Sono quasi cento milioni i bambini che lavorano nei campi soprattutto in Asia, Africa e America latina per ottenere prodotti agricoli e alimentari spesso destinati al consumo nei Paesi piu' ricchi.
E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti sui dati dell'ultimo rapporto dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) dal quale si evidenzia che i bambini coinvolti nel lavoro minorile si sono ridotti di un terzo dal 2000, passando da 246 a 168 milioni, dei quali la grande maggioranza del 59 per cento in agricoltura.
Dalle rose alle banane, dallo zucchero di canna all'olio di palma, dal cacao al caffe' fino ai gelsomini sono molti i prodotti importati sui quali - sottolinea la Coldiretti - pesa l'ombra dello sfruttamento minorile che si concentra per il 46 per cento in Asia, per il 35 per cento in Africa e per l'8 per cento in America latina. Si tratta degli effetti di una globalizzazione senza etica che ha drammaticamente legittimato la derubricazione del tema cibo fino a farlo considerare una merce qualsiasi sul quale competere solo in termini di basso costo.
Una globalizzazione dei mercati, a cui non ha fatto seguito quella della regole che ha portato allo sfruttamento di ampie aree del pianeta, dal furto di terre fertili con il land grabbing fino allo sfruttamento del lavoro minorile. Nell'ambito delle numerose iniziative messe in atto per fermare una situazione intollerabile è necessario intervenire – conclude la Coldiretti - con l'introduzione dell'obbligo di indicare in etichetta la provenienza dei prodotti agricoli ed alimentari commercializzati a sostegno di un vero commercio equo e solidale che valorizza i prodotti di quei territori che si impegnano a tutelare il lavoro, ma anche a rispettare l'ambiente e la sicurezza alimentare.
Nessun commento:
Posta un commento