Commentando le quattro condanne a morte emesse oggi a Nuova Delhi per uno stupro di gruppo commesso nel dicembre 2012, Amnesty International ha dichiarato che profonde riforme istituzionali e procedurali, e non la pena capitale, occorrono per stroncare l'endemico problema della violenza contro le donne in India.
Il tribunale ha giudicato colpevoli i quattro imputati di stupro di gruppo, omicidio e altri reati. Un altro imputato, 17enne, e' stato condannato a tre anni di carcere. Un quinto accusato era stato trovato morto in cella il 10 marzo.
'Lo stupro e l'uccisione della giovane donna fu un crimine orribile, per cui rivolgiamo la nostra piu' profonda solidarieta' ai familiari della vittima. I responsabili devono essere puniti ma la pena di morte non e' mai la risposta' – ha dichiarato Tara Rao, direttore di Amnesty International India.
'L'impiccagione di questi quattro uomini non otterra' niente se non una vendetta di breve termine. Mentre e' comprensibile la rabbia di massa suscitata da questo caso, le autorita' devono evitare di usare la pena di morte come soluzione sbrigativa. Non vi e' alcuna prova che la pena di morte abbia uno specifico effetto deterrente nei confronti del crimine e il suo uso non porra' fine alla violenza contro le donne in India' – ha proseguito Rao.
Gli stupri e altre forme di violenza sessuale sono comuni in tutto il paese. Ad aprile e' entrata in vigore una nuova legge che punisce numerose forme di violenza contro le donne, tra cui gli attacchi con l'acido, lo stalking e il voyeurismo. Tuttavia, lo stupro coniugale non e' ancora considerato reato qualora la moglie abbia piu' di 15 anni e alle forze di sicurezza e' garantita di fatto l'immunita' legale per gli atti di violenza sessuale.
'Occorrono riforme legislative ma anche impegni concreti delle autorita' per garantire che il sistema giudiziario agisca in modo efficace e a ogni livello quando vengono presentate denunce di stupro o di altre forme di violenza sessuale' – ha aggiunto Rao.
'L'attenzione che le autorita' hanno riservato a questo caso dev'estendersi a migliaia di altri casi. Esse devono agire, ad esempio, nominando un numero maggiore di giudici per assicurare processi rapidi ed equi' – ha sottolineato Rao.
I reati contro le donne sono ancora scarsamente denunciati. Le autorita' devono ancora dare attuazione a una serie di raccomandazioni di segno positivo presentate dalla Commissione presieduta dal giudice Verma, relative tra l'altro alla formazione delle forze di polizia e alla riforma di questo organismo nonche' ai necessari cambiamenti nel modo in cui le denunce di violenza sessuale vengono registrate e indagate.
'Dev'esserci un'azione concertata per cambiare le attitudini discriminatorie contro le donne e le ragazze che sono all'origine della violenza. Queste misure richiederanno un duro lavoro ma nel lungo termine saranno piu' efficaci e renderanno l'India un posto piu' sicuro per le donne' – ha concluso Rao.
Amnesty International si oppone alla pena di morte in tutti i casi, senza eccezione, a prescindere dalla natura o dalle circostanze del reato, dall'innocenza, dalla colpevolezza o da altre caratteristiche della persona condannata o dal metodo usato per eseguire la condanna a morte.
Il tribunale ha giudicato colpevoli i quattro imputati di stupro di gruppo, omicidio e altri reati. Un altro imputato, 17enne, e' stato condannato a tre anni di carcere. Un quinto accusato era stato trovato morto in cella il 10 marzo.
'Lo stupro e l'uccisione della giovane donna fu un crimine orribile, per cui rivolgiamo la nostra piu' profonda solidarieta' ai familiari della vittima. I responsabili devono essere puniti ma la pena di morte non e' mai la risposta' – ha dichiarato Tara Rao, direttore di Amnesty International India.
'L'impiccagione di questi quattro uomini non otterra' niente se non una vendetta di breve termine. Mentre e' comprensibile la rabbia di massa suscitata da questo caso, le autorita' devono evitare di usare la pena di morte come soluzione sbrigativa. Non vi e' alcuna prova che la pena di morte abbia uno specifico effetto deterrente nei confronti del crimine e il suo uso non porra' fine alla violenza contro le donne in India' – ha proseguito Rao.
Gli stupri e altre forme di violenza sessuale sono comuni in tutto il paese. Ad aprile e' entrata in vigore una nuova legge che punisce numerose forme di violenza contro le donne, tra cui gli attacchi con l'acido, lo stalking e il voyeurismo. Tuttavia, lo stupro coniugale non e' ancora considerato reato qualora la moglie abbia piu' di 15 anni e alle forze di sicurezza e' garantita di fatto l'immunita' legale per gli atti di violenza sessuale.
'Occorrono riforme legislative ma anche impegni concreti delle autorita' per garantire che il sistema giudiziario agisca in modo efficace e a ogni livello quando vengono presentate denunce di stupro o di altre forme di violenza sessuale' – ha aggiunto Rao.
'L'attenzione che le autorita' hanno riservato a questo caso dev'estendersi a migliaia di altri casi. Esse devono agire, ad esempio, nominando un numero maggiore di giudici per assicurare processi rapidi ed equi' – ha sottolineato Rao.
I reati contro le donne sono ancora scarsamente denunciati. Le autorita' devono ancora dare attuazione a una serie di raccomandazioni di segno positivo presentate dalla Commissione presieduta dal giudice Verma, relative tra l'altro alla formazione delle forze di polizia e alla riforma di questo organismo nonche' ai necessari cambiamenti nel modo in cui le denunce di violenza sessuale vengono registrate e indagate.
'Dev'esserci un'azione concertata per cambiare le attitudini discriminatorie contro le donne e le ragazze che sono all'origine della violenza. Queste misure richiederanno un duro lavoro ma nel lungo termine saranno piu' efficaci e renderanno l'India un posto piu' sicuro per le donne' – ha concluso Rao.
Amnesty International si oppone alla pena di morte in tutti i casi, senza eccezione, a prescindere dalla natura o dalle circostanze del reato, dall'innocenza, dalla colpevolezza o da altre caratteristiche della persona condannata o dal metodo usato per eseguire la condanna a morte.
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