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giovedì 18 marzo 2021

Telemarketing molesto: l'86,5% di chi chiama non è iscritto al ROC

Ad un mese dal lancio del primo decalogo per smascherare i telemarketer selvaggi, Assocontact e OIC pubblicano i risultati delle segnalazioni ricevute dai consumatori, dove si evince - tra l'altro - che la quasi totalità degli operatori telefonici segnalati (86,5%), non risultano essere iscritti al ROC.

TELEMARKETING MOLESTO: L'86,5% DI CHI CHIAMA NON È ISCRITTO AL ROC

Si intensificano le segnalazioni ricevute da Assocontact e OIC a seguito della pubblicazione del decalogo per i consumatori

Roma, 18 marzo 2021 – Sono in costante aumento le segnalazioni che quotidianamente vengono registrate da Assocontact e OIC tramiteun Form di segnalazione, strumento creato appositamente per raccogliere le lamentele dei consumatori (qui la pagina web di riferimento). Dai risultati raccolti durante il primo mese di attività dal lancio del Decalogo per i Consumatori dello scorso 15 febbraio, appaiono evidenti alcuni risultati, purtroppo allarmanti. Primo tra tutti il fatto che la quasi totalità delle segnalazioni (86,5%) riguarda call e contact center non iscritti al ROC dato, questo, che denota la tendenziale abitudine ad aggirare le norme che regolano il comparto.

Interpretando i dati raccolti si evince, inoltre, che diminuiscono le segnalazioni relative alle Telco e aumentano invece quelle riferite agli operatori Energy (-5% i primi e +5% i secondi) e crescono del 7% i contatti definiti di "pratica scorretta", ovvero quelli di natura fraudolenta che propongono, cioè, offerte in modo volutamente fuorviante. I numeri iscritti al ROC, invece, si comportano decisamente meglio dei non iscritti, dove al più viene contestata loro l'eccessiva frequenza nel contatto. Menzione particolare, infine, per tutte quelle segnalazioni ricevute dai consumatori che raccontano di telefonate in cui – pur di promuovere i passaggio al Mercato Libero dell'energia - l'operatore si inventa l'impossibile, ben al di là delle reali promozioni in essere.

"La parola chiave qui è trasparenza", commenta Lelio Borgherese, Presidente di Assocontact, "L'aver sostenuto fortemente questa partnership con OIC, mettendoci volutamente in discussione per favorire un percorso di riconciliazione, con i consumatori parte proprio dalla constatazione che ahimè, le cose non stanno andando bene. Come sostenuto anche dal Professor Pasquale Stanzione, Presidente dell'Autorità garante della protezione dei dati personali, intervenuto durante il nostro ultimo webinar, solo un atteggiamento proattivo da parte di tutti: call e contact center legali, committenti e consumatori, potrà cambiare veramente la situazione grazie, anche, all'adozione e all'utilizzo di strumenti efficaci come il Decalogo, la Camera di Compensazione la revisione del Codice di Autoregolamentazione e, non da ultimo, l'allargamento del Registro delle Opposizioni anche alle numerazioni mobile, in arrivo entro questa estate".

Dello stesso avviso anche Raffaella Grisafi, Vicepresidente di OIC che afferma: "Nessuno, consumatori in primis, è più disposto ad accettare strutture di call center illegali. Il lavoro svolto in questi mesi con i professionisti e le aziende di Assocontact, sta cominciando a produrre risultati.Il primo passo – su cui stiamo lavorando -è raccogliere ed analizzare con metodo ogni singola segnalazione, fino ad arrivare alle segnalazioni alle Autorità Competenti per stimolarne l'intervento inibitorio e sanzionatorio. E' un percorso complesso ma che sta producendo un feedback importante. Con piacere riceviamo molte e-mail di apprezzamento dai consumatori. Uno su tutti, di un utente che ogni giorno ci scrive attraverso il form: "Grazie per lo splendido lavoro svolto sino ad oggi, che è servito a far diminuire in modo significativo la frequenza di volte con cui vengo importunato". Ciò ci motiva perché conferma l'utilità della nostra azione e soprattutto rafforza la consapevolezza del dover procedere in questa direzione insieme ad Assocontact.




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giovedì 11 marzo 2021

Attività motoria rimedio essenziale contro l’ansia e la depressione da lockdown

Attività motoria rimedio essenziale contro l'ansia e la depressione da lockdown

Pubblicati sulla rivista PLOS ONE i risultati dell'indagine IO CONTO 2020 condotta fra studenti e dipendenti di alcuni atenei italiani tra cui Pisa Se durante il lockdown dello scorso anno le persone avessero potuto mantenere gli stessi livelli di attività motoria, si sarebbero potuti evitare fino al 21% dei casi gravi di ansia o depressione. È questo il risultato più rilevante dell'indagine "IO CONTO 2020" condotta fra studenti e dipendenti delle università di Pisa, Firenze, Torino, Genova e Messina ora pubblicato sulla rivista scientifica PLOS ONE, nell'articolo "Psychological distress in the academic population and its association with socio-demographic and lifestyle characteristics during COVID-19 pandemic lockdown: results from a large multicenter Italian study."

Lo studio, coordinato dall'Università di Pisa (Laura Baglietto, Marco Fornili e Davide Petri del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale e Carmen Berrocal del Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica), ha consentito di raccogliere informazioni relative allo stile di vita della popolazione universitaria durante il lockdown tra aprile e maggio 2020 tramite un sondaggio online a cui hanno partecipato 18.120 tra studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo delle università partecipanti.

Il risultato pubblicato su PLOS ONE riguarda l'analisi dei dati relativi al disagio psicologico dei partecipanti da cui è risultato che elevati livelli di ansia o depressione erano presenti con maggiore frequenza fra gli studenti, fra i partecipanti con un basso reddito e fra coloro che, durante il lockdown, hanno interrotto la pratica dell'attività fisica. Rispetto a coloro che sono sempre stati inattivi, chi è riuscito a praticare con continuità attività fisica durante il lockdown ha avuto un rischio ridotto del 20% di soffrire di ansia e depressione, mentre chi ha interrotto la pratica dell'esercizio fisico ha avuto un rischio maggiore del 50%.

Gli autori del lavoro hanno appunto stimato che, se durante il lockdown si fossero potuti mantenere gli stessi livelli di attività fisica, si sarebbero potuti evitare fino al 21% dei casi gravi di ansia o depressione. Questo risultato suggerisce che durante la pandemia la promozione della pratica dell'attività fisica in condizioni di sicurezza dovrebbe essere una priorità di salute pubblica per il contenimento dell'inevitabile aumento del disagio psicologico associato all'insicurezza socio-economica della popolazione.

Il lavoro è disponibile sul sito della rivista al link https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0248370.




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