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sabato 20 ottobre 2012
Cosa ti hanno inventato, con la nduja calabrese per renderla ancora più buona....nel tempo!!
“Mangia nduja cu r’a cipulla ca ti criscia 'a mirulla. (Mangia nduja con cipolla che ti cresce il cervello)”!!
Chi apprezza la buona cucina già sa di cosa si tratta, ma non si finisce mai di sottolineare l’esclusivo sapore ed i caratteri di questa prelibatezza calabrese, nota a livello nazionale ed internazionale. Essenzialmente si tratta di un “salume atipico” visto che, rispetto ad altri salumi calabresi acquistabili anche tramite siti di prodotti tipici calabresi (giusto per esser certi che siano quelli “buoni ed originali), è “morbida & spalmabile”, quindi non si può affettare né tantomeno usare a “tocchetti”: strano ma vero!!!
In origine la Nduja calabrese veniva prodotta nei comuni allocati in provincia di Vibo Valentia, anche se ormai un po’ in tutta la Calabria si trovano produzioni di ottima qualità. Nel rispetto della ricetta tipica viene preparata con carne di suino (quella destinata alle salsicce, il guanciale e la pancetta, evitando le frattaglie), grasso (sempre di suino), peperoncino (piccantissimo, trito) e conserva di peperoni (dolci); alcune volte anche cotenna preventivamente sbollentata. Messo a riposare l’impasto, si provvede poi ad inserito in budello cieco naturale (orbo), quindi stagionato (affumicandolo con erbe aromatiche): ma il segreto della produzione tipica ed artigianale è che si riesca a cogliere quel giusto grado di morbidezza ed un esatto equilibrio tra gusto e piccantezza”, propri della tradizione.
Ed eccola pronta e servita, l’eccellenza della gastronomia regionale più nota ed apprezzata in “ogniddove”, da sperimentare in vari usi di cucina, oltre ovviamente a quello più conosciuto (spalmata su bruschette e crostini).
Eppure in commercio si ritrovano spesso "vasetti" contenenti la nota nduja.....come mai?? Nulla di strano, è tutto sotto controllo: è il suo utilizzo pratico che ne ha consigliato l'adozione di questo nuovo "packaging"!!
La pezzatura media di questa referenza, nella versione “tradizionale” budello, si aggira infatti intorno al mezzo kilo e dato che è un “prodotto di nicchia” (nel senso che non viene consumato con sistematicità) si è creato un problema di “conservazione” dopo averne gustato anche un bel po’ a tavola: allora, come lo preserviamo il restante??? Congelarla non è il caso, anzitutto perché il problema si riproporrebbe al successivo utilizzo; inoltre qualunque alimento, una volta scongelato, non è consigliabile riporlo nuovamente in freezer.
“Naturalmente” qualche esperto buongustaio ha provato a togliere la nduja dal classico budello ponendola in un vasetto di vetro, pigiandola a dovere nel suo interno affinché si evitasse ogni “zona vuota” che ne avrebbe pregiudicato la tenuta e la conservazione, coprendola superiormente con dell’olio extravergine.
Caso risolto, visto che i risultati sono stati più che soddisfacenti: con tale metodo, infatti,si riusciva a conservare la ’nduja almeno per qualche mese!!
Un’occasione da non perdere, dunque, da parte delle aziende più “aperte” alle esigenze del cliente: ecco servita la confezione “sottovuoto, in vetro”, decisamente più versatile, maneggevole e pronta per l’uso: con la “pastorizzazione” si regala alla nduja così proposta anche anni di durabilità, comunque mantenendo inalterate le sue peculiarità in termini di sapore ed offrendo un servizio in più agli “estimatori” del prodotto.
Quindi….se il prodotto di base è di buona fattura e qualità, è indifferente preferirne la confezione in ”budello” o al contrario in “vetro”: resta solo un problema di “praticità & versatilità” d’uso!!
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