesta e molti pazienti che ne hanno bisogno ne restano privi. Grazie a numerose iniziative intraprese a sostegno dell'informazione sulla donazione d'organi, nel 2009 la Regione Lombardia ha tuttavia registrato un rilevante aumento di attività. Il successo dei trapianti e la qualità dell'assistenza ai pazienti che ne hanno necessità fa aumentare costantemente la lista d'attesa e rende necessario aumentare il recupero degli organi attraverso una migliore identificazione dei potenziali donatori".
"La mia esperienza – spiega Consuelo Massazza, che ha subito un trapianto di rene – è fatta di lunghi anni di dialisi prima di eseguire l'intervento. Si parte con l'inserimento nella lista d'attesa, che avviene solo quando è conclamato che la vita dipende dall'attaccamento a una macchina, per poi aspettare un minimo di due, tre anni prima di essere sottoposti al trapianto. Nel mio caso sono entrata in lista d'attesa nel luglio 2003 e ho eseguito il trapianto nel luglio 2007, dopo quattro anni di attesa e una restrizione della qualità della vita notevole. Serve maggiore informazione, soprattutto su come scegliere preventivamente di donare un organo. Tanti vorrebbero farlo, ma non sanno come".
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