In cosa consiste realmente l'agorafobia?
L'agorafobia, consiste letteralmente nella paura della piazza, o più precisametne è il timore (o forte disagio) che un soggetto prova quando si ritrova in ambienti familiari o costrittivi, da cui risulterebbe difficile allontanarsi o ricevere aiuto in caso di un attacco di panico. Dato il forte disagio, l'agorafobico ha grosse difficoltà ad uscire di casa e viaggiare; non c'è da stupirsi infatti se questo disturbo è una delle manifestazioni ansiose più invalidanti in assoluto, dal momento che chiunque ne soffre, spesso, diventa completamente dipendente dalle mura domestiche, oppure è costretto ad uscire di casa solo se in compagnia di una persona fidata.
Inoltre, il timore delle conseguenze sociali di una crisi di panico dettata dall'agorafobia, è esso stesso ulteriore causa di difficoltà emotiva.
A proposito di crisi di panico...
Come pocanzi accennato, l'agorafobia viene spesso vista come una condizione psicopatologica che va di pari di passo con il disturbo di attacchi di panico. Non è propriamente corretto.
Il tutto raggiungerà il suo culmine nell'arco di dieci minuti massimo, senza lasciare alcuna traccia dietro di sé, se non l'inifinita paura di rivivere un'ulteriore attacco di panico.
Agorafobia: è importante non trascuerarla
L'agorafobia (così come il panico), sebbene molto spiacevole, non è pericolosa, ma inevitabilmente compromette la qualità di vita. È piuttosto diffuso un altro luogo comune, ovvero quello di associare il nostro disturbo d'ansia con la fobia sociale. Quest'ultima consiste in una intensa paura di trovarsi in una particolare situazione sociale o di eseguire un tipo di prestazione da cui possa derivare la possibilità di subire un giudizio esterno. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un disturbo d'ansia, ma è bene non considerarlo strettamente connesso all'agorafobia.
Nonostante la non “gravità” di questa condizione psicopatologica, è importante non trascurarla per alcun motivo e rivolgersi ad un medico specializzato. Un qualsiasi psichiatra che si rispetti saprà quindi consigliare opportuni farmaci (antidepressivi o ansiolitici ad esempio) e suggerirà una terapia cognitivo-comportamentale, mirata ad aiutare il soggetto ad affrontare la sua “condizione”.
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