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lunedì 14 novembre 2016

Monsignor Giovanni Carrù: Memoria e tradizione delle sepolture dei vescovi di Roma

Monsignor Gianni Carrù, Segretario della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra ripercorre i luoghi in cui i Pontefici furono sepolti, attraverso il Liber Pontificalis. Giovanni Carrù identifica quindi 4 gruppi: aggregazione intorno alla tomba-simbolo del principe degli apostoli, il tempo dell’autocoscienza comunitaria, il tempo dell’«attrazione devozionale», e infine, la civitas leoniana.

Memoria e tradizione delle sepolture dei vescovi di Roma
Tutte le tombe dei Papi (da Pietro a Felice III)
di Giovanni Carrù
Il Liber Pontificalis, un’opera composta nel VI secolo per raccogliere i dati relativi alle biografie dei primi Pontefici e alla loro attività, riporta, in chiusura di ogni «vita», il luogo in cui ciascun Papa fu sepolto. L’ attento esame di questi dati d’ archivio suggerisce una suddivisione di questi luoghi in quattro grandi gruppi, che seguono una coerente cronologia e un’omogenea organizzazione interna delle notizie, tanto che gli archeologi e gli storici della Chiesa antica hanno sempre guardato a questo prezioso documento, come alla testimonianza-base per giudicare il riscontro e la giustapposizione della fonte e dei monumenti conservati e rinvenuti, oppure irrimediabilmente perduti.
La prima notizia riguarda, ovviamente, Pietro che, secondo il Liber Pontificalis: sepultus est via Aurelia, in templo Apollinis, iuxta locum ubi crucifixus est, iuxta palatium neronianum in Vaticanum, in territorium Triumphale, via Aurelia. A questo dettagliato resoconto, che disegna le coordinate topografiche e monumentali della tomba del principe degli apostoli, fa seguito il primo dei quattro gruppi, che raccoglie i primi quattordici successori di Pietro, da Lino a Vittore, i quali, con l’unica eccezione di Clemente, che fu sepolto in Grecia, e di Alessandro che fu tumulato al settimo miglio della via Nomentana, sono tutti ricordati come inumati iuxta corpus beati Petri in Vaticano. Tra questi, vanno ricordati Anacleto, Pio, Sotero, Eleutero, Vittore, Lino, Cleto, Evaristo, Sisto, Telesforo, Igino e Aniceto.
Il secondo gruppo comprende i Pontefici, le cui tombe si concentrano nel comprensorio callistiano. Il motivo risiede nel processo storico, che aveva accompagnato la Chiesa romana verso l’affermazione della cosiddetta Chiesa monarchiana, sul cui fenomeno ha scritto, di recente, nitide pagine Manlio Simonetti. Questa precisa tendenza costruisce l’idea di creare una sorta di «sacrario pontificio» del III secolo, seguendo, comunque, i canoni dell’estrema sobrietà e dell’assoluta semplicità, che caratterizzano le sepolture dei cristiani ordinari del tempo. Il gruppo, che si sviluppa dal pontificato di Zefirino (198-217) a quello di Milziade (311-314), vede alcune eccezioni e, in particolare, quelle relative a Papa Callisto (217-222), che, nonostante avesse amministrato il cimitero ufficiale della Chiesa romana sulla via Appia, sepultus est cymeterio Calepodi, via Aurelia (Liber Pontificalis I, 62); a Papa Urbano (223-230), che, presumibilmente, sepultus est cimiterio Praetextati via Appia (ibidem I, 62); ai Papi Marcellino (295-303) e Marcello (308-309), sepolti nel cimitero di Priscilla (ibidem, I, 72 e 74); a Papa Felice (269-274), seppellito sulla via Aurelia miliario II (ibidem, I, 70). Tra queste eccezioni, emerge quella relativa a Papa Callisto che fu ucciso durante un tumulto nel Trastevere e, per questo, gettato nel pozzo della sua residenza. Ebbene, in quel grave momento, essendo il quartiere presidiato e isolato, non si ebbe il coraggio di raggiungere la via Appia, per la sepoltura e si preferì sistemare le spoglie del Pontefice nel più vicino cimitero di Calepodio, situato sulla via Aurelia.
Dopo l’editto di tolleranza del 313, diviene meno urgente il desiderio di riunire in un unico sito le sepolture dei Pontefici ed è così che il terzo gruppo di sepolture, relativo a tredici Papi, si disperde in vari luoghi. E infatti, Silvestro (314-335), Liberio (352-366), Siricio (384-399) e Celestino (422-432), furono sepolti in cymiterio Priscillae (Liber Pontificalis i, 80, 84, 86, 88); Marco (336) fu tumulato nella basilica circiforme recentemente scoperta presso il cimitero di Balbina sulla via Appia; Giulio (337-352) fu inumato nel cimitero di Calepodio, vicino al sepolcro di Callisto (ibidem, I, 82); Felice II antipapa (355-365) e Damaso (366-384), furono sepolti nelle basiliche, che si erano fatti costruire, rispettivamente sulla via Aurelia e sulla via Appia (ibidem, I, 84); Anastasio (399-401) e Innocenzo (401-417) sono seppelliti nel cosiddetto cimitero ad ursum pileatum, ossia nelle catacombe di Ponziano a Monteverde (ibidem, I, 86); Zosimo (417-418) e Sisto III (432-440) sono tumulati uxta corpus beati Laurenti sulla via Tiburtina (ibidem, I, 86, 88); Bonifacio (418-422) fu sepolto nel cimitero di Felicita, sulla via Salaria, dove, peraltro, si era ritirato negli ultimi anni di vita, al tempo dello scisma di Eulalio (ibidem, I, 88).
La dislocazione delle sepolture di questo gruppo, dipende dal fiorire dei loca sanctorum, ovvero dei sepolcri dei martiri romani, che attraggono le «tombe eccellenti» dei vescovi dell’Urbe, secondo una prassi comune a tutta la comunità cristiana, una prassi, che sorge spontaneamente e che sfocerà nella creazione dei grandi santuari del suburbio romano.
Il quarto e ultimo gruppo si inaugura con il pontificato di Leone I (440-461), allorquando i Papi tornarono a farsi seppellire in Vaticano. Anche in questo caso non mancano le eccezioni: Ilaro (461-468), infatti, sepultus est ad sanctum Laurentium, in crypta, iuxta corpus beati episcopi Xysti(Liber Pontificalis, I, 92), mentre Felice III (483-492) sepultus est apud beatum Paulum (ibidem, I, 94).
I quattro gruppi di sepolture ci suggeriscono come la prassi funeraria relativa sia coerente alla linea del pensiero della comunità cristiana di Roma che, in un primo momento, si aggrega attorno alla tomba-simbolo del principe degli apostoli, sito privilegiato del culto dell’immediatezza e dell’urgenza di una comunità in formazione, che cerca un unico ed esclusivo luogo della memoria, dell’identità, della fede. A questo primo fenomeno, che si configura come un gesto simbolico e come l’approdo cristiano dal luogo della «terra» a quello delle «genti», segue il tempo dell’autocoscienza comunitaria, che si struttura secondo uno schema episcopale monarchico, pronto a esprimere, anche nel sistema funerario pontificio, quella tensione gerarchica, che sfocia nella creazione della Cripta dei Papi nel cuore del comprensorio callistiano. Qui la volontà del Pontefice e dei suoi diretti collaboratori diviene più concreta e giudicabile, allorquando si isola il «sacrario pontificio» dal resto del cimitero comunitario, configurando, però la Cappella dei Papi come un gioiello prezioso, solo dal punto di vista della selezione dei «defunti eccellenti» che vi sono ospitati, incastonato in un infinito «dormitorio» dove i defunti ordinari riposano in sepolcri semplici e assai simili, nella tipologia, a quelli dei Pontefici. Viene poi, il tempo dell’«attrazione devozionale», quando i sepolcri dei campioni della fede, disseminati nei cimiteri del suburbio romano, svolgono un naturale ruolo di aggregazione, dando luogo a quei martyria, che fungono da nuclei genetici di formazione di vere e proprie città nella città e che sfoceranno nella creazione della Giovannipoli e della Laurenziopoli, ma anche dei centri sorti attorno alle tombe di Paolo e di Pietro.
E alla sepoltura di quest’ ultimo si tornerà naturalmente, per l’influsso importante dello straordinario pensiero di Leone Magno che, restituendo dignità, dimensione e culto alla sepoltura del primo Pontefice, realizzerà il primo progetto di una civitas, di una polis, di un castrum, che troverà il suo naturale estuario nel medioevo con la civitas leoniana.

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