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lunedì 28 aprile 2014

Egitto, processo iniquo; Amnesty International: le condanne a morte si fanno beffe della giustizia

Amnesty International ha avvertito di gravi vizi nel sistema di giustizia penale in Egitto dopo che un tribunale di El Minya, nell'Alto Egitto, ha confermato le condanne a morte per 37 persone, ha imposto l'ergastolo a 491 in un caso e stabilito condanne a morte per 683 in un altro.

"Le sentenze di oggi ancora una volta rivelano come il sistema di giustizia penale in Egitto sia diventato arbitrario e discriminatorio. La corte ha mostrato totale disprezzo per i piu' elementari principi dell'equo processo e ha completamente distrutto la propria credibilita'. E' tempo che le autorita' egiziane siano oneste e riconoscano che l'attuale sistema non e' equo, ne' indipendente, ne' imparziale" ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma per il Medio oriente e l'Africa del Nord di Amnesty International.

"La magistratura egiziana rischia di diventare solo un'altra parte della macchina repressiva delle autorita', che emette condanne a morte o all'ergastolo su scala industriale."

"Il verdetto non deve essere ritenuto valido - le condanne dei 37 condannati a morte e dei 491 condannati all'ergastolo devono essere annullate e nuovi processi equi senza possibilita' di ricorrere alla pena di morte devono essere ordinati immediatamente per tutti gli imputati."

Tutti i 528 imputati sono stati incriminati in relazione a un attacco contro una stazione di polizia nel mese di agosto 2013 e appartengono al movimento dei Fratelli Musulmani bandito. I verdetti nei loro casi fanno seguito a un processo gravemente iniquo in cui il giudice non ha verificato le prove ne' consentito alla difesa di sottoporre a contradditorio i testimoni.

Gli avvocati difensori e gli imputati sono stati ugualmente esclusi dalla sessione precedente del 24 marzo, in cui il giudice ha indicato che avrebbe condannato a morte tutti i 528 imputati.

Lo stesso giudice ha anche rinviato 683 imputati, tra cui Mohamed Badie, la Guida suprema dei Fratelli Musulmani, in un caso separato che implica violenza politica, al Gran Mufti d'Egitto - che ai sensi del diritto egiziano deve esaminare tutte le condanne a morte davanti al giudice che le impone formalmente. Sono stati accusati di omicidio, di tentato omicidio, di aver dato alle fiamme la stazione di polizia di Adwa, di appartenere a un gruppo bandito e di aver partecipato a un raduno di piu' di cinque persone con l'intenzione di commettere tali reati. Anche questo processo e' risultato fondamentalmente iniquo, come riferito da un delegato di Amnesty International che vi ha assistito.

Amnesty International si oppone alla pena di morte in tutte le circostanze e ritiene che sia l'ultima punizione crudele, inumana e degradante.
Nessuno degli imputati in entrambi i casi e' stato portato in tribunale.

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