Nella giornata di ieri, mercoledì 9 marzo, Slovenia, Croazia e Macedonia
hanno ufficialmente dato avvio alla procedura di restrizione della
circolazione, di fatto ripristinando il blocco delle frontiere. Questa
decisione rappresenta un primo effettivo tentativo di chiudere la rotta
balcanica e di impedire il transito dei profughi in fuga, per la maggior
parte, da Siria, Iraq e Afghanistan.
Nella giornata di ieri, mercoledì 9 marzo, Slovenia, Croazia e Macedonia
hanno ufficialmente dato avvio alla procedura di restrizione della
circolazione, di fatto ripristinando il blocco delle frontiere. Questa
decisione rappresenta un primo effettivo tentativo di chiudere la rotta
balcanica e di impedire il transito dei profughi in fuga, per la maggior
parte, da Siria, Iraq e Afghanistan.
Slovenia, Croazia e Macedonia da ieri quindi non permettono più il passaggio massiccio di profughi: ogni persona viene sottoposta a controllo individuale, viene richiesto un visto regolare per l’area Schengen come condizione per il passaggio e il transito delle famiglie in fuga non è più in nessun modo agevolato da treni o autobus, come successo fino ad ora.
Slovenia, Croazia e Macedonia da ieri quindi non permettono più il passaggio massiccio di profughi: ogni persona viene sottoposta a controllo individuale, viene richiesto un visto regolare per l’area Schengen come condizione per il passaggio e il transito delle famiglie in fuga non è più in nessun modo agevolato da treni o autobus, come successo fino ad ora.
Questa decisone sta pesando gravemente sulla condizione di centinaia di persone in transito attraverso i Balcani, già provate dai lunghi viaggi e adesso bloccate ai confini, senza certezze né risposte su quello che li aspetta.
Guido Pietrosanti, capo missione INTERSOS in Serbia, racconta di una situazione estremamente preoccupante: “Circa 300 persone che da 3 giorni aspettavano ad Adasevci (al confine tra Serbia e Croazia), sono rimaste ufficialmente bloccate lì. La Croazia non sembra intenzionata a mandare il treno a prenderli e nessun autobus è stato messo a disposizione dalle autorità serbe. In questo momento, 300 profughi, tra cui moltissimi anziani, donne e bambini sono bloccati lì, nella stazione di servizio di Adasevci, che di certo non è un luogo adatto ad ospitare queste famiglie. Al momento non sembra che ci sia nessun piano per riallocarli in centri di accoglienza e potrebbero rimanere lì per oltre due mesi, stando ai tempi burocratici. In tutta la Serbia ci sarebbero almeno 1500 persone bloccate, tra Sid e Presevo.”
Lo staff INTERSOS, da Luglio 2015 sta lavorando nel nord della Serbia per assistere i profughi in transito verso il nord Europa, attraverso un team mobile che opera lungo tutto il confine con l’Ungheria e con la Croazia, garantendo beni di prima necessità e servizi di ricarica dei cellulari e connessione wi-fi gratuita.
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