Firenze, 30 agosto 2015. "Babbo, ma quanta gente invalida in carrozzella c'e' qui...". E' quanto ha detto una bambina di nove anni, mia figlia, un paio di settimane fa, camminando a Toronto (Canada). Per le strade, nei grandi e nei piccoli negozi, sulle passeggiate lungo il lago Ontario, entrando in un edificio pubblico o privato, in un albergo quanto in un museo o in un ristorante, facendo la fila e salendo (in ascensore) i 550 metri e rotti della Cn Tower, visitando il mega acquario, vedendo la folla ordinata che si recava a piedi allo stadio per una partita dei paladini locali di baseball, Blue Jays, o vedendo uno spettacolo di delfini in un parco giochi aquatico. Insomma, ovunque. Ai bipedi abituali si affiancavano di frequente persone in carrozzella, delle piu' varie, attrezzate con motori o senza, dalle forme piu' strane e coi metodi piu' strani per facilitarne l'uso rispetto a quelle che ogni tanto vediamo "qui da noi", personalizzate o di serie, singole o in gruppo con bipedi e/o altre carrozzelle.
La bimba, dopo la domanda/constatazione, mi guardava e aspettava una risposta. "Anche 'da noi' ci sono tante persone in carrozzella, solo che le vedi meno. Escono meno perche' devono quasi sempre essere accompagnate da bipedi abili che li aiutano a superare le barriere frequenti che si trovano davanti, scalini e spazi angusti in cui passare. Non e' che 'da noi' non ci sono in assoluto possibilita' perche' i disabili in carrozzella possano muoversi, ma -quando ci sono- spesso hanno bisogno di aiuto da parte dei bipedi, anche solo per trovare dove sono gli ascensori alternativi alle scale o agli ascensori troppo piccoli in un edificio pubblico, dove talvolta devono anche chiamare uno specifico addetto che azioni il meccanismo per superare la barriera/ostacolo. 'Qui' in Canada la mobilita' delle persone in carrozzella e' piu' tangibile, di facile e immediato usufrutto, e soprattutto indipendente, quando c'e' un ostacolo c'e' sempre, accanto e visibile, l'alternativa a superarlo, e quasi sempre non hanno bisogno di una persona bipede che gli dia una mano".
Bambina: "e perche' in Canada e' cosi' e 'da noi' no?". "Perche' 'qui' c'e' una maggiore sensibilita' per i diritti delle persone disabili, sentite e vissute come uguali a chiunque altro. Grazie anche al fatto che 'qui' sono tutti edifici moderni e vengono costruiti fin dall'inizio con gli accessi per le carrozzelle; mentre 'da noi' ci sono molti edifici vecchi costruiti quando dei disabili ci si vergognava, con spazi limitati e angusti, e adattarli anche alle carrozzelle comporta un certo impegno economico e di disponbilita' a pensare ad un mondo uguale per tutti che, nonostante le leggi grossomodo ci siano, chi deve adattarli non lo fa, e spesso questi inadempienti non vengono richiamati al loro dovere da chi dovrebbe farlo e non pagano le multe per questo".
Arrivati poi a New York, dove la situazione per i disabili in carrozzella e' simile, la bambina non mi ha piu' chiesto il perche' ma, come aveva gia' fatto dopo un po' a Toronto, cercava sempre di usare i sistemi di superamento delle barriere, un gioco che difficilmente avrebbe potuto ripetere 'da noi'.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
Bambina: "e perche' in Canada e' cosi' e 'da noi' no?". "Perche' 'qui' c'e' una maggiore sensibilita' per i diritti delle persone disabili, sentite e vissute come uguali a chiunque altro. Grazie anche al fatto che 'qui' sono tutti edifici moderni e vengono costruiti fin dall'inizio con gli accessi per le carrozzelle; mentre 'da noi' ci sono molti edifici vecchi costruiti quando dei disabili ci si vergognava, con spazi limitati e angusti, e adattarli anche alle carrozzelle comporta un certo impegno economico e di disponbilita' a pensare ad un mondo uguale per tutti che, nonostante le leggi grossomodo ci siano, chi deve adattarli non lo fa, e spesso questi inadempienti non vengono richiamati al loro dovere da chi dovrebbe farlo e non pagano le multe per questo".
Arrivati poi a New York, dove la situazione per i disabili in carrozzella e' simile, la bambina non mi ha piu' chiesto il perche' ma, come aveva gia' fatto dopo un po' a Toronto, cercava sempre di usare i sistemi di superamento delle barriere, un gioco che difficilmente avrebbe potuto ripetere 'da noi'.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
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