“Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare” (Andy Warhol)
Sergio Lupinacci *
Parliamo – soprattutto in questi giorni di COP 21 – di
sviluppo sostenibile. Chiariamo subito che l’attributo della
sostenibilità, imposto allo sviluppo, prescrive la difesa di un’integrità dell’ambiente, funzionale al benessere delle collettività attuali e delle discendenze future. Ed in qualche modo si afferma pertanto la responsabilità della generazione presente nel mettere in atto azioni, condotte e scelte che garantiscano la tutela del diritto al cibo,ad esempio, anche per le generazioni future. Ma andiamo con ordine seguendo il percorso di un’analisi condotta recentemente dai ricercatori del Milan Center for Food Law and Policy di Livia Pomodoro (
www.milanfoodlaw.org) .
L’Avvocato Sergio Lupinacci ritiene che è stata la Conferenza di Stoccolma del 1972 a segnare un vero e proprio cambio di passo nella questione ambientale, affrontandone per la prima volta il problema in forma integrata e globale. E Lupinacci continua affermando che dieci anni dopo, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito la World Commission on Environment and Development, composta dai rappresentanti di 21 Paesi che, con il rapporto Brundtland (1987), danno dell’aggettivo sostenibile, abbinato al termine sviluppo, una definizione divenuta canonica: ”(…) capace di soddisfare le necessità del presente senza compromettere le opportunità delle generazioni future”. Nel giugno del 1992, poi, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite tiene, a Rio de Janeiro, la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo che si concluderà con la sottoscrizione del programma d’azione “Agenda 21”. Gli anni ’90 segnano il protagonismo dell’Europa. Nel 1992 il principio dello sviluppo sostenibile è recepito nel Trattato di Maastricht e in accoppiata con la tutela ambientale compare anche nella Costituzione Europea. Il suo Preambolo, infatti, esordisce proclamando la volontà di operare “nel rispetto dei diritti di ciascuno e nella consapevolezza delle loro responsabilità nei confronti delle generazioni future e della Terra”. Il diritto italiano ha codificato questo principio in numerose fonti primarie e secondarie, così come in leggi di ratifica di numerose convenzioni internazionali. Di più: altre Convenzioni ratificate dal nostro Paese annunciano la finalità di salvaguardia degli interessi delle generazioni future. E dunque la comparsa dell’ottica intergenerazionale, impressa alle istanze di salvaguardia ambientale, chiarisce come l’ordinamento estenda il proprio interesse all’ambiente dell’uomo in quanto specie. E il principio di sviluppo sostenibile esprime la coscienza di questa antitesi che – se si tratta di uso delle risorse naturali – oppone ora benefici su scala generazionale ad interessi localizzati, nel tempo e nello spazio. E chiama in causa un ulteriore principio: quello dell’equità intergenerazionale, secondo cui il pianeta deve essere consegnato alle generazioni future in condizioni non peggiori rispetto a quelle in cui noi lo abbiamo ereditato.
UNA NUOVA ETICA DELL’AMBIENTE È POSSIBILE?
Noi che abbiamo assunto il ruolo di custodi di un patrimonio per poterlo trasferire, dare in eredità alle generazioni future. Una responsabilità, un dovere che si traduce nel diritto delle generazioni future di poter usufruire dello stesso tipo di risorse e servizi ecologici di cui noi abbiamo beneficiato. E che finisce per incidere sullo sviluppo del diritto internazionale dell’ambiente: la considerazione degli interessi delle generazioni future non implica soltanto l’affermazione di nuovi criteri nella gestione delle risorse ambientali. Essa impone l’affermazione di una nuova etica, da tempo invocata sia in diversi strumenti delle Nazioni Unite, come la Millennium Declaration del 2000 o il Piano di Attuazione del vertice di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile del 2002, sia in dottrina. Assistiamo dunque ad un lento e faticoso passaggio di questo principio dalla fase del confronto scientifico a quella della produzione normativa, indice e spia di come il diritto divenga sempre più strumento di regolazione sociale.
LA TUTELA DELLE GENERAZIONI FUTURE
Si fanno dunque sempre più numerosi i richiami alle generazioni future. La Convenzione per la protezione del patrimonio mondiale, culturale e naturale approvata dall’UNESCO nel 1972, all’art. 4 stabilisce: “ognuno degli Stati facenti parte della presente Convenzione riconosce che l’obbligo di identificare, proteggere, reintegrare e trasmettere alle generazioni future il patrimonio culturale e naturale sito nel proprio territorio deve essere una incombenza primaria”. Si tratta di un documento giuridicamente non vincolante, ma di enorme rilevanza politica ed etica.
Mentre nel diritto internazionale dell’ambiente i richiami alle generazioni future sono costanti e molte Costituzioni entrate in vigore negli ultimi decenni fanno espresso riferimento alle generazioni future, quasi sempre in relazione alla tutela dell’ambiente e alle eredità storica e culturale. Tra queste le Costituzioni di:Guyana, Brasile, Namibia, Cuba, Argentina, Georgia, Sudafrica, Polonia, Albania, Sudan, Mozambico. Ed anche l’art. 20a della Costituzione tedesca, introdotto nel 1994, recita: “Lo Stato, tenendo conto della sua responsabilità verso le generazioni future, protegge le basi naturali della vita umana e gli animali”. Ma è stata l’America Latina la prima ad intraprendere il percorso verso una nuova comprensione ambientale, con una novità rispetto alle tradizionali concezioni giuridiche: il riconoscimento di veri e propri diritti in capo alla Natura. Le periferie del mondo si riscoprono, dunque, avanguardia per il riconoscimento dei diritti della natura e del diritto alla sopravvivenza della vita. Questo diritto declinato per eccellenza al futuro fa irrompere l’etica della responsabilità nel mondo complesso della regolazione. A Parigi è stato infine presentato l’Italian Youth Declaration on Intergenerational Equity, un documento dei nostri ragazzi, parte dell’Intergenerational Equity working group, contenente proposte per rendere operativo il principio.
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