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lunedì 17 febbraio 2014

Amnesty International patrocina l'uscita italiana di "12 anni schiavo"

Rinnovando un proficuo rapporto di collaborazione con BIM DISTRIBUZIONE, Amnesty International e’ lieta di patrocinare l’uscita in Italia, giovedi’ 20 febbraio, di “12 anni schiavo” di Steve McQueen.

Dal punto di vista di un’organizzazione per i diritti umani, la storia di Solomon Northup - che nel 1841, da uomo libero, si ritrova schiavo in Louisiana - si collega a quella di tanti uomini e tante donne il cui lavoro e’ sfruttato in condizioni estreme, nel XXI secolo, in molti paesi.

Uno di questi e’ la Mauritania, l’ultima nazione al mondo ad aver abolito la schiavitu’ per legge (1981) anche se non nella pratica. Si stima che oltre il 20 per cento della popolazione (il gruppo etnico harratin) sia asservito, totalmente o parzialmente. Le organizzazioni anti-schiavitu’ vengono perseguitate dalle autorita’ e i loro leader sono frequentemente imprigionati.

Nei paesi dell’Asia meridionale, milioni di persone (bambini inclusi) sono costretti a lavorare per pagare debiti di famiglia, spesso in condizioni di estremo pericolo e in impieghi usuranti.

A Hong Kong migliaia di donne indonesiane, vittime del traffico di esseri umani, lavorano in condizioni di sfruttamento o vera e propria schiavitu’ come collaboratrici domestiche: sono sottoposte a orari massacranti, sottopagate, vittime di violenza sessuale e impossibilitate a uscire dall’abitazione in cui prestano servizio.

In Qatar risiedono 1.400.000 lavoratori migranti, quasi tutti provenienti dall’Asia meridionale e sudorientale e attirati dalla richiesta di manodopera per l’organizzazione dei campionati mondiali di calcio del 2022. Nel corso delle sue ricerche nel paese, Amnesty International ha riscontrato assenza di controlli sulla sicurezza; mancato pagamento dei salari; condizioni abitative sconcertanti (alloggi squallidi e sovraffollati, senza aria condizionata, circondati da rifiuti e da fosse biologiche scoperte e in diversi casi privi di acqua potabile); turni di lavoro di 12 ore al giorno per sette giorni alla settimana, anche durante il torrido periodo estivo; i crudeli effetti del sistema dello “sponsor” - che impedisce ai lavoratori migranti di lasciare il paese o di cambiare impiego senza il permesso del loro datore di lavoro -; lavoratori costretti di fronte a funzionari del governo a dichiarare falsamente di aver ricevuto il salario per riavere indietro i passaporti e poter cosi’ lasciare il paese. Di fronte a debiti crescenti e impossibilitati a sostenere economicamente le famiglie a casa, molti lavoratori migranti maturano gravi disturbi psicologici e in alcuni casi arrivano sull’orlo del suicidio. Gli standard emanati dal governo l’11 febbraio 2014, ammesso che saranno applicati, riguarderanno una piccola parte dei lavoratori migranti, ossia quelli impiegati nella costruzione degli impianti sportivi.

Le ricerche di Amnesty International sul settore agricolo in Italia hanno evidenziato una situazione assai preoccupante. Alla fine del 2012, l’organizzazione ha denunciato gravi forme di sfruttamento dei lavoratori migranti provenienti dall'Africa subsahariana, dall'Africa del Nord e dall'Asia, impiegati in lavori poco qualificati, spesso stagionali o temporanei, per lo piu’ nel settore agricolo delle province di Latina e Caserta. Essi ricevono paghe inferiori di circa il 40 per cento, a parita’ di lavoro, rispetto al salario italiano minimo e lavorano un maggior numero di ore. L’introduzione del reato di "ingresso e soggiorno illegale", ha reso impossibile per i lavoratori migranti chiedere giustizia per salari inferiori a quanto concordato, per il mancato pagamento o per essere sottoposti a lunghi orari di lavoro. La prospettiva, per molti di loro, era che se avessero denunciato lo sfruttamento sarebbero stati arrestati ed espulsi a causa del loro status irregolare.

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